Stalking iniziato prima ancora che diventasse reato: ma anche gli atti successivi contano
Il reato di stalking si configura nel momento in cui gli atti vengono ripetuti nel tempo, ma il fatto che l’inizio della condotta avvenga ancor prima che entri in vigore la legge non rende penalmente irrilevanti gli atti successivi. Lo ha confermato la Cassazione con la sentenza 10388/13.
Il caso
Un uomo è condannato a 6 mesi di reclusione, al risarcimento dei danni e alla rifusione delle spese in favore della parte civile, perché ritenuto colpevole del reato di stalking verso la moglie, con la quale era in corso la causa di separazione. L’imputato si rivolge alla Cassazione la quale sottolinea che per la sussistenza del reato di atti persecutori (stalking) è necessaria la realizzazione di una condotta frazionata in una pluralità di comportamenti tipici, «sia omogenei sia eterogenei, che si succedano nel tempo». E’ con la reiterazione dei reati di ingiuria, minaccia, lesione, violenza privata e molestia che si configura il reato di stalking. Proprio nel caso in questione, le condotte sono state ripetute al punto da «ingenerare nella donna un grave stato di ansia e di paura, nonché fondati timori per l’incolumità fisica propria e del figlio, tali da costringerla ad alterare le proprie abitudini di vita». È innegabile la responsabilità dell’imputato. E il fatto che l’inizio della condotta di persecuzione abbia radici antecedenti alla legge sullo stalking non rende penalmente irrilevanti gli atti successivi.
Fonte: www.dirittoegiustizia.it