«Tasse su caffè e sigarette non su benzina». E l’Aci lancia la provocazione dello sciopero
Lo «sciopero» degli automobilisti contro
i continui rincari dei prezzi dei carburanti è in programma per il 6 di
giugno. Per 24 ore stop ai rifornimenti, alle 20 euro infiliate
distributore automatico, alla paziente attesa al benzinaio low-cost
vicino al centro commerciale. O almeno è quello che si attende l’Aci che
ha organizzato l’iniziativa, alla quale hanno aderito anche alcune
associazione dei consumatori, come il Codacons. Ma come può funzionare
uno sciopero che sembra andare contro gli stessi interessi della
categoria? Non fare il pieno equivale a lasciare la macchina e in
garage e milioni di italiani non hanno alternative. C’è da dire poi che
forme di proteste simili attuate in passato contro le banche – tipo lo
sciopero dei prelievi- non hanno funzionato. Ma Angelo Sticchi Damiani,
presidente dell’Automobil Club d’Italia è ottimista: «Vogliamo dare un
segnale al governo: basta accise sui carburanti, piuttosto vanno
aumentate e su tabacchi e giochi, o sul caffé. Siamo solidali con le
popolazioni colpite dal terremoto ma elevare ancora la pressione
fiscale significa mandare al collasso milioni di famiglie».
Già, ma il governo ha bisogno di soldi e subito…«Ma
non può funzionare in eterno: la diminuzione dei consumi petroliferi
(benzina -16.1% e gasolio -14.3% ad aprile secondo il Ministero dello
Sviluppo Economico n.d.r.) sta vanificando l’effetto delle accise
statali. Così non ricava più nulla. Anzi, i rincari hanno come effetto
diretto quello di far crollare il mercato dell’auto, così lo Stato perde
anche l’Iva».
Come se ne esce?«Riducendo
la pressione fiscale su benzina e gasolio che sono i prodotti più
tassati in assoluto: il 60% del prezzo è fatto di tasse. Oggi mantenere
un’automobile costa a ogni famiglia fra i 3.500 e i 3.800 euro l’anno,
capisce che è insostenibile. Un dato su tutti fotografa la realtà:
nella giornata di Pasquetta di quest’anno la nostra società di soccorso
stradale ha effettuato 2.500 interventi contro i 5.000 dell’anno scorso.
E non certo perché le auto sono più resistenti».
C’è chi dice meno macchine in giro meno inquinamento, un lato positivo c’è almeno?«Sì,
ma il parco circolante invecchia rapidamente e tantissimi italiani non
possono rinunciare a muoversi con il proprio mezzo privato. Penso alle
piccole aziende, agli artigiani, a chi vive fuori dalle grandi città. E
inoltre in Italia l’industria automobilistica contribuisce in maniera
fondamentale al Prodotto interno lordo».
L’Aci spesso è stata al centro di polemiche, c’è chi la considera un «carrozzone» inutile. A cosa serve oggi?«E’
un giudizio sbagliato e ingeneroso. Siamo un ente complesso che non
grava sui bilanci dello Stato. Abbiamo investito tanto per rendere
efficiente il Pra e ora funziona. Dobbiamo difendere gli interessi dei
35 milioni di automobilisti italiani e presentarci come interlocutori
del governo su temi di sicurezza e mobilità. E lanciare sempre proposte
innovative».