Teramo: Equitalia lo tartassa, lui la fa condannare
Vittima di un’incredibile serie di errori, si prende la sua rivincita facendo condannare Equitalia e la prefettura di Vibo Valentia, dopo che una sua auto, una Citroen – venduta nel frattempo a un conoscente – è stata sottoposta a fermo amministrativo.
Tutto inizia nel 1989, quando Ceci, il protagonista di questa vicenda, vende la sua auto a una signora di Verona, con passaggio di proprietà regolamente iscritto al Pra. Ma nel 2004 Equitalia sud dispone il fermo di una Citroen, che nel frattempo Ceci aveva venduto a un conoscente. A questo punto iniziano le indagini: l’avvocato invia un’istanza di accesso all’agente per la riscossione in modo da conoscere a quali tributi fosse riferita l’esposizione debitoria e si scopre che si tratta del mancato pagamento di cinque contravvenzioni al codice della strada, fatte dai carabinieri di Limbadi, in provincia di Vibo Valentia, nel 1996.
Il primo errore è stato dunque quello di ritenere Ceci proprietario di un’auto venduta ben sette anni prima. Equitalia, poi, senza alcun controllo sulla legittimità del credito per cui aveva avviato l’esecuzione, emette la cartella esattoriale per un importo di 799, 48 euro. L’avvocato a questo punto chiede alla prefettura di Vibo Valentia l’annullamento dei verbali di contestazione con l’invito a trasmettere gli atti all’agente di Equitalia per la cancellazione del fermo della Citroen. Ma solo nel 2011, il fermo dell’autovettura viene cancellato. Inoltre, le multe fatte dai carabinieri il 21 marzo 1996 e la cartella notificata nel 2001 erano comunque da dichiararsi prescritti. Inizia dunque una seconda fase della battaglia: l’avvocato è costretto a fare una opposizione ai sensi dell’articolo 615 del codice di procedura civile davanti al giudice di pace di Atri il quale finalmente, nel maggio scorso, mette fine a un incubo durato quasi dieci anni. Il giudice di pace accoglie il ricorso, annulla la cartella esattoriale e condanna la prefettura di Vibo Valentia ed Equitalia Sud al pagamento a favore del ricorrente delle spese di lite, cioè mille euro.
Fonte: ilcentro.gelocal.it