Storie di giovani “Non più disposti a tutto”
Il precariato e lo sfruttamento lavorativo dei giovani è un argomento tornato di recente alla ribalta con la campagna della CGIL “Non + disposti a tutto“. Ma le tipologie di giovani precari, sfruttati e maltrattati dal mondo del lavoro sono tantissime così come le testimonianze drammatiche raccolte, di giovani praticanti avvocati riguardo il sistematico sfruttamento che avvocati e studi legali fanno di loro, sfruttamento diventato ormai usuale nonostante le disposizioni del codice deontologico. Un fenomeno massiccio sotto gli occhi di tutti, diventato consuetudine e accettato passivamente, di cui si parla sempre troppo poco. Ma cosa accadrebbe se per un giorno, per una settimana, per un mese i praticanti non fossero più disposti a tutto? Se lo fossero tutti insieme e nello stesso momento?
IL RACCONTO DI G
“E’ difficile riassumere questo tipo di esperienze, fatta di infinite successioni di attimi. Tutto ha inizio quando realizzi un qualcosa che è tutto tuo, enormi sacrifici ma altrettante enormi soddisfazioni: la fantomatica LAUREA IN GIURISPRUDENZA. Vuoi diventare avvocato? Vuoi difendere i diritti dei soggetti, a prescindere se si tratti di persone o aziende? Dimentica i tuoi di diritti, almeno per una decina d’anni.
Ebbene sì, la sola laurea in giurisprudenza, se vuoi fare l’avvocato, a nulla vale. Deve essere seguita da due anni (4 semestri consecutivi) di pratica forense fatta presso uno studio legele con determinati requisiti. E fin qui nulla di strano, è opinione diffusa nel settore, che tutto ciò sia più che normale!
Difatti uno studente, laureatosi nell’Università Pubblica Italiana, poco incline alla pratica intra-universitaria poco sa sul piano pratico, e tutto ciò che inevitabilmente ne consegue.
Palazzi di Giustizia, Ufficiali Giudiziari e qualsiasi altro Ente sono enormi “mostri” che vanno affrontati, per lo meno all’inizio, con un’ottima guida che ti inserisca nel contesto, te ne faccia capire i meccanismi e poi perchè no sfruttartici all’interno.
Peccato però che nella maggior parte dei casi non funziona così; o meglio per i più fortunati (coloro i quali riescono a fare tutto ciò accanto ad un parente o amico) il tutto potrebbe risultare più piacevole e stimolante; i guai sono per tutti gli altri. Questi ultimi diventano prede dei loro DOMINUS, è consueto chiamare così il capo o capò.
Vari sono i modi per trovare un avvocato disposto a farti fare pratica forense, vi sono anche degli elenchi predisposti dai diversi Tribunali per far incontrare domanda ed offerta. Una volta trovato -dopo una serie di adempimenti economico-burocratici- lo studio legale ti ritrovi iscritto in un registro apposito istituito, di solito, da ogni Consiglio dell’Ordine.
Adesso ti aspetti di partecipare attivamente alla preparazione, istruzione e studio di una causa, ad esso affidata da un cliente ed invece sei nel girone dei praticanti avvocati, costretti ad andare avanti indietro, su e giù, a fare qualcosa che al tuo capo non và più di fare, spesso ti ritrovi a fare il lavoro più “sporco”, le estenuanti file, i continui cazziatoni, le innumerevoli multe per parcheggi in doppia fila.
Conosco colleghi che lo fanno in grandi città che spesso sono costretti a svegliarsi alle 3-4 del mattino per andarsi a mettere in fila davanti gli uffici dei vari Giudici di Pace. Ed anche in tutto ciò, con molta benevolenza, non vediamoci nulla di irrazionale.
Ma vogliamo parlare di ore di attese davanti ad un portone con 0 gradi o con 40? Vuoi perchè il tuo capo, non ti ha ancora dato una copia delle chiavi, vuoi perchè lo stesso ti ha mandato a recapitare un documento ad un suo collega per niente puntuale.
Interminabili giornate di 15 ore lavorative, in vista di scadenze, senza neanche un per favore o un grazie?
I più fortunati nelle varie trasferte ci guadagnano un caffè o un succo di frutta. Neppure un centesimo-euro. Molti legali contesteranno che essi ai loro collaboratori danno un cospiquo rimborso spese, niente di più falso il più delle volte con i soldi che ti danno non ti paghi nè autobus nè, tantomeno, la benzina se automunito. Eppure il codice deontologico all’art. 26 esplicitamente prevede “I – L’avvocato deve fornire al praticante un adeguato ambiente di lavoro, riconoscendo allo stesso, dopo un periodo iniziale, un compenso proporzionato all’apporto professionale ricevuto“.
Il loro codice parla di compenso proporzionato al lavoro e non di rimborso spese. Per molti anche il rimborso rappresenta un’utopia, i più furbi (io li definisco i cani di questa professione) ti scroccano pure gli spiccioli in più per una notifica, una marca da bollo o una fotocopia fatta fuori dallo studio. Dimenticandosene!
Pochi studi ti danno la possibilità di farlo part-time in modo da riuscirti a trovare un lavoretto per ammortizzare le spese vive che comunque hai, nella maggior parte o gli dai la massima disponibilità o non se ne fa nulla.
Quanto detto rappresenta solo una minima parte di ciò che ti può accadere inseguendo questa professione.
E’ una breve sintesi delle innumerevoli difficoltà che incontra un giovane che ha intrapreso tale strada, tratta da una serie di esperienze che accomunano, più o meno, persone che conosco.
E’ difficile, ma non impossibile. Molti spinti da una forte passione continuano imperterriti a perseguire il sogno anche se umiliati, martoriati, forse perchè non vogliono gettare la spugna, forse perchè se ti guardi attorno ti rendi conto di quanto poco altro ci sia da fare. Spesso è molto più difficile, pur avendo una laurea, anche accedere alle prove di un qualsiasi concorso.
Probabilmente è errato fare di tutta l’erba un fascio, e sono certo che esistono degli studi legali con a capo dei professionisti veri e seri, ma detto tra noi scarseggiano in rapporto alla grossa mole di laureati in Giurisprudenza che sfornano le università Italiane. Questo tipo di precariato è reso legale illegalmente perchè, e dimenticavo, il più delle volte si protrae dopo i due anni.”