Totò Riina indagato per la strage del treno 904
Il capo dei capi di Cosa Nostra, Salvatore Riina, è indagato dalla Procura della Repubblica di Napoli, Direzione distrettuale antimafia, per la strage del rapido 904. Riina ha ricevuto in carcere una ordinanza di custodia cautelare per strage firmata dai pubblici ministeri napoletani. La strage del treno rapido 904 avvenne il 23 dicembre del 1984 e costò la vita a 15 persone. Riina è in carcere al regime del 41 bis, dopo essere stato catturato dai carabinieri a Palermo nel 1993 dopo una latitanza durata oltre trent’anni.
IL MANDANTE – L’ordinanza è stata notificata, stamattina, al boss dai carabinieri del Ros. L’atto giudiziario è firmato dal gip di Napoli, Carlo Modestino su richiesta del pm della Dda, Paolo Itri e Sergio Amato, e del procuratore aggiunto Sandro Pennasilico, che ha coordinato il lavoro dei suoi sostituti. Riina è considerato il mandante della strage.
I COLLEGAMENTI CON VIA D’AMELIO E CON FALCONE – Dall’inchiesta napoletana è emerso, tra l’atro, che per la strage del rapido 904 sarebbe stato utilizzato lo stesso tipo di esplosivo adoperato per la strage di via D’Amelio, in cui persero la vita il giudice Paolo Borsellino e cinque agenti della scorta. Non solo: al pari di quella in via D’Amelio, fu utilizzata la stessa combinazione di esplosivi, costituita dal Setex H e da candelotti di dinamite pulverulenta nitroglicerinata, di impiego civile, denominata Brixia B5. Il Brixia 5, a sua volta, è lo stesso tipo di esplosivo che componeva l’ordigno piazzato nella zona antistante la villa dell’Addaura dove avvenne l’attentato al giudice Giovanni Falcone, nel giugno del 1989.
L’ARSENALE DI SAN GIUSEPPE JATO – Un ulteriore collegamento tra la strage del ‘Rapido 904 Napoli – Milano’ e quella di via D’Amelio, sottolinea in una nota il procuratore aggiunto, coordinatore della Dda di Napoli, Alessandro Pennasilico, “è emerso da pregresse attività investigative, da cui risultava che i circuiti integrati dei radiocomandi utilizzati nella strage di via D’Amelio avevano la medesima provenienza di analoghi congegni rinvenuti nel 1996 nell’arsenale di San Giuseppe Jato”. “Le predette schede digitali furono in entrambi i casi assemblate presso la stessa società produttrice di componenti elettroniche, con sede a Treviso, per poi essere commercializzate (quelle ritrovate nell’arsenale), nel gennaio del 1992, da una ditta romana – spiega – il cui titolare si identifica nella stessa persona che, nel 1984, fornì a Schaudinn il materiale elettrico ed elettronico impiegato per la predisposizione dei diversi congegni utilizzati nell’attentato al treno rapido 904”.
LA STRATEGIA DEL DEPISTAGGIO – La strage del rapido 904 si inserì in un preciso disegno strategico di Riina il quale aveva deciso in sostanza di fare apparire l’attentato come un fatto “politico” allo scopo di sviare l’attenzione dello Stato dal vero problema, ovvero l’identificazione dei mandanti della strage. E’ quanto ritengono i magistrati che hanno emesso un ordine di custodia cautelare nei confronti del super boss di Cosa Nostra. Per quanto riguarda l’obiettivo della strage, secondo gli inquirenti essa fu ideata per distogliere l’impegno dello Stato dalla lotta alla mafia verso la diversa finalità del terrorismo eversivo.
IL MESSAGGIO PER IL MAXIPROCESSO – L’episodio si sarebbe inserito nella cosiddetta strategia stragista perseguita dall’ala corleonese della mafia allo scopo di condizionare gli esiti del maxi processo a Cosa Nostra del quale l’attentato fu di fatto una “risposta”.
L’ESPLOSIVO PORTATO A BORDO DALLA CAMORRA – L’esplosivo fu portato a bordo del 904 da soggetti affiliati ad un gruppo camorristico napoletano. Uno di loro salì sul convoglio ferroviario proprio a Napoli, stazione di partenza. E’ uno degli aspetti che emerge dall’inchiesta nell’ambito della quale oggi è scattata un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per Totò Riina, considerato mandante della strage. Era il 23 dicembre del 1984 quando alle ore 18.30, una forte deflagrazione, in prossimità della galleria ferroviaria di San Benedetto Val di Sambro determinò la distruzione di parte del convoglio: 16 le vittime, numerosi i feriti.