Stop alla locazione a cinque anni dalla morte dell’usufruttuario
Il conduttore che contrae con un anziano accetta il rischio d’una restituzione anticipata dell’immobile
Il contratto d’affitto del cinema durava dodici anni, ma a meno di sei anni dalla firma del contratto stipula è dichiarato risolto. Com’è possibile? L’esercente non ha stipulato con il proprietario dell’immobile, ma con l’usufruttuario, che tuttavia muore dopo neppure un anno. Risultato: è valido lo sfratto intimato dalla società divenuta interamente proprietaria dell’immobile per il consolidamento dell’usufrutto e il contratto deve intendersi risolto alla scadenza del quinquennio successivo alla morte dell’usufruttuario. Lo precisa una sentenza depositata il 26 maggio 2011 dalla terza civile della Cassazione.
Interessi contrapposti
L’esercente del cinema all’atto della firma sa bene che la controparte non è il proprietario ma l’usufruttuario dell’immobile, il quale non gli nasconde affatto questa sua qualità: ne consegue che il locatore, stipulando un contratto con un anziano, accetta su di sé il rischio di una restituzione dell’immobile da effettuare in anticipo rispetto a quanto pattuito. Due le esigenze contrapposte da contemperare in questo da caso: da un lato il diritto del proprietario del bene, dall’altro la funzione sociale della proprietà; il primo ha carattere di assolutezza, dopo il consolidamento dell’usufrutto (grazie al quale il proprietario non è più «nudo»), e in quanto tale deve prevalere sul diritto reale limitato dell’usufruttuario, dante causa di chi ha preso in affitto l’immobile; la funzione sociale è garantita dalla circostanza che al conduttore restano cinque anni di tempo dall’estinzione dell’usufrutto, avvenuta per cause naturali, per cercarsi un altro posto dove esercitare la sua attività lavorativa: non si tratta, d’altronde, di un’abitazione familiare che impone un dovere di solidarietà sociale. Insomma: la norma di cui all’articolo 999 Cc prevale sulla legge 392/78.