Trasparenza sugli scaffali Scadenze ben visibili, indelebili, con caratteri uguali a quelli della quantità CON CARTA D’IDENTITÀ
Etichette sempre più trasparenti per accompagnare il consumatore verso acquisti informati. È un percorso che l’Italia ha imboccato con decisione anche se è ancora segnato da molti ostacoli. L’ultimo tassello l’ha posto il decreto Bersani che ha sancito la fine della «caccia» alla data di scadenza dei prodotti alimentari confezionati. Tra le novità del provvedimento – che introduce un pacchetto di misure per favorire la concorrenza e la difesa del consumatore – c’è infatti anche un restyling dell’etichetta perché diventi ancora più facile da leggere.L’indicazione della «data di scadenza» o comunque del «termine minimo di conservazione» del prodotto alimentare dev’essere ben visibile e stampata con gli stessi caratteri che indicano la quantità del prodotto. E soprattutto deve essere indelebile. Per molti consumatori oggi la ricerca della scadenza è infatti un’impresa ardua, caratteri piccolissimi, nascosti spesso tra le pieghe della confezione e leggibili con difficoltà. Ora si cambia e le industrie hanno tempi stretti per mettersi in regola (180 giorni dall’entrata in vigore del decreto, il 2 febbraio).Dall’etichetta d’altra parte il consumatore si aspetta sempre di più. E la tendenza è di trasformarla in una vera e propria carta d’identità del prodotto. Un vademecum in grado di favorire acquisti intelligenti. Ma il percorso è ancora lungo e complesso. Che il consumatore debba essere informato adeguatamente è un dato di fatto, sulle modalità di fornire indicazioni si registrano però posizioni spesso divergenti. E c’è soprattutto da fare i conti con l’Unione europea che sulla questione delle etichette ha più volte messo in mora l’Italia.Già oggi però molti prodotti viaggiano con un passaporto che ne identifica caratteristiche e provenienza. Dalla carne al latte fresco, dall’ortofrutta al miele l’etichetta-trasparente è arrivata con il consenso pieno della Ue. È ormai dal 2002, sull’onda della crisi di mucca pazza, che le confezioni di carne bovina riportano le informazioni che possono garantire il consumatore sulla provenienza dei capi. E sempre per effetto di un’altra emergenza, quella dell’aviaria, da ottobre 2005 l’origine è obbligatoria anche per le carni avicole. Nessun segreto neppure per il pesce e l’ortofrutta fresca, che già dal 1996 in applicazione di una normativa comunitaria riporta origine, varietà e categoria. L’identikit è impresso sul guscio delle uova, mentre per il miele deve essere indicato il Paese dove è stato raccolto. Dal 2005 le confezioni di latte fresco devono riportare il paese d’origine degli allevamenti. Il provvedimento adottato, con il consenso comunitario chiuse una querelle esplosa con l’introduzione in Italia di una nuova categoria di latte fresco, il microfiltrato a scadenza allungata, su cui si era consumato un duro braccio di ferro tra le principali aziende italiane, Parmalat e Granarolo e che aveva messo in allarme i consumatori.Discorso a parte per la passata di pomodoro: Bruxelles ha autorizzato l’obbligo di utilizzare pomodoro fresco, ma ha bocciato l’indicazione dell’origine. Ma il contenzioso con la Commissione Ue si è consumato soprattutto sulla legge 204 del 2004 che obbliga l’indicazione in etichetta dell’origine della materia prima del prodotto alimentare. Una legge appoggiata dai produttori agricoli, in particolare dalla Coldiretti che ne ha fatto un suo cavallo di battaglia per la difesa del made in Italy alimentare, ma contestata dall’industria favorevole a una forma di autodisciplina concordata da tutti i soggetti della filiera e adottata solo in quei settori che ne possono trarre un effettivo vantaggio. Il passo della normativa è stato sbarrato anche dalla Ue che l’ha bocciata perché in contrasto con le regole della concorrenza.Intanto uno degli ultimi Consigli dei ministri ha approvato la Comunitaria 2007 che recependo il richiamo della Ue prevede la cancellazione delle norme contestate sull’etichetta. Il ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali Paolo De Castro, si è infatti dichiarato favorevole a una più attenta difesa del made in Italy, ma senza entrare in rotta di collisione con i partner. Tenendo conto che su questi temi anche in Europa si avverte oggi una maggiore sensibilità. Tutto quello che si deve sapere