“Tortura in Tunisia”, Cassazione dice no alle espulsioni
Come emerge da rapporti “di affidabili organizzazioni internazionali
come Amnesty International e Human Rights Watch, corroborati da
relazioni del Dipartimento di Stato americano”, la Tunisia pratica la tortura, e quindi le autorità italiane non possono ordinare il rimpatrio di clandestini nel Paese africano. A sostenerlo è la Cassazione, che ha quindi detto “no” all’espulsione di quattro tunisini condannati per terrorismo.
Secondo
la suprema corte, “il governo italiano e tutte le istituzioni della
Repubblica, compresi gli organi giurisdizionali nell’ambito delle
rispettive competenze, e specificamente in materia di misure di
sicurezza, il magistrato di sorveglianza”, non possono ordinare il
rimpatrio di immigrati tunisini che abbiano commesso reati in Italia,
per i quali oltre alla condanna è prevista anche l’espulsione. L’ordine
di non rimpatriare gli immigrati verso la Tunisia, per gli ermellini, è
infatti anche una “inibizione obbligatoria” diretta al governo italiano
ed emanata dalla Corte europea dei Diritti dell’Uomo, che l’ha
comunicata alla rappresentanza permanente d’Italia presso il Consiglio
d’Europa, con una nota trasmessa il 15 aprile.
I Supremi giudici
rilevano che il divieto vale “fino a quando non sopravvengono in
Tunisia fatti innovativi idonei a mutare la situazione di allarme
descritta nella decisione della Corte europea dei Diritti dell’Uomo,
tali da offrire affidabile e concreta dimostrazione di garanzia di
pieno rispetto” del divieto di tortura. La misura dell’espulsione potrà
quindi, eventualmente, essere sostituita “con altra misura di
sicurezza”.
Il verdetto si riferisce al ricorso presentato da
sei tunisini, nei confronti di quattro dei quali era stato emesso
l’ordine di espulsione al termine dell’espiazione della pena. Nessuno
di loro, stando ai giudici, potrà invece essere espulso, in quanto in
Tunisia, viene praticata la tortura “spesso durante il fermo e allo
scopo di estorcere confessioni”, con “tecniche” che vanno “dalla
sospensione al soffitto alle minacce di violenza sessuale, passando per
le scariche elettriche, l’immersione della testa in acqua, le percosse
e le bruciature di sigaretta”. Tutte “pratiche che senza alcun dubbio
raggiungono la soglia di gravità richiesta dall’art.3 della Convenzione
dei Diritti dell’Uomo” che ne vieta l’uso.
Per quanto riguarda
gli imputati tunisini, la Cassazione ha confermato la condanna per
Arman Ahemed el Hissini Helmy (tre anni e otto mesi), Maaouy Lofti Ben
Sadok (due anni), Ben Yahia Mouldi Ben Rachid (10 anni), Hekiri Hichem
Nem Mohamed (cinque anni e sei mesi), Kneni Kamel (cinque anni) e
Sahraoui Nessim Ben Romdhane (sei anni). Nei confronti di Sahraoui è
stata annullata la condanna di primo e secondo grado, per errori nella
dichiarazione di contumacia. Annullata con rinvio anche la condanna per
Hekiri Hichem Nem Mohamed e per Knemi Kamel, per errori nella
valutazione della prova. Per gli ultimi quattro imputati l’espulsione
non potrà essere eseguita.