Sulla giurisdizione del giudice amministrativo in materia espropriativa
La controversia avente a oggetto la domanda risarcitoria
conseguente a una occupazione avente il proprio originario fondamento
in un titolo poi annullato rientra nella giurisdizione del giudice
amministrativo, trattandosi in questo caso di danno riconducibile non a
mero comportamento materiale, ma all’esercizio, ancorché scorretto o
illegittimo, di pubblici poteri.
E’ questo l’ormai consolidato orientamento in materia anche dopo la nota sentenza della Corte costituzionale nr. 204 del 6 luglio 2004 (cfr.
“ex multis” Cons. Stato, Ad. Pl., 22 ottobre 2007, nr. 12; Cons. Stato,
sez. IV, 8 giugno 2009, nr. 3509; id., 3 settembre 2008, nr. 4112).
Senza
indugi, i giudici di piazza Capo di Ferro, conformandosi ai recenti
orientamenti della magistratura amministrativa, ritengono che nella
materia dei procedimenti di espropriazione per pubblica utilità, sono
devolute alla giurisdizione amministrativa esclusiva le controversie
nelle quali si faccia questione, anche ai fini complementari della
tutela risarcitoria, di attività di occupazione e trasformazione di un
bene conseguenti ad una dichiarazione di pubblica utilità e con essa
congruenti, anche se il procedimento all’interno del quale sono state
espletate non sia sfociato in un tempestivo atto traslativo ovvero sia
caratterizzato dalla presenza di atti poi dichiarati illegittimi (come
nel caso di specie concernente l’annullamento, per illegittimità
derivata, del decreto di esproprio).
Viceversa, rientrano nella
giurisdizione ordinaria le controversie relative ai comportamenti delle
PP.AA. in materia espropriativa non riconducibili, nemmeno
mediatamente, all’esercizio di un pubblico potere e, dunque, tenuti in
carenza di potere od in via di mero fatto.
Pertanto, nel caso di
annullamento della sentenza di primo grado per erronea declaratoria di
difetto di giurisdizione, il giudice di appello deve annullare la
sentenza con rinvio al giudice di prime cure ex art. 35 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, per affrontare gli aspetti relativi alla quantificazione del danno risarcibile.
Consiglio di Stato
Sezione IV
Sentenza 30 ottobre 2009, n. 6705
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
DECISIONE
sul
ricorso in appello nr. 6581 del 2003, proposto dalle sig.re S. A. e C.
A., rappresentate e difese dagli avv.ti Alfredo Bianchini ed Enrico
Romanelli, con domicilio eletto presso il secondo in Roma, viale Giulio
Cesare, 14,
contro
– il MINISTERO
DELL’INTERNO, in persona del Ministro “pro tempore”, e la PREFETTURA DI
UDINE, in persona del Prefetto “pro tempore”, rappresentati e difesi
“ope legis” dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliati per legge
presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;
– la FERROVIE DELLO STATO S.p.A., in persona del legale rappresentante “pro tempore”, non costituita;
nei confronti di
IMPRESA
PIZZAROTTI & C. S.p.a, in persona del legale rappresentante “pro
tempore”, rappresentata e difesa dagli avv.ti Giorgio Cugurra e
Salvatore Alberto Romano, con domicilio eletto presso il secondo in
Roma, viale XXI Aprile, 11,
per l’annullamento,
“in
parte qua”, della sentenza nr. 7/2003 del 22 gennaio 2003 del T.A.R.
del Friuli – Venezia Giulia, depositata in data 27 gennaio 2003.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visti
gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno, della
Prefettura di Udine e dell’Impresa Pizzarotti & C. S.p.a.;
Viste
le memorie prodotte dalle appellanti (in data 23 settembre 2009) e
dalla società appellata (in data 25 settembre 2009) a sostegno delle
rispettive difese;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, all’udienza pubblica del giorno 6 ottobre 2009, il Cons. Raffaele Greco;
Uditi
l’avv. Pafundi, su delega dell’avv. Bianchini, per le appellanti,
l’avv. dello Stato Grumetto per l’Amministrazione e l’avv. Morrone, su
delega dell’avv. Romano, per l’Impresa Pizzarotti & C. S.p.a.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Le
signore S. A. e C. A. hanno impugnato, per quanto d’interesse, la
sentenza con la quale il T.A.R. del Lazio, pur dopo aver annullato il
decreto di esproprio emesso dalla società Ferrovie dello Stato S.p.a.
su suoli di loro proprietà, ha dichiarato inammissibile per difetto di
giurisdizione del giudice amministrativo la domanda risarcitoria dalle
stesse formulata in relazione all’illegittima occupazione e
irreversibile trasformazione dei predetti suoli.
A sostegno
dell’impugnazione, le appellanti hanno dedotto l’erroneità della
decisione appellata nella parte in cui i giudici di primo grado hanno
denegato la propria giurisdizione in ordine alla domanda risarcitoria
spiegata in relazione all’annullamento degli atti espropriativi.
Pertanto,
esse hanno chiesto riformarsi la sentenza gravata, accertandosi il
proprio diritto al risarcimento del danno subito, da quantificare
attraverso un’apposita consulenza tecnica d’ufficio.
Resistono
il Ministero dell’Interno e la Prefettura di Udine nonché l’Impresa
Pizzarotti & C. S.p.a. (designata esecutrice delle opere cui era
funzionale l’esproprio), chiedendo la reiezione dell’appello e
l’integrale conferma della sentenza impugnata.
All’udienza del 6 ottobre 2009, la causa è stata introitata per la decisione.
DIRITTO
Viene
nuovamente all’attenzione di questo Consesso la vicenda espropriativa
interessante il terreno sito in Cervignano del Friuli di proprietà
delle odierne appellanti, signore S. A. e C. A., ai fini della
realizzazione di un nuovo scalo ferroviario da parte della società
Ferrovie dello Stato S.p.a.
Gli atti della procedura
espropriativa “de qua” sono stati già una volta annullati in sede
giurisdizionale, nel giudizio conclusosi con la decisione dell’Adunanza
Plenaria nr. 14 del 7 giugno 1999; tuttavia, l’Amministrazione ha
proseguito il procedimento notificando alle signore A. un decreto di
esproprio, come se nulla fosse accaduto.
A seguito di nuovo
ricorso delle interessate, il T.A.R. del Lazio ha annullato anche il
predetto decreto di esproprio, per illegittimità derivata, dichiarando
però il proprio difetto di giurisdizione in ordine all’ulteriore
istanza con la quale le ricorrenti avevano chiesto la condanna
dell’Amministrazione al risarcimento del danno: è limitatamente a
questa statuizione che le signore A. hanno impugnato la sentenza del
T.A.R., chiedendone l’annullamento ovvero la riforma.
Tanto
premesso, l’appello è fondato nella parte in cui si lamenta l’erroneità
della declaratoria di inammissibilità della domanda risarcitoria.
Ed
invero, il primo giudice ha ritenuto che, una volta annullati gli atti
del procedimento espropriativo, il danno cagionato dall’occupazione e
dalla irreversibile trasformazione del suolo illegittimamente
espropriato sarebbe riconducibile a mera attività materiale, e quindi
esulerebbe dalla giurisdizione del giudice amministrativo.
Tale affermazione non può essere condivisa.
Infatti,
è ormai consolidato, anche dopo la nota sentenza della Corte
Costituzionale nr. 204 del 6 luglio 2004, l’orientamento secondo cui
rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo la controversia
avente a oggetto la domanda risarcitoria conseguente a una occupazione
avente il proprio originario fondamento in un titolo poi annullato,
trattandosi in questo caso di danno riconducibile non a mero
comportamento materiale, ma all’esercizio, ancorché scorretto o
illegittimo, di pubblici poteri (cfr. “ex multis” Cons. Stato, Ad. Pl.,
22 ottobre 2007, nr. 12; Cons. Stato, sez. IV, 8 giugno 2009, nr. 3509;
id., 3 settembre 2008, nr. 4112).
Le considerazioni che
precedono, contrariamente all’avviso di parte appellante, non
consentono tuttavia a questa Sezione di affrontare il merito
dell’istanza risarcitoria, imponendo invece una pronuncia di
annullamento con rinvio al giudice di primo grado ai sensi dell’art. 35
della legge 6 dicembre 1971, nr. 1034.
Pertanto, è in tale sede
che dovranno essere affrontati gli aspetti relativi alla
quantificazione del danno risarcibile, e prima ancora i profili
inerenti alla sussistenza stessa dei presupposti per l’accoglimento
della domanda attorea (in particolare, quanto alla colpa
dell’Amministrazione, tenuto conto dei vizi di legittimità a suo tempo
ravvisati negli atti della procedura espropriativa e dell’epoca in cui
questi si sono verificati).
Ne discende, ancora, che resta riservata al definitivo anche ogni determinazione in ordine alle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il
Consiglio di Stato, sezione Quarta, accoglie l’appello e, per
l’effetto, annulla la sentenza impugnata con rinvio al giudice di primo
grado.
Riserva al definitivo le determinazioni in ordine alle spese di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.