Stop foto cruente, non è diritto di cronaca
Il diritto di cronaca non può giustificare la morbosità nel ritrarre immagini cruente, pertanto devono essere assolutamente banditi gli scatti che riproducono delle sequenze drammatiche, come quelle di un cadavere martoriato E’ questo in sintesi quanto ha stabilito la terza sezione penale della Corte di Cassazione con la sentenza n.17215/2011. Per i giudici di P.zza Cavour questo tipo d’immagini rientrano nel trattamento illecito di dati personali e pertanto può portare ad una condanna penale.
Inoltre- hanno ricordato gli ermellini- il danno morale che ne deriva si può ripercuotere anche su terzi oltre che sulla persona fotografata.
La Suprema Corte si è espressa in merito alle foto cruente, a proposito del caso della giovane figlia di un pregiudicato che venne brutalmente ferita alla testa da un colpo di arma da fuoco.Il trasporto in ospedale della ragazza venne immortalato con dovizia di particolari dagli scatti di un fotografo, poi pubblicati su un quotidiano sardo. Le fotografie drammatiche sono costate al reporter una condanna a due mesi e venti giorni di carcere, oltre al risarcimento danni in favore dei famgliari della vittima.
La Cassazione ha respinto il ricorso del fotografo, che ha tentato giustificare il suo lavoro affermando di aver esercitato legittimamente il diritto di cronaca.
I giudici della Suprema Corte hanno sottolineato che il trattamento dei dati personali sensibili senza il consenso dell’interessato è punibile ai sensi dell’art.167 del decreto legislativo n.196 del 2003.
Nel caso specifico è evidente il danno arrecato alla giovane vittima che meritava di vivere gli ultimi istanti della sua vita al riparo dalla morbosa curisità di terzi. Inoltre va considerato anche l’ulteriore danno arrecato ai suoi familiari che hanno dovuto subire anche il dolore di vedere il corpo martoriato della figlia pubblicamente esposto.
Da p.zza Cavour hanno precisato che il sacrificio della riservatezza nell’ambito del diritto di cronaca può essere giustificato soltanto nell’ambito della ‘essenzialità’ del diritto-dovere di informazione. Un’essenzialità che in questo caso non sussisteva.