Statali, nel mirino le buonuscite e l’età di pensionamento delle donne
ROMA
(23 maggio) – I tagli ai dipendenti pubblici restano uno dei pilastri
della manovra in arrivo. Se da una parte il Tesoro sembra aver
rinunciato all’una tantum straordinaria del 10% sugli stipendi dei
dirigenti pubblici con stipendi superiori ai 75 mila euro nelle ultime
ore trova ulteriore conferma un nuovo intervento sull’età pensionabile
delle donne che lavorano per la pubblica amministrazione unito anche a
una sforbiciata alle liquidazioni che riguarderebbe tutti i 3,5 milioni
di statali.
Iniziamo dalle pensioni delle donne. Il provvedimento allo
studio prevede l’innalzamento dell’età pensionabile di un anno ogni 18
mesi e non più ogni 24 mesi come attualmente previsto: in pratica, se
la norma sarà confermata, le dipendenti pubbliche andranno a riposo
(come gli uomini) a 65 anni nel 2016 e non più nel 2018. Ecco le nuove
soglie di innalzamento previste: 62 anni a luglio 2011; 63 anni a
gennaio 2013; 64 anni a luglio 2014 e 65 anni nel 2016.
Sulle liquidazioni, invece, le ipotesi in campo sono più di una
e non è detto che il testo finale contenga norme su questo punto. Lo
staff di Tremonti (che ieri ha avuto un nuovo colloquio con il Capo
dello Stato, Giorgio Napolitano) punta ad ottenere risparmi unificando
dal 2011 il trattamento dei lavoratori pubblici e di quelli privati.
Dall’anno prossimo i contributi per la buonuscita sarebbero per tutti del 6,91%
ovvero pari a quanto versano le imprese private – senza prelievi a
carico dei lavoratori – per il Tfr o per il Fondo pensione dei loro
dipendenti. Attualmente sul versante delle buonuscite statali lo
scenario è molto più confuso. Infatti, ai dipendenti degli enti locali
è riconosciuto un contributo annuo per la ”buonuscita” del 6,10% che
però è a carico del datore di lavoro solo per il 3,60%. Il contributo
inoltre viene ”calcolato” su 15 mensilità. Per gli statali veri e
propri, invece, il contributo è del 7,10%, parte del quale è a carico
dal lavoratore e l’ammontare viene calcolato su 12 mensilità.
Il Tesoro, insomma, punta o ad aumentare i contributi a carico dei
lavoratori pubblici o a ridurre quelli a carico dell’amministrazione.
E sempre sul fronte liquidazioni prende corpo l’ipotesi di pagare in
più anni la parte delle liquidazioni che supera i 40 mila euro.
Non è finita. Sul fronte dei dipendenti pubblici verranno
ulteriormente limitati i trattenimenti in servizio per chi ha raggiunto
l’età pensionabile ed eliminata la possibilità di mantenere uno
stipendio più alto ai dirigenti che perdono il posto. L’insieme dei
tagli allo studio consentirebbe allo Stato di risparmiare – per i soli
dipendenti della Sanità – ben 1.130 milioni nel 2012. Questo, almeno, è
l’ammontare prevista della riduzione del contributo dello Stato al
Servizio Sanitario Nazionale. Sembra certo, inoltre, il blocco dei
contratti anche per le forze armate e quelle di polizia che
assicurerebbe un risparmio dai 200 ai 700 milioni. Ai militari
verrebbero tagliati una serie di trattamenti particolari: via
l’indennità di comando agli ufficiali senza reparto; indennità
operativa ridotta al 70% di quella del 2009; soppressione dello ”stato
di ausiliario” a chi va in pensione.
L’unica buona notizia, insomma, è il ritiro del taglio del 10% sugli stipendi dei dirigenti.
Il Tesoro si sarebbe arreso di fronte alla probabile valanga di
ricorsi. Inoltre poiché la liquidazione degli statali viene calcolata
sull’ultimo stipendio, la norma – pensata come una tantum – avrebbe
potuto danneggiare enormemente solo i dirigenti destinati ad andare in
pensione nel 2011 rendendola incostituzionale.
La giornata di ieri ha portato anche la conferma della finestra unica d’uscita per tutti i pensionandi: autonomi,
pubblici e privati. Questo vuol dire che alcuni autonomi andranno a
riposo a 66 anni e mezzo mentre i dipendenti potranno sfiorare i 66
anni. Nell’ambito della lotta all’evasione fiscale è probabile il
ritorno di qualche limitazione nell’uso del contante: il tetto era
stato portato a 12.500 euro all’inizio della legislatura. Forse tornerà
l’obbligo di pagare non in contanti i professionisti oltre una
determinata soglia. Il governo Prodi l’aveva fissata a 100 euro dal
luglio 2009 ma poi era saltata ora si parla di 250 euro. Infine sembra
farsi strada l’ipotesi di un nuovo condono edilizio da 5 miliardi.
Nessuna conferma ufficiale ma nonostante la gran massa di misure messe
in cantiere, il Tesoro pare ancora lontano dal traguardo dei 25
miliardi da reperire.