Sulla semplificazione documentale nelle gare d’appalto
Il G.A., con il precipitato in rassegna, torna ad occuparsi della quaestio
concernente la possibilità di comprovare nelle gare di appalto il
possesso dei requisiti mediante dichiarazioni sostitutive ai sensi del d.P.R 445/2000
e s.m., nonché la legittimità della clausola del bando che impone di
comprovare il possesso del certificato di qualità e dell’attestazione
SOA, solo mediante la produzione del certificato in originale o in
copia autentica.
In primis, il Consesso afferma che non può essere applicato in modo assoluto, ma deve essere graduato a seconda dei fatti che devono essere provati in sede di gara, il principio generale secondo cui, laddove la lex specialis
di gara prescrive che determinati requisiti possano essere provati
soltanto con la produzione di determinati documenti, vada esclusa la
possibilità per l’impresa concorrente di ricorrere allo strumento
alternativo della dichiarazione sostitutiva di atto notorio.
Il G.A. ricorda, inoltre, che l’autocertificazione conosce due principali forme:
–
la dichiarazione sostitutiva dell’atto di certificazione, che
sostituisce le attestazioni e i certificati, resi dalle pubbliche
amministrazioni.;
– la dichiarazione sostitutiva dell’atto di
notorietà riguardante fatti, stati o qualità personali, che siano a
diretta conoscenza dell’interessato.
Entrambe si
configurano come diverso modo di intendere l’azione amministrativa, in
una prospettiva di potenziamento del favor verso il cittadino e della
fiducia nei documenti informativi da esso formati e presentati alle
amministrazioni.
La dichiarazione sostituiva di
certificazione e la dichiarazione sostitutiva di notorietà sono
utilizzabili solo nei rapporti con le amministrazioni pubbliche,
intendendo tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli
istituti e le scuole di ogni ordine e grado, le istituzioni
universitarie, le aziende e le amministrazioni dello Stato a
ordinamento autonomo, le Regioni, Province, Comuni e Comunità montane,
le Camere di commercio e qualsiasi altro ente di diritto pubblico,
compresi gli enti pubblici economici.
Sono, inoltre,
utilizzabili nei rapporti con imprese esercenti servizi di pubblica
necessità e di pubblica utilità: Poste, Enel, aziende concessionarie
del servizio di distribuzione del gas e così via.
Non possono,
invece, essere utilizzate nei rapporti fra privati o con l’autorità
giudiziaria nello svolgimento di funzioni giurisdizionali.
Orbene, del formalismo procedurale che sorregge il sistema delle gare d’appalto va scongiurata un’applicazione meccanica che contraddica, alla luce delle specifiche circostanze del caso concreto, la fondamentale ed immanente esigenza di ragionevolezza dell’attività amministrativa.
Sicché, è’
illegittima la clausola di un bando di gara che impone ai concorrenti,
a pena di esclusione, di dimostrare il possesso del certificato di
qualità e dell’attestazione SOA, esclusivamente mediante la produzione
del certificato in originale o in copia autentica, e non anche mediante
dichiarazione sostitutiva.
L’obbligo imposto di produrre
il certificato in originale o in copia autentica, ben lungi dal
costituire un “eccesso di scrupolo” della Stazione appaltante,
costituisce inadempimento gravoso, inutile e contrastante con i
principi di semplificazione che la migliore dottrina ha recentemente
qualificato come principi di valenza costituzionale (cfr. C. cost. 350
del 2008).
Infine, i giudici torinesi ricordano che l’art. 15 del collegato ordinamentale (Legge n. 3/2003 Disposizioni ordinamentali in materia di pubblica amministrazione ) alla legge finanziaria 2003, integrando l’articolo 77 del d.P.R. n. 445/2000,
prevede l’estensione degli istituti di semplificazione anche alle
procedure di aggiudicazione e affidamento di opere pubbliche o di
pubblica utilità, di servizi e di forniture, ancorché regolate da norme
speciali.
Pertanto, per effetto di tale disposizione,
l’autocertificazione ha ormai acquisito piena cittadinanza nell’ambito
delle procedure di gara, per cui, attualmente, le imprese
autodichiarano, talora attraverso agevoli modelli opportunamente
predisposti dalle stazioni appaltanti più diligenti, praticamente tutti
i requisiti di partecipazione, fatti salvi i controlli sul soggetto
aggiudicatario e quelli rientranti nel particolare istituto della
verifica a campione.
In conclusione, l’autocertificazione
potrebbe essere esclusa, per ragioni specifiche, anche per scelta
dell’Amministrazione, in sede di redazione del bando, scelta che deve,
tuttavia, trovare qualche giustificazione, anche implicita, relativa
all’essenzialità della produzione autentica o autenticata del
certificato (come le dichiarazioni bancarie), compromettendo,
altrimenti, la regola generale di semplificazione documentale nei
rapporti cittadino-P.A..
T.A.R.
Piemonte – Torino
Sezione I
Sentenza 26 ottobre 2009, n. 2334
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 750 del 2009, proposto da:
Impresa
Costruzioni X. Geom. Y. S.r.l. e Arcadia Costruzioni Sportive S.r.l.,
in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore,
rappresentati e difesi dagli avv. Maurizio Boifava e Luigi Gili, con
domicilio eletto presso l’avv. Luigi Gili in Torino, via Vela, 29;
contro
Provincia
di Novara, in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e
difeso dall’avv. Marta Ferrarese, con domicilio eletto presso l’avv.
Daniela Rulent in Torino, corso V. Emanuele II, 170;
nei confronti di
Impresa
Amigliarini S.n.c., Edildebres Coop. a r.l., New Scavi S.r.l., Etv
Euromontaggi di Trotta Vito, in persona dei rispettivi legali
rappresentanti pro tempore, non costituiti in giudizio;
per l’annullamento
–
del processo verbale delle operazioni di gara tenutesi il 8/6/29009,
afferente la procedura aperta bandita dall’ente locale per
l’affidamento della “costruzione nuova sede della Croce Rossa Italiana
di Borgomanero, in esito al quale i preposti alla gara hanno dapprima
comminato l’esclusione delle ricorrenti e, di seguito, pronunziato
l’aggiudicazione provvisoria al costituendo R.T.I. controinteressato;
–
della lex specialis della procedura ed, in particolare, la previsione
di cui all’art. 3.a)4. del disciplinare di gara (cfr. All. n. 2 bis);
–
di ogni altro provvedimento o atto amministrativo, comunque risalente
all’amministrazione aggiudicatrice de qua, connesso od attuativo, ivi
compresa, se ed in quanto esistente, ancorché ad oggi non conosciuta,
la determinazione dirigenziale di aggiudicazione definitiva
dell’appalto di cui è gravame e per la conseguente condanna della
stazione appaltante, ai sensi e per gli effetti degli artt. 23 bis l.
1034/71, 33 lett. d) e 35 del D. Lgs 80/1998 e 245 D. Lgs. 163/2006..
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Provincia di Novara;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore
nell’udienza pubblica del giorno 08/10/2009 il Primo Referendario dott.
Paolo Giovanni Nicolo’ Lotti e uditi per le parti i difensori come
specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Con
il ricorso in oggetto, parte ricorrente espone che la Provincia di
Novara, con bando pubblicato il 7.5.2009, indiceva una procedura ad
evidenza pubblica avente ad oggetto la costruzione della nuova sede
della croce rossa italiana di Borgomanero, il cui importo a base
d’asta, determinato a corpo, era pari ad euro 989.565,16, da
aggiudicarsi ai sensi dell’art. 82, comma 2, lett. b) del D. Lgs.
163/2006, con il criterio del prezzo più basso sull‘importo dei lavori
al netto degli oneri di sicurezza.
Si espone che il
disciplinare di gara, al punto 3.a).4, quanto a termini e modalità di
presentazione dell’offerta, e, in particolare, per la produzione delle
certificazioni di qualità, stabiliva che tali certificazioni di
qualità, UNI CEI ISO 9000, rilasciate da organismi accreditati ai sensi
delle norme europee della serie UNI CEI EN 45000 e della serie UNI CEI
EN ISO/IEC 17000, dovevano essere allegate, a pena di esclusione,
tramite il relativo certificato in originale o in copia autenticata da
un’Autorità Amministrativa o da un Notaio, ovvero tramite attestazione
SOA in originale o copia autenticata da un’Autorità Amministrativa o da
un Notaio, a pena di esclusione.
Si espone ancora che l’impresa
Arcadia, componente dell’ATI ricorrente, aveva prodotto copia della
certificazione di qualità UNI EN ISO 9001-2000 14001-2004 riportante la
dicitura “copia conforme all’originale” apposta mediante timbro,
debitamente sottoscritta dal legale rappresentante ed accompagnata
dalla fotocopia della carta d’identità, sia del legale rappresentante
stesso, che del direttore tecnico.
In esito alle operazioni
effettuate nella seduta pubblica in data 8.6.2009, con nota 10.6.2009,
l’Amministrazione comunicava al costituendo ATI che non era stato
ammesso alla gara in quanto aveva usufruito dei benefici previsti
dall’art. 40, comma 7, del D. Lgs. n. 163-06 (cauzione ridotta del
50%), ma aveva allegato fotocopia della certificazione di qualità,
relativa alle due, ditte non autenticate da un’Autorità Amministrativa
o da un Notaio, come espressamente previsto al punto 3.a).4 del
disciplinare allegato al bando di gara.
Secondo parte ricorrente, il provvedimento in epigrafe indicato sarebbe illegittimo, per i seguenti motivi:
1.
Violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 2 e
75, comma 7, del d. lgs. 163/2006. Violazione e falsa applicazione
degli artt. 19, 38, 47, 71 e 77-bis del d.p.r. 445-2000. Violazione e
falsa applicazione degli artt. 1 e 6 l. n. 241/1990. Violazione e falsa
applicazione dei principi informanti le procedure ad evidenza pubblica
sub specie di ragionevolezza, logicità e proporzionalità nella
predisposizione delle cause di esclusione. Violazione e falsa
applicazione dei principi informanti l’incedere amministrativo sub
specie di principio di non aggravamento e semplificazione dell’agire
amministrativo. Eccesso di potere per sviamento, illogicità ed
ingiustizia manifesta.
Si costituiva l’Amministrazione intimata chiedendo il rigetto del ricorso.
Con
ordinanza cautelare di questa sezione n. 579 del 16 luglio 2009, veniva
accolta la domanda di sospensione del provvedimento impugnato.
Alla pubblica udienza dell’8 ottobre 2009, il ricorso veniva posto in decisione.
DIRITTO
Rileva
il Collegio che l’ordinanza cautelare di questa sezione n. 579 del 16
luglio 2009 aveva già accolto la domanda di sospensione, considerata la
tassatività ed eccezionalità dei limiti agli strumenti di
semplificazione previsti dall’ordinamento in punto produzione
certificazioni, limiti che devono trovare una qualche ragionevole
giustificazione, nella specie, non ravvisabile.
In effetti, la
lex specialis della procedura e, in particolare l’art. 3.a).4,
prescriveva espressamente che i concorrenti in possesso della
certificazione di qualità UNI CEI ISO 9000, rilasciata da organismi
accreditati ai sensi delle norme europee della serie UNI CEI EN 45000 e
della serie UNI CEI EN ISO/IEC 17000, ovvero della dichiarazione della
presenza di elementi significativi tra loro correlati di tale sistema,
ai sensi dell’art. 40, comma 7, del D Lgs 163 del 12.04.2006
usufruivano della riduzione del 50%; dovevano, però, allegare, a pena
di esclusione, il relativo certificato in originale o copia autenticata
da un’Autorità Amministrativa o da un Notaio, a pena di esclusione,
ovvero attestazione SOA in originale o copia autenticata da un’Autorità
Amministrativa o da un Notaio, a pena di esclusione.
E’ evidente
che le formalità di produzione documentale di cui alla norma richiamata
sono inequivocabilmente prescritte a pena di esclusione.
Ed è
pur vero che il meccanismo competitivo proprio della gara d’appalto è
tale per cui la lettera della lex specialis non è passibile di
interpretazioni estensive, dato che le stesse si tradurrebbero in una
violazione procedimentale in danno dei concorrenti che si sono
allineati alla legge di gara in modo pedissequo, osservandone alla
lettera le prescrizioni (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 11 maggio
2009, n. 2871).
Ciò che si contesta, ed infatti è oggetto di
impugnazione da parte del ricorrente, è la stessa clausola di bando
così come formulata (e doverosamente applicata, non potendo
l’Amministrazione disapplicarla, ma occorrendo una previa pronuncia in
via di autotutela che ritiri il bando), che si deduce come illegittima.
E’
anche condivisibile, in via teorica, il principio secondo cui laddove
la lex specialis di gara prescrive che determinati requisiti possono
essere provati soltanto con la produzione di determinati documenti, va
esclusa la possibilità per l’impresa concorrente di ricorrere allo
strumento alternativo della dichiarazione sostitutiva di atto notorio,
perché ciò significherebbe forzare il meccanismo delle regole di gara e
violare il principio della par condicio fra i concorrenti (cfr.
Consiglio di Stato, sez. V, 11 maggio 2009, n. 2871).
Tuttavia
tale principio non può essere applicato in modo assoluto, ma deve
essere graduato a seconda dei fatti che devono essere provati in sede
di gara.
Nel caso di cui alla predetta pronuncia del giudice di
appello si trattava di dimostrare, nello specifico, un dato relativo
alla proprietà e alla potenza dei mezzi occorrenti per la prestazione
del servizio richiesto (occorreva la produzione della carta di
circolazione o del certificato di idoneità tecnica alla circolazione
dei mezzi da impiegare nell’espletamento del servizio di spalamento
della neve e di spargimento del sale per il quinquennio 2005/2010) e,
per tale motivo, è stata esclusa la dichiarazione sostitutiva.
Si
trattava, perciò, di una clausola di esclusione del tutto ragionevole,
attesa la valenza tecnica del certificato che doveva essere oggetto di
valutazione.
Non si trattava, pertanto, di una questione
relativa al possesso o meno di un certificato o di un attestato, ma si
trattava di una questione relativa al possesso di determinati requisiti
tecnici, per i quali, del tutto ragionevolmente, ai fini della serenità
della valutazione degli stessi, e vista la peculiarità del loro
contenuto, se ne richiedeva la dimostrazione con mezzi di prova formali
e tipizzati, con esclusione degli ordinari criteri di semplificazione.
E,
infatti, questa Sezione, con l’ordinanza cautelare surrichiamata, ha
affermato nettamente la tassatività ed eccezionalità dei limiti agli
strumenti di semplificazione previsti dall’ordinamento in punto
produzione certificazioni, limiti che devono trovare una qualche
ragionevole giustificazione che, nella specie, non è ravvisabile.
Dovendo,
infatti, i ricorrenti, dimostrare esclusivamente il possesso del
certificato di qualità e l’attestazione SOA, si deve ritenere
sufficiente la produzione della stessa autocertificata.
L’obbligo
imposto di produrre il certificato in originale o in copia autentica,
ben lungi dal costituire un “eccesso di scrupolo” della Stazione
appaltante (cfr. 8 dicembre 2008, n. 958), costituisce inadempimento
gravoso, inutile e contrastante con i principi di semplificazione che
la migliore dottrina ha recentemente qualificato come principi di
valenza costituzionale (cfr. C. cost 350 del 2008).
Si deve
rammentare, in proposito che l’art. 47 del Decreto del Presidente della
Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, dedicato alle dichiarazioni
sostitutive dell’atto di notorietà afferma che “l’atto di notorietà
concernente stati, qualità personali o fatti che siano a diretta
conoscenza dell’interessato è sostituito da dichiarazione resa e
sottoscritta dal medesimo con la osservanza delle modalità di cui
all’articolo 38. La dichiarazione resa nell’interesse proprio del
dichiarante può riguardare anche stati, qualità personali e fatti
relativi ad altri soggetti di cui egli abbia diretta conoscenza”.
Il
successivo art. 48, dedicato alle “Disposizioni generali in materia di
dichiarazioni sostitutive” dispone che “Le dichiarazioni sostitutive
hanno la stessa validità temporale degli atti che sostituiscono. Le
singole amministrazioni predispongono i moduli necessari per la
redazione delle dichiarazioni sostitutive, che gli interessati hanno
facoltà di utilizzare. Nei moduli per la presentazione delle
dichiarazioni sostitutive le amministrazioni inseriscono il richiamo
alle sanzioni penali previste dall’articolo 76, per le ipotesi di
falsità in atti e dichiarazioni mendaci ivi indicate. Il modulo
contiene anche l’informativa di cui all’articolo 10 della legge 31
dicembre 1996, n. 675”.
L’art. 38 (Modalità di invio e
sottoscrizione delle istanze), al comma 3, soggiunge che “Le istanze e
le dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà da produrre agli
organi della amministrazione pubblica o ai gestori o esercenti di
pubblici servizi sono sottoscritte dall’interessato in presenza del
dipendente addetto ovvero sottoscritte e presentate unitamente a copia
fotostatica non autenticata di un documento di identità del
sottoscrittore. La copia fotostatica del documento è inserita nel
fascicolo. Le istanze e la copia fotostatica del documento di identità
possono essere inviate per via telematica”.
Infine, l’art. 19 di
detto D.P.R., applicabile nel caso di specie, e dedicato alle modalità
alternative all’autenticazione di copie, stabilisce che “la
dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà di cui all’articolo 47
può riguardare anche il fatto che la copia di un atto o di un documento
conservato o rilasciato da una pubblica amministrazione, la copia di
una pubblicazione ovvero la copia di titoli di studio o di servizio
sono conformi all’originale. Tale dichiarazione può altresí riguardare
la conformità all’originale della copia dei documenti fiscali che
devono essere obbligatoriamente conservati dai privati”.
In
linea generale, come è noto, l’autocertificazione consiste nella
facoltà, riconosciuta ad ogni interessato, di comprovare, con una
propria dichiarazione, in sostituzione dei normali certificati, diversi
fatti, stati o qualità personali, quali la data e il luogo di nascita,
la residenza, la cittadinanza, il godimento dei diritti civili e
politici e così via.
L’autocertificazione conosce due
principali forme: la dichiarazione sostitutiva dell’atto di
certificazione e la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà.
La prima sostituisce le attestazioni e i certificati, resi dalle
pubbliche amministrazioni. La seconda riguarda fatti, stati o qualità
personali, che siano a diretta conoscenza dell’interessato. Entrambe si
configurano come diverso modo di intendere l’azione amministrativa, in
una prospettiva di potenziamento del favor verso il cittadino e della
fiducia nei documenti informativi da esso formati e presentati alle
amministrazioni.
L’autocertificazione e le dichiarazioni
sostitutive di notorietà sono utilizzabili solo nei rapporti con le
amministrazioni pubbliche, intendendo tutte le amministrazioni dello
Stato, ivi compresi gli istituti e le scuole di ogni ordine e grado, le
istituzioni universitarie, le aziende e le amministrazioni dello Stato
a ordinamento autonomo, le Regioni, Province, Comuni e Comunità
montane, le Camere di commercio e qualsiasi altro ente di diritto
pubblico, compresi gli enti pubblici economici.
Sono, inoltre,
utilizzabili nei rapporti con imprese esercenti servizi di pubblica
necessità e di pubblica utilità: Poste, Enel, aziende concessionarie
del servizio di distribuzione del gas e così via.
L’autocertificazione
e le dichiarazioni sostitutive dell’atto di notorietà non possono
essere, invece, utilizzate nei rapporti fra privati o con l’autorità
giudiziaria nello svolgimento di funzioni giurisdizionali.
Gli
istituti della “semplificazione documentale”, cioè la semplificazione
nella presentazione di documenti alla pubblica amministrazione,
attraverso i principi dell’autocertificazione, hanno palesato, sin
dalla loro introduzione, un’applicazione più che controversa
nell’ambito delle procedure di gara dei pubblici appalti.
Infatti,
parte della giurisprudenza (ex multis: Tar Lombardia, terza sezione,
2099/02) escludeva la loro estensione alle procedure di evidenza
pubblica, sulla base di un profilo di specialità che
contraddistinguerebbe le procedure medesime.
In particolare,
con riferimento ai requisiti di “ordine penale”, la citata
giurisprudenza evidenziava, a sostegno del proprio orientamento, la
nuova formulazione dell’articolo 75 del DPR 554/99, così come
modificato dal DPR 412/00. Infatti, con la modificazione ora indicata,
l’articolo 75, comma 2, stabilisce che i concorrenti in un pubblico
appalto debbono “dimostrare, mediante la produzione di certificato del
casellario giudiziale o dei carichi pendenti, che non ricorrono le
condizioni prescritte al medesimo comma 1, lettere b) e c”). Sembrava
evidente, partendo dal mero dato letterale della norma, secondo la
lettura della giurisprudenza (fra cui TAR Abruzzo, L’Aquila, 617/01;
TAR Liguria, seconda sezione, 848/02; TAR Marche 950/02; Consiglio di
Stato, quinta sezione, 4752/02), che la medesima costituisca deroga
alle norme generali in tema di autocertificazione, in quanto richiede
espressamente la produzione di certificati.
Tuttavia, non erano
mancate decise voci contrarie, come quella rappresentata da una
pronuncia del TAR Campania (prima sezione, 7380/02), nella quale veniva
espressamente affermato che “il Testo unico sulla documentazione
amministrativa esprime principi semplificativi di portata generale, i
quali risultano pienamente applicabili anche alla normativa sugli
appalti”.
L’orientamento restrittivo può considerarsi
integralmente superato a seguito del sopravvenire dell’articolo 15 del
collegato ordinamentale alla legge finanziaria 2003 (legge 3/2003).
Tale articolo, integrando l’articolo 77 del DPR 445/00, prevede
l’estensione degli istituti di semplificazione anche nelle procedure di
aggiudicazione e affidamento di opere pubbliche o di pubblica utilità,
di servizi e di forniture, ancorché regolate da norme speciali.
Dunque,
l’autocertificazione ha oramai acquisito piena cittadinanza nell’ambito
delle procedure di gara pubblica, per cui, attualmente, le imprese
autodichiarano, talora attraverso agevoli modelli opportunamente
predisposti dalle stazioni appaltanti più diligenti, praticamente tutti
i requisiti di partecipazione, fatti salvi, ovviamente, i controlli sul
soggetto aggiudicatario e quelli rientranti nel particolare istituto
della verifica a campione.
In linea solo esemplificativa, i più
importanti requisiti di gara, in regime di autodichiarazione, sono i
seguenti: inesistenza di violazioni gravi, definitivamente accertate,
alle norme in materia di contribuzione sociale, secondo la legislazione
del paese di residenza; insussistenza dello stato di fallimento, di
liquidazione coatta, di amministrazione contX.ta o di concordato
preventivo e insussistenza di procedimento in corso per la
dichiarazione di una di tali situazioni; non commissione di gravi
infrazioni, debitamente accertate, alle norme in materia di sicurezza e
ogni altro obbligo derivante dai rapporti di lavoro e adempimento degli
obblighi di sicurezza, ex legge 327/00; di essersi recato sul posto
dove devono eseguirsi i lavori e di aver preso conoscenza delle
condizioni locali, nonché di tutte le circostanze generali e
particolari che possono aver influito sulla determinazione dei prezzi e
delle condizioni contrattuali; insussistenza di situazioni di
controllo, ex articolo 2359 c.c., o di collegamento, con altre ditte
concorrenti; l’inesistenza di sentenza di condanna passata in
giudicato, oppure di applicazione della pena su richiesta, ai sensi
dell’articolo 444 del c.p.p., per reati che incidono sull’affidabilità
morale e professionale; di essere in regola con la normativa
disciplinante il diritto del lavoro dei disabili (legge 68/1999).
Occorre,
infatti, muovere dalla considerazione fondamentale che il legislatore,
fin dal lontano 1968, ha previsto la facoltà dei cittadini di forgiare
autonomamente attestazioni connotate da una certezza legale
privilegiata, senza alcuna mediazione di una pubblica autorità
legittimata a emanare atti fidefacenti.
Tale importante
facoltà, diretta anche a democraticizzare l’azione amministrativa, in
quanto avvicina il cittadino alla medesima, venne accompagnata dalla
previsione di opportune cautele, consistenti in accorgimenti formali
intesi a rafforzare l’autoresponsabilità del dichiarante. Tali cautele,
infatti, erano dirette a perseguire un duplice obiettivo: rendere
pienamente consapevole il cittadino della gravi conseguenze derivanti
dall’eventuale accertamento della falsità di quanto dichiarato, e
obbligarlo a comprovare esattamente la sua identità, in modo da
eliminare, in via preventiva, ogni dubbio sulla paternità di un
ipotetico falso. Dunque, richiamo dell’importanza di ciò che si intende
dichiarare e prova dell’identità del dichiarante. Questo duplice
obiettivo venne, inizialmente, conseguito attraverso la prescrizione di
un’apposita autenticazione della sottoscrizione del dichiarante
(articolo 20 legge 15/1968).
Successivamente, il legislatore,
per poter realizzare un rapporto di maggior fiducia con il cittadino,
ha semplificato ancor più le autodichiarazioni, stimando
alternativamente sufficiente, ai fini del conferimento del crisma della
certezza, alle dichiarazioni sostitutive formate dai privati, o che
esse fossero sottoscritte in presenza del dipendente addetto a
riceverle o, in tutti gli altri casi, che alle stesse fosse unita una
copia fotostatica non autenticata di un documento di identità del
sottoscrittore.
In particolare, come detto, l’art. 19 di detto
D.P.R. applicato nel caso di specie, e dedicato alle modalità
alternative all’autenticazione di copie, stabilisce che “la
dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà di cui all’articolo 47
può riguardare anche il fatto che la copia di un atto o di un documento
conservato o rilasciato da una pubblica amministrazione, la copia di
una pubblicazione ovvero la copia di titoli di studio o di servizio
sono conformi all’originale.
Di tale disposizione è stata fatta
applicazione nel caso di specie, poiché è stata prodotta la copia
fotostatica del certificato richiesto, con la dizione, della sua
corrispondenza all’originale, con la relativa sottoscrizione. A tale
copia era allegato il documento di identità.
Pertanto, anche se
in maniera sintetica, vengono riprodotte le formalità di cui al
predetto art. 19, con conseguente regolarità dell’autocertificazione.
L’autocertificazione,
essendo, come appena evidenziato, anche con riferimento all’evoluzione
giurisprudenziale sul punto, una regola generale anche nel settore
degli appalti pubblici, deve trovare generale applicazione, salvo
eccezioni specifiche della legge; per esemplificare, l’art. 41 del
Codice appalti stabilisce che “negli appalti di forniture o servizi, la
dimostrazione della capacità finanziaria ed economica delle imprese
concorrenti può essere fornita mediante uno o più dei seguenti
documenti: a) idonee dichiarazioni bancarie; b) bilanci o estratti dei
bilanci dell’impresa; c) dichiarazione concernente il fatturato globale
d’impresa e l’importo relativo ai servizi o forniture nel settore
oggetto della gara, realizzati negli ultimi tre esercizi”.
In
relazione alla relativa documentazione il legislatore si premura di
specificare che “il concorrente attesta il possesso dei requisiti
previsto nelle lettere b) e c) mediante dichiarazione sottoscritta in
conformità alle disposizioni del decreto del Presidente della
Repubblica 28 dicembre 2000 n. 445; al concorrente aggiudicatario è
richiesta la documentazione probatoria, a conferma di quanto dichiarato
in sede di gara. Il requisito di cui al comma 1, lettera a), è
comprovato con dichiarazione di almeno due istituti bancari o
intermediari autorizzati ai sensi della 1° settembre 1993 n. 385”.
Pertanto,
nell’ipotesi di specie, la regola generale è l’applicazione delle
disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28
dicembre 2000 n. 445; è l’eccezione “dichiarazioni bancarie”, che viene
individuata con caratteri di specialità, in relazione alla specificità
della predetta condizione di partecipazione.
In relazione alla
dimostrazione della capacità tecnica e professionale dei fornitori e
dei prestatori di servizi, l’art. 42, comma 4, del Codice appalti
conferma la presenza di tale regola generale, atteso che si dispone che
i requisiti previsti dal citato articolo possono essere provati in sede
di gara mediante dichiarazione sottoscritta in conformità alle
disposizione del decreto del Presidente della Repubblica del 28
dicembre 2000 n. 445.
Per altro verso, l’autocertificazione,
potrebbe essere esclusa, per ragioni specifiche, anche per scelta
dell’Amministrazione, in sede di redazione del bando, scelta che deve,
tuttavia, trovare qualche giustificazione, anche implicita, relativa
all’essenzialità della produzione autentica o autenticata del
certificato, compromettendo altrimenti la regola generale di
semplificazione documentale nei rapporti cittadino-P.A.
Nel caso
di specie, non soltanto non è ravvisabile una tale giustificazione
negli atti della procedura di gara, ma una tale giustificazione non è
stata fornita neppure dalle difese in questo giudizio e, pertanto, ciò
non ne ammette la sussistenza nella fattispecie.
Pertanto, alla
luce delle predette argomentazioni, il ricorso deve essere accolto e,
conseguentemente, devono essere annullati i provvedimenti impugnati.
Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio.
P.Q.M.
Il
Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, I sezione,
pronunciandosi sul ricorso in epigrafe indicato, lo accoglie e, per
l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati.
Compensa tra le parti le spese del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 08/10/2009 con l’intervento dei Magistrati:
Franco Bianchi, Presidente
Paolo Giovanni Nicolo’ Lotti, Primo Referendario, Estensore
Richard Goso, Primo Referendario
Depositata in cancelleria il 26 ottobre 2009.