Stessi diritti per la famiglia di fatto in caso di perdita di un congiunto
In caso di perdita di un congiunto la famiglia di fatto ha lo stesso diritto al risarcimento del danno morale della famiglia fondata sul matrimonio. E’ questo il principio stabilito dalla Cassazione con la sentenza 7 giugno 2011, n. 12278.
Si tratta di una di quelle decisioni destinate a “far discutere” per la rilevanza della questione affrontata in tema di parificazione della famiglia di fatto e della famiglia legale. In realtà, la terza sezione civile si era già pronunciata in maniera conforme nel recente passato sostenendo che il convivente “more uxorio” della vittima di lesioni personali può pretendere il risarcimento del danno patrimoniale e non, direttamente patito in conseguenza della lesione subita dal proprio partner (Cass. Civ., sez. III, 29 aprile 2005, n. 8976).
In quella fattispecie, condizione indispensabile per poter accedere al risarcimento era la dimostrazione che il rapporto di convivenza era, per durata, solidità e continuità, in tutto assimilabile ad un rapporto di coniugio.
Nel caso deciso dalla Cassazione con la sentenza n. 12278/2011 la vicenda si arricchisce di ulteriori sfumature. In seguito alla domanda di risarcimento del danno non patrimoniale proposta dalla moglie e dalla figlia della vittima, deceduta in seguito ad incidente stradale, intervenivano in giudizio anche la convivente e la figlia naturale della vittima, chiedendo, al pari della famiglia legale, lo stesso risarcimento del danno non patrimoniale.
La Suprema corte ha confermato la lettura della vicenda data dai giudici di appello, spiegando che gli stessi “hanno parificato ai fini del risarcimento del danno morale, la famiglia legale e la famiglia di fatto, in quanto per quest’ultima è stata provata la stabilità e continuatività nel tempo del rapporto e delle relazioni affettive”.
Al riguardo, l’apparato probatorio esaminato dai giudici ha dimostrato che da molti anni la vittima aveva stabilito la sede principale della sua attività lavorativa ed in quel luogo aveva costituito con la convivente una unione stabile, caratterizzata non soltanto da un legame affettivo, ma anche dalla gestione comune dei molteplici aspetti della vita quotidiana, con reciproco appoggio morale e materiale nonché, successivamente, dalla condivisione dei compiti connessi alla nascita e alla crescita della figlia con la quale la vittima intratteneva un rapporto sotto ogni profilo assimilabile a quello genitore-figlio.
Inoltre, l’uomo aveva mantenuto legami stabili, anche affettivi, con i figli legittimi e con la moglie con i quali trascorreva regolarmente le principali festività, provvedendo sotto il profilo economico alle esigenze anche di questo nucleo familiare. Da questi presupposti discende la correttezza della decisione assunta dai giudici di merito. Da segnalare che la famiglia legale aveva presentato ricorso in Cassazione, contestando il principio e chiedendo che all'”altra” famiglia non venisse riconosciuto un risarcimento calcolato sulla medesima base.
La Corte di cassazione ha, però, respinto il ricorso della famiglia legale, ribadendo che il legame affettivo con la nuova compagna e con l’ultimogenita era ormai talmente stabile da poter far configurare legittimamente il diritto al risarcimento danni.