Taglio cesareo e morte del nascituro: risarcimento si estende anche al padre
Con la sentenza n. 14405/2011 la Corte di Cassazione torna ad occuparsi di responsabilità medica, con riferimento al caso di parto mediante taglio cesareo con estrazione del nascituro privo di vita.
La pronuncia si segnala, prima di tutto, per la pregevolezza delle argomentazioni giuridiche, attraverso cui la terza sezione della Suprema Corte ha sciolto le intricate questioni processuali sottese ai motivi di ricorso proposti dalle parti, in punto di ammissibilità e di fondatezza, inerenti principalmente ai rapporti tra il processo penale e il processo penale e, per altro verso, all’oggetto ed ai limiti del giudizio di Cassazione.
Sul piano del diritto sostanziale ed in relazione, dunque, all’analisi della fattispecie di responsabilità riferibile al medico cui sia affidata l’esecuzione del taglio cesareo, la sentenza si segnala in quanto rappresenta un’ulteriore conferma dell’orientamento, già precedentemente espresso dalla giurisprudenza di legittimità, in ordine alla qualificazione giuridica del rapporto che si instaura tra medico ed i genitori, segnatamente con riferimento al padre del nascituro.
La Terza Sezione, in particolare, conferma che – nella fattispecie – viene in considerazione un rapporto di natura obbligatoria con effetti protettivi non solo nei confronti delle parti del rapporto stesso, ossia il medico e la partoriente, ma anche nei confronti del terzo, ossia del padre del nascituro, “in relazione allo interesse costituzionalmente protetto della integrità del nuovo nucleo familiare in relazione alla nascita programmata e sperata”.
Originariamente elaborato dalla dottrina tedesca al fine di superare il limite della tipicità degli illeciti extracontrattuali, la figura del contratto con effetti protettivi nei confronti di terzi, che qui si specifica ulteriormente in termini di rapporto obbligatorio che trae fonte dal contatto sociale tra medico e paziente, trova ormai definitivo riconoscimento anche da parte della nostra giurisprudenza, al fine di garantire tutela risarcitoria ai soggetti che, benché non siano direttamente parte del contratto (o del rapporto obbligatorio) siano portatori di diritti ed interessi di rango primario suscettibili di lesione nell’ambito dell’esecuzione dello stesso.
Verificandosi una siffatta situazione, il diritto assoluto esposto a rischi di danno – ancorché facente capo ad un terzo – afferisce al contratto, che per tale via estende i suoi effetti protettivi anche oltre la sfera soggetti che ne sono parte.
Sul piano della responsabilità risarcitoria, da una simile ricostruzione deriva una responsabilità contrattuale diretta del debitore (nella specie il medico) nei confronti del terzo “protetto” (il padre del nascituro), il quale avrà pertanto titolo di richiedere ed ottenere il risarcimento del danno in applicazione dello schema desumibile dall’art. 1218 c.c.