Treviso. Vuole un seno più grande: operata due volte, resta devastata
TREVISO (23 maggio) – Per migliorare il proprio aspetto estetico si è sottoposta a un intervento di chirurgia plastica al seno.
Oggi è una donna distrutta, indebitata, costretta ogni giorno a
percorrere un tunnel esistenziale nel quale i migliori amici sono
psicologi e antidepressivi. La storia di Maria, giovane insegnante trevigiana, è simile a quella di molte altre donne, vittime della superficialità di illustri professori della chirurgia estetica.
La donna, dopo essersi rivolta a numerosi esperti, nel febbraio 2009 si mise nelle mani di un noto professionista veneziano.
L’intervento di mastoplastica additiva bilaterale fu effettuato il 24
di quello stesso mese in una clinica della provincia lagunare. Tre
giorni più tardi, con la rimozione dei drenaggi, l’intervento poteva
dirsi concluso. Ma l’incubo doveva ancora manifestarsi e ci sono volute
alcune settimane perchè ciò accadesse.
All’inizio comparve un’evidente asimmetria dei capezzoli.
La mammella destra, infatti, oltre a essere più piccola dell’altra, era
più alta e spostata verso il centro rispetto alla sinistra che invece
guardava lateralmente: una catastrofe, e non solo dal punto di vista
estetico, perchè associata alla devastazione del seno c’era anche
un’importante sintomatologia dolorosa.
Consapevole dell’insuccesso, il chirurgo le propose dunque un’ulteriore
mastoplastica additiva con rimozione delle vecchie protesi, evento che
risale al 16 giugno in altro poliambulatorio. Ma l’esito fu egualmente disastroso con sintomi che da passeggeri diventarono cronici, in particolare a livello della regione ascellare destra.
Ciò finì per pregiudicare perfino le normali attività quotidiane,
lavorative e relazionali della donna. Maria da quel giorno non può più
fare movimenti impegnativi con il braccio destro. Vive in un perenne
stato ansioso-depressivo, determinato sia dalla consapevolezza delle
cure erronee a cui è stata sottoposta, sia dalle problematiche di
natura economica indotte dal finanziamento che ha dovuto accendere con
le banche per finanziare l’operazione. E tutto ciò va ad aggiungersi al
crescente disagio nei rapporti interpersonali e nella vita di coppia,
con angoscia e perdita di autostima.
Nel tentativo di evitare un terzo intervento, così come proposto dallo
stesso chirurgo, Maria decise quindi di consultare altri specialisti. E
proprio dalle consultazioni mediche sono emerse in modo inequivocabile
l’imperizia, la neglizenza e l’imprudenza del professionista, non solo
nella pianificazione dell’intervento, ma anche per l’intempestiva
individuazione delle complicanze e per un accanimento terapeutico che,
dopo il primo insuccesso, avrebbe obbligatoriamente dovuto evitare.
La causa di risarcimento, avviata dall’avvocato Chiara
Tartari dello studio Gracis, punta a ottenere 90mila euro. Riavere
indietro seno e femminilità, però, rischia di restare un miraggio.
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