Sul valore delle dichiarazioni contenute nel verbale d’assemblea di condominio Cassazione civile , sez. II, sentenza 09.11.2009 n° 23687
La pronuncia emessa dalla Cassazione, Sezione seconda, del 9
novembre 2009, n. 23687 è molto sui generis, in quanto ha attribuito al
verbale assembleare, privo della sottoscrizione del Presidente e del
Segretario, valore di confessione stragiudiziale. Sull’argomento, va
precisato che, da un punto di vista giuridico, il verbale di assemblea
può essere considerato confessione, in quanto, seguendo il ragionamento
della pronuncia in esame, a norma dell’art. 2730 c.c. la confessione è
la dichiarazione che una parte fa della verità dei fatti ad essa
sfavorevoli e favorevoli all’altra parte. Ora l’elemento soggettivo
richiesto per la validità della confessione non consiste
nell’intenzione di fornire una prova alla controparte, ma nella
consapevolezza e volontà di ammettere e riconoscere la verità di un
fatto a sé sfavorevole e favorevole all’altra parte, indipendentemente
dalle conseguenze giuridiche che ne possono derivare (Cass. civ., 11
ottobre 1996, n. 8932).
Invero per fatto sfavorevole al
dichiarante e favorevole all’altra parte – requisito necessario per
stabilire se la dichiarazione presenti i caratteri della confessione –
deve intendersi il fatto che, avuto riguardo all’oggetto della
controversia ed ai termini della contestazione, è in concreto idoneo a
produrre conseguenze giuridiche svantaggiose per colui che
volontariamente e consapevolmente ne riconosce la verità (Cass. civ.,
21 novembre 1997, n. 11635). Nota essenziale del fatto che forma
oggetto di confessione è di essere, obiettivamente, sfavorevole al
confitente e, nel contempo, favorevole all’altra parte, il che si
verifica quando il fatto medesimo si trovi, rispetto ai contrastanti
interessi delle parti in rapporto tale che, dalla sua ammissione,
escludente qualsiasi contestazione sul punto, derivi concreto
pregiudizio all’interesse del dichiarante, con corrispondente vantaggio
di quello del destinatario (Cass. 4 marzo 1980, n. 1428).
E’giurisprudenza
di questa Corte (cfr. Cass. sent. n. 6301/1992), che la confessione
giudiziale o stragiudiziale richiede una esplicita dichiarazione della
parte o del suo rappresentante in ordine alla verità di fatti ad essa
sfavorevoli o favorevoli all’altra parte, e, pertanto, può risultare da
un comportamento o desumersi da fatti concludenti, ma non può
consistere in una dichiarazione solo implicitamente o indirettamente
ammissiva dei fatti in discussione, la quale resta utilizzabile come
elemento meramente presuntivo o indiziario; e che una dichiarazione per
essere qualificabile come confessione, deve constare di un elemento
soggettivo, consistente nella consapevolezza e volontà di ammettere e
riconoscere la verità di un fatto a sè sfavorevole e favorevole
all’altra parte, e di un elemento oggettivo, che si ha qualora
dall’ammissione del fatto obiettivo, escludente qualsiasi contestazione
sul punto, derivi un concreto pregiudizio all’interesse del dichiarante
e un vantaggio corrispondente per il destinatario della dichiarazione
(Cass. civ., Sez. II, 6 giugno 2006, n. 13212).
Ritornando alla
pronuncia in esame, la sua originalità non risiede nel fatto che la
delibera condominiale venga considerata come confessione, ma che una
delibera priva di requisiti essenziali, come la non sottoscrizione del
Presidente e del Segretario, sia considerata valida e, di conseguenza
abbia valore di confessione. Nel caso di specie, un verbale di
assemblea privo di sottoscrizione del Presidente e del Segretario è
inesistente e, quindi, nullo, in quanto privo di elementi essenziali.
Infatti, la giurisprudenza (Cass. civ., Sez. Unite, sentenza 7 marzo 2005, n. 4806)
ritiene che costituiscono cause di nullità delle delibere adottate
dall’assemblea del condominio le delibere prive degli elementi
essenziali, le delibere con oggetto impossibile o illecito (contrario
all’ordine pubblico, alla morale, al buon costume), le delibere con
oggetto che non rientra nella competenza dell’assemblea, le delibere
che incidono su diritti individuali sulle cose o servizi comuni o sulla
proprietà esclusiva di ognuno dei condomini, le delibere comunque
invalide in relazione all’oggetto. Devono, invece, qualificarsi
annullabili le delibere con vizi relativi alla regolare costituzione
dell’assemblea, quelle adottate con maggioranza inferiore a quella
prescritta dalla legge o dal regolamento condominiale, quelle affette
da vizi formali, in violazione di prescrizioni legali, convenzionali,
regolamentari, attinenti al procedimento di convocazione o di
informazione dell’assemblea, quelle genericamente affette da
irregolarità nel procedimento di convocazione, quelle che violano norme
che richiedono qualificate maggioranze in relazione all’oggetto.
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE II CIVILE
Sentenza 26 febbraio – 9 novembre 2009, n. 23687
(Presidente Triola – Relatore Trombetta)
Svolgimento del processo
Con
atto di citazione notificato l’11.3.1999 M. B. convenne in giudizio
davanti al G.d.P. di Mestre il condominio “X.”, sito in Venezia Mestre,
Via **** n. ****, deducendo:
– di essere proprietario di un appartamento con garage facente parte del condominio convenuto;
–
che nel garage di sua proprietà esclusiva, si erano verificate
infiltrazioni d’acqua causate da una falda freatica nel sottosuolo
condominiale, costringendolo ad effettuare urgenti lavori volti ad
eliminare il danno e ripristinare il locale;
– che il condominio
con delibera 8.3.88 aveva respinto la richiesta dell’attore avente ad
oggetto il riparto tra tutti i condomini delle spese affrontate
dall’istante pari a L. 783.250 oltre IVA;
– che il Tribunale di
Venezia adito in ordine alla impugnazione della suddetta delibera, si
era dichiarato incompetente per valore a favore del Pretore che
successivamente adito aveva sollevato d’ufficio la questione della
propria competenza per valore, tant’è che estintosi per mancata
riassunzione il precedente giudizio davanti al Tribunale, la difesa
attrice rinunciava agli atti del giudizio davanti al Pretore, il cui
giudizio veniva, a sua volta, dichiarato estinto.
Chiedeva,
pertanto, che il G.d.P., previo accertamento che il danno al garage era
stato cagionato da un bene condominiale, condannasse il condominio a
rimborsargli, eventualmente dedotta la sua quota condominiale, la spesa
sostenuta per il ripristino del locale pari a L. 783.250 oltre IVA, per
le perizie svolte pari a L. 1.203.234 per complessive L. 2.127.469 in
linea capitale o quella diversa somma che fosse risultata in corso di
causa, maggiorata dagli interessi legali.
Chiedeva, inoltre, se ritenuto necessario, anche la dichiarazione di nullità della delibera assembleare 8.3.1988.
Con
sentenza 23.6.2000 il G.d.P., nella contumacia del condominio ed
all’esito della istruttoria documentale, rigettava la domanda attrice
ritenendo carente di prove il nesso di causalità tra i danni lamentati
e le condizioni dei beni comuni condominiali.
Su impugnazione del B., rimasto contumace il condominio, il Tribunale di Venezia in funzione monocratica respingeva l’appello.
Afferma
il Tribunale che la sentenza impugnata ha dato conto degli esiti non
risolutivi della C.T.U. svolta in altro giudizio in ordine alla
eziologia dei lamentati danni al garage, specificando che il
consulente, essendosi già verificata la rimessione in pristino dei
luoghi, non aveva potuto verificare se i danni fossero dovuti
all’aderenza del garage con il corpo principale del fabbricato;
essendosi anche fatta l’ipotesi che i danni fossero dovuti al maggior
peso dell’edificio principale sulle fondazioni continue, ipotesi da
escludere sempreché tali fondazioni fossero state calcolate ed eseguite
in modo corretto; che il verbale della assemblea condominiale 8.3.88,
presente in atti in copia priva delle sottoscrizioni del presidente e
del segretario, non ha valenza confessoria, in quanto il fatto della
provenienza delle infiltrazioni d’acqua dalla falda freatica afferente
al sottosuolo condominiale non risulta essere stato dichiarato dal
soggetto titolare del potere di disporre dei diritti spettanti al
complesso dei condomini in quanto tali, ossia dall’amministratore
legale rappresentante, per cui non sussistono i presupposti di cui
all’art. 2731 c.c., fermo restando che la delibera non risulta essere
stata adottata all’unanimità.
Avverso tale sentenza ricorre in Cassazione il B..
Nessuna attività difensiva ha svolto la controparte.
Motivi della decisione
Deduce il ricorrente a motivi di impugnazione:
1)
la violazione o falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 n. 3
c.p.c.) in relazione all’applicazione degli artt. 1130, 1131 cod. civ.:
–
per avere il Tribunale, nell’affermare che il fatto della provenienza
delle infiltrazioni d’acqua dalla falda freatica afferente al
sottosuolo condominiale non risultava essere stato dichiarato dal
soggetto titolare del potere di disporre dei diritti spettanti al
complesso dei condomini in quanto tale, ossia dall’amministratore
legale rappresentante;
erroneamente negato valore confessorio
alle dichiarazioni contenute nel verbale assembleare dell’8.3.1988
relative al riconoscimento della derivazione delle infiltrazioni, nel
garage di proprietà del B., da una falda freatica sita nel sottosuolo
sottostante l’area di sedime condominiale, nonostante:
A) il
potere di rappresentanza dell’amministratore è limitato e circoscritto
alle attribuzioni ad esso riconosciute dall’art. 1130 c.c. ed al di
fuori di esse dai maggiori poteri loro conferitigli dal regolamento
condominiale o dall’assemblea;
B) il conferimento della
rappresentanza all’amministratore non faceva venir meno il potere di
disporre dei diritti di cui sono titolari, il complesso dei condomini,
né condizioni la validità, l’efficacia della volontà dei condomini
manifestata nell’assemblea, al riconoscimento formale da parte
dell’amministratore.
C) la decisione dell’assemblea dell’8.3.88
di porre le spese, per il ripristino dei danni derivati dalle
infiltrazioni al garage del B., a carico del medesimo anziché del
condominio sia stata presa sulla base dell’uso più intenso ovvero
esclusivo esercitato dal B. sul bene comune e non perché fosse
contestato che il danno derivasse da una struttura condominiale, fatto
pacifico;
2) la violazione o falsa applicazione di norme di
diritto (art. 360 n. 3 c.p.c.) in relazione all’applicazione degli
artt. 116 c.p.c., 2731 e 2735 c.c. per avere il Tribunale, pur
provenendo il riconoscimento, della derivazione delle infiltrazioni
d’acqua dalla falda freatica sita nel sottosuolo condominiale, operato
dall’assemblea condominiale, da soggetti capaci di disporre del
relativo diritto, erroneamente negato l’efficacia vincolante della
prova legale alla confessione stragiudiziale fatta alla parte;
3)
la violazione o falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 n. 3
c.p.c.) in relazione alla applicazione degli artt. 112 e 115 c.p.c. e
1136 c.c..
– per avere il Tribunale erroneamente rilevato
d’ufficio (senza che controparte avesse sollevato contestazioni né
sulla regolarità formale, né sulla corrispondenza fra quanto riportato
nel verbale e la volontà manifestata dall’assemblea) la mancanza delle
sottoscrizioni del presidente e del segretario nel verbale assembleare,
nonché la mancata adozione della delibera all’unanimità, nonostante: 1)
le eventuali irregolarità formali del verbale non determinino
l’invalidità della delibera; 2) la assembleare si formi con la
maggioranza dei consensi.
4) la violazione o falsa applicazione
di norme di diritto (art. 360 n. 3 c.p.c.) in relazione
all’applicazione degli artt. 112 c.p.c., 1117, 1123, 1135 c. civ.:
–
per avere il Tribunale erroneamente omesso di pronunciarsi sulla
domanda di nullità della delibera assembleare 8.3.88 denunciata per
avere l’assemblea, nel disporre lo storno della spesa relativa alla
eliminazione dei danni derivati dalle infiltrazioni nel garage di
proprietà esclusiva, dalla voce “spese generali” alla voce “spese
individuali”, deliberato su un oggetto estraneo alle proprie competenze
(esercitabili solo in relazione alle cose comuni), invadendo la sfera
di proprietà esclusiva del singolo condomino, disponendo del
risarcimento di un danno cagionato ad una proprietà esclusiva da un
bene condominiale;
nullità da far valere in ogni tempo e sulla
cui domanda, pur proposta in via subordinata, il Giudice aveva il
dovere di pronunciarsi, dovere non rispettato;
5) la violazione
o falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 n. 3 c.p.c.) in
relazione all’applicazione degli artt. 112 e 115 c.p.c.:
– per
avere il Tribunale ritenuto non provato il nesso eziologico in ordine
alla derivazione delle infiltrazioni d’acqua nel garage di proprietà
del B., dalla falda freatica del sottosuolo condominiale, nonostante
tale circostanza fosse un dato pacifico, ammessa dallo stesso
condominio, non contestata da controparte, non sottoposta
all’accertamento del Giudice in nessuno dei gradi di merito, ed in
quanto fatto pacifico, non necessitante di alcuna prova; risolvendosi,
quindi, la pronuncia del Giudice in esorbitanza dai limiti della
domanda introduttiva;
6) l’omessa, insufficiente o
contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia
ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c.
– per non avere il Tribunale
fornito ragioni sufficienti ed adeguate sul piano logico e delle
massime di esperienza, circa la negata derivazione del danno da una
parte comune, e l’omessa pronuncia in ordine alla nullità della
delibera assembleare.
Il ricorso non è fondato.
Quanto al
primo motivo, premesso che, nella specie, non è rilevante la questione
se l’amministratore fosse o meno legittimato a rilasciare una
dichiarazione confessoria, perché di fatto, una sua dichiarazione non
vi è stata; ciò che, invece, rileva in ordine alla negata valenza
confessoria del verbale dell’assemblea 8.3.88, contenente, come si
evince dalla sentenza impugnata, l’attestazione della provenienza delle
infiltrazioni nel garage B. dalla falda freatica afferente il
sottosuolo condominiale, è stabilire se i condomini partecipanti alla
suddetta assemblea che avrebbero dato come sussistente il nesso di
causalità fra il bene condominiale e le infiltrazioni, avevano il
potere di attribuire anche ai non partecipanti all’assemblea ed ai
dissenzienti la valutazione di certezza di quel dato di fatto (il nesso
di causalità) da essi ritenuto tale. La sentenza impugnata si limita a
rilevare la mancata unanimità sul punto, riferendola all’adozione della
delibera che, peraltro, ponendo la spesa per il ripristino dei danni al
garage del B. a carico dello stesso disponeva in contrasto con il dato
di fatto (nesso eziologico) che sarebbe stato dato per certo nel
verbale ed in base al quale il ripristino dei suddetti danni si sarebbe
dovuto porre a carico di tutti i condomini pro quota.
Ritiene
questo collegio che l’attestazione della sussistenza del nesso
eziologico di cui al verbale assembleare, rientrante nell’ambito delle
dichiarazioni di scienza non possa avere l’efficacia di una confessione
stragiudiziale attribuibile a tutti i condomini (presenti
all’assemblea, assenti e dissenzienti) in quanto comportando essa
l’obbligo di tutti i condomini di risarcire pro quota i danni provocati
al garage B. e, quindi, l’imposizione di un peso a carico di tutti, è
necessario che essa sia condivisa da tutti i condomini, non rientrando
nei poteri dell’assemblea quello di imporre oneri al di là delle
specifiche previsioni di legge.
I presenti all’assemblea 8.3.88
consenzienti non avevano, pertanto, la capacità di confessare anche per
gli assenti e dissenzienti, non potendo porre a loro carico oneri non
condivisi.
Ne consegue il rigetto dei primi due motivi di ricorso.
Infondato
è, anche, il terzo motivo di ricorso in quanto un verbale di assemblea
condominiale privo della sottoscrizione del presidente e del
segretario, è inesistente come documento e ciò ben può essere rilevato
d’ufficio dal Giudice.
Sul punto va, altresì, precisato che il
Tribunale usa ad abundantiam tale argomento, basandosi la ratio della
decisione sulla negata valenza confessoria del documento e, quindi,
sull’assenza di prova del nesso eziologico, come dalle conclusioni
della C.T.U. richiamata, prova, necessaria perché i condomini siano
ritenuti responsabili ex art. 2051 c.c. e tenuti pro quota a risarcire
il danno subito dal condomino B..
Ne consegue la validità della
delibera che ha posto a carico del B. le spese per il ripristino del
suo garage non essendo risultata accertata la derivazione dei danni da
un bene condominiale.
Vanno, pertanto, respinti i motivi quarto e quinto del ricorso.
Inammissibile è, infine, il sesto motivo, ripetitivo, in parte, dei precedenti e del tutto generico.
Il ricorso va, perciò, respinto e la sentenza impugnata confermata sia pure con la diversa motivazione di cui sopra.
Nessuna pronuncia sulle spese è dovuta non avendo il condominio svolto attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.