Strauss-Kahn: persi 30 milioni di posti
La Corporate America non può lamentarsi del nuovo «bottino» di utili: il terzo trimestre del 2010, a conti fatti, si preannuncia come il migliore in tre anni, quando si tratta di margini di profitto. Ma altrettanto certo è che questo non significherà per le aziende statunitensi – come anche per molte imprese globali – nuove campagne di assunzioni, capaci di alleviare un’emergenza occupazione che, a recessione ufficialmente finita, non accenna a recedere.
La ragione della cautela nell’aprire le cassaforti per investimenti nel lavoro è tutta nella grave incertezza che regna sulle prospettive di crescita, anzitutto della tradizionale «locomotiva» americana. Un’incertezza che ieri il direttore generale del Fondo Monetario ha cercato di contrastare lanciando a sua volta un allarme occupazione: intervenendo a un Forum sullo sviluppo in Marocco, Dominique Strauss-Kahn ha ribadito che «il mondo durante la crisi ha perso 30 milioni di posti» e che nei prossimi anni occorrerà crearne almeno 400 milioni su scala internazionale. «Nel quadro di nuova globalizzazione – ha detto – prima, seconda e terza priorità si chiamano occupazione».
L’appello potrebbe però trovare scarso ascolto da parte di aziende che misurano l’evanescenza della crescita in consumi e fatturato. Qui, dietro ai guadagni brillanti, si insinuano cifre ai loro occhi assai meno incoraggianti. Con oltre il 60% delle imprese parte dell’indice Standard & Poor’s 500 che hanno ormai riportato i bilanci trimestrali, dall’hi-tech di Apple all’auto di Ford, la quasi totalità, oltre l’80%, ha rivelato sia profitti che vendite in aumento rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Di questo passo gli utili potrebbero marciare di quasi il 30% e i margini di profitto, secondo S&P, raggiungere l’8,94%, appunto il massimo in tre anni. Il giro d’affari si appresta a lievitare complessivamente dell’8% a 2.170 miliardi, a sua volta il più alto in un biennio.
Peccato, denuncia il Wall Street Journal, che la cifra complessiva delle vendite resti deludente: 170 miliardi meno del terzo trimestre del 2008, l’ultimo, vale a dire, prima del precipitare della crisi con il crack di Lehman Brothers e dell’alta finanza. Le aziende che hanno battuto le attese trimestrali sulle vendite, inoltre, sono state un più modesto 60% del totale. Guardando avanti, l’orizzonte non si schiarisce: le strategie di riduzione dei costi che hanno finora sostenuto i bilanci aziendali hanno completato il loro corso. Si preannunciano, anzi, rincari, sia per stimolare le vendite che per far fronte ad aumenti dei prezzi nelle materie prime. Trend già affiorati nel bilancio di un colosso quale 3M, che ha visto i margini di profitto scivolare negli ultimi tre mesi. Margini che dovrebbero erodersi per tutta la Corporate America nel quarto trimestre.
I consumi, che rappresentano due terzi del Pil americano, intanto languono. Buona parte della crescita del 2% nel terzo trimestre è stata generata da una ricostituzione di scorte adesso alla disperata ricerca di acquirenti. Ma la spesa è aumentata in settembre di un debole 0,2 per cento. E i redditi sono forieri di altre nubi: con la disoccupazione al 9,6%, sono calati dello 0,1 per cento. Tanto da lasciare in ombra un’espansione manifatturiera (l’indice Ism è salito in ottobre a 56,9 da 54,4) e un aumento dello 0,5% nelle costruzioni in settembre.