Tasse, pressione fiscale record. Più imposte per 41 miliardi
Nel 2012 la pressione fiscale raggiungerà un livello superiore al 45 per cento, ben più alto anche del 43,4 toccato nel 1997 nel momento del massimo sforzo per l’ingresso del nostro Paese nell’euro.
Eppure, i numeri del Documento di programmazione economica segnalano per il 2013 un calo delle entrate totali di oltre 20 miliardi rispetto alle stime di dicembre, a causa del peggioramento dello scenario economico. L’apparente contraddizione esprime molto bene il dilemma di politica economica che il governo si trova a fronteggiare: da una parte può essere inevitabile spingere sul pedale del fisco per assicurare l’azzeramento del deficit, dall’altra però la contrazione dell’economia, a cui concorrono le stesse misure di rigore, ha un effetto negativo anche sul bilancio pubblico.
Va ricordato che la pressione fiscale esprime non il livello teorico delle aliquote, ma il rapporto percentuale tra il complesso delle entrate effettive (realizzate o previste) e il prodotto interno lordo. Nelle entrate sono incluse non solo quelle tributarie (imposte dirette, indirette e in conto capitale) ma anche i contributi sociali versati da datori di lavoro e lavoratori. Ecco quindi che questo indicatore è piuttosto sensibile all’andamento del ciclo produttivo: non solo perché se l’economia va male lo Stato incassa meno imposte su consumi e utili e meno contributi a causa del calo degli occupati, ma anche perché – in senso strettamente statistico – le entrate totali saranno applicate a un denominatore (il Pil) più basso, con conseguente incremento del rapporto. Il gettito complessivo di imposte e contributi dovrebbe ammontare quest’anno a 716,2 miliardi, cioè appunto il 45,1 per cento del Pil nominale previsto; se la stessa grandezza venisse confrontata con il prodotto interno lordo più favorevole stimato a dicembre, la percentuale risulterebbe più bassa (44,4 per cento).
Nel 2011 la pressione fiscale si era fermata al 42,5 per cento. Per le sole entrate tributarie, tra lo scorso anno e questo è previsto un incremento di ben 41 miliardi, essenzialmente dovuto all’effetto delle misure fiscali contenute nelle varie manovre del 2011 avviate dal precedente governo e poi culminate nel decreto salva-Italia: gli incrementi di accise, il maggior prelievo sugli immobili conseguente all’introduzione dell’Imu, l’aumento dell’Iva dal 20 al 21 per cento già scattato lo scorso autunno e quello di tutte le aliquote programmato per il prossimo ottobre e pienamente incluso nelle stime governative. Le imposte indirette cresceranno, sempre tra 2011 e 2012, di oltre 20 miliardi, quelle indirette di oltre 25; è invece previsto un calo di circa cinque miliardi delle imposte in conto capitale, a carattere straordinario.
Per l’anno successivo, il 2013, è atteso una ulteriore crescita della pressione fiscale, che passerebbe al 45,4 per cento. Per il governo si tratta però di un incremento di tipo differente, dovuto non a misure di inasprimento del prelievo ma ad un miglioramento del quadro macroeconomico, che si tradurrebbe in maggiori ritenute Irpef sul lavoro e un più sostanzioso gettito dell’Iva. L’incidenza complessiva delle entrate resterebbe su livelli molto alti, al 45,3 per cento, anche nel 2014, per poi scendere appena al di sotto del 45 per cento nel 2015.
Nel concetto di pressione fiscale rientra anche l’evasione, che se recuperata porta a parità di Pil un aumento del rapporto, in questo caso virtuoso. Su questo aspetto il governo intende mantenersi molto prudente e per questo ha deciso di rinunciare, nelle stime, a ben 9 miliardi di gettito derivante proprio dal recupero di evasione contabilizzato nella manovra estiva 2010 del precedente esecutivo. Una scelta di cautela che potrebbe però contenere anche un po’ di scetticismo sulla possibilità di recuperare effettivamente quelle somme.