Tribunale Palermo, sentenza 07.07.2005 n° 3293
Il Tribunale di Palermo
III Sezione Civile
Sentenza N. 3293-2005
all’esito della discussione orale di cui alla udienza collegiale del 13 maggio 2005, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione respinta, definitivamente pronunciando nel contraddittorio delle parti, così provvede:
in parziale accoglimento delle domande proposte da L.C. e L.V., con atto di citazione notificato il 7 maggio 2004, dichiara la nullità dei contratti di vendita di obbligazioni Del Monte al 6,625% con scadenza il 24.5.2006 per il controvalore di € 10.000.00 sottoscritto in data 08.6.2001 da L.V.; e di obbligazioni Cirio Del Monte al 7,75% con scadenza il 14.3.2005 per il controvalore di € 25.000,00 sottoscritto in data 03.4.2002 da L.C.
condanna Banca XXX alla restituzione in favore degli attori della somma di € 34.754..52, oltre interessi come per legge dalla data della citazione sino al soddisfo; rigetta ogni altra domanda;
Motivi della decisione
L.C. e L.V. espongono di ave concluso, su suggerimento di un promotore finanziario dell’istituto di credito convenuto, tale XX, il quale si era fatto garante della sicurezza e del buon rendimento dell’investimento, contratti di vendita di obbligazioni Del Monte al 6,625% con scadenza il 24.5.2006 per il controvalore di euro 10.000,00 (sottoscritto in data o8.6.2001 da L.V.); e di obbligazioni Cirio Del Monte al 7,75% con scadenza il 14.3.2005 per i controvalore di euro 25.000,00 (sottoscritto in data 03.04.2002 da L.C.).
Lamentano poi la mancata consegna del documento informativo sui rîschi generali correlati agli investimenti finanziari, del contratto di apertura del dossier titoli, della scheda relativa al profilo dell’investitore.
Continuano esponendo che il 3 novembre 2002 uno studio legale inglese ( d. Trustee, organo privato che cura le vicende relative alla sottoscrizione dei titoli), aveva dapprima dichiarato il default (messa in mora) della emittente i titoli in quanto resasi inadempiente alle restituzione dei prestiti alla scadenza e poi il cross default, cioè la dichiarazione di inadempimento di altre prestiti obbligazionari emessi da società facenti parte del gruppo Cirio, ma con sede in Lussemburgo.
Fallito l’investimento e compromessa non solo la possibilità di percepire gli interessi ma addirittura di recuperare il capitale investito, gli attori censurano la condotta negoziale della banca, in riferimento tanto a disposizioni di legge (D. Lgs n 24.2.1998 n. 58, c.d. TUF) che regolamentari (delibera Consob 1.7.1998 n. 11522) disciplinanti in materia dell’intermediazione finanziaria e poste a presidio di interessi generali, taluni di rango costituzionale, ed invocando l’invalidità e inefficacia del contratto concluso.
In particolare contestano alla convenuta:
– di non aver raggiunto un apprezzabile livello di conoscenza dei prodotti finanziari compravenduti;
– di aver contravvenuto agli obblighi Preliminari alla prestazione del servizi di investimento proponendo a risparmiatore inesperto – senza renderlo edotto del rischio connesso all’investimento, senza segnalargli l’inadeguatezza dell’operazione rispetto alle sue propensioni ed anzi fornendogli dichiarazioni fuorvianti – l’acquisto di titoli emessi da una società straniera in uno stato estero, ove non vigevano gli stringenti limiti all’emissione di prestiti obbligazionari dettati dal codice civile italiano a garanzia della restituzione, non quotati nei mercati regolamentati e negoziati solo nei servizi di scambi organizzati, privi di prospetto informativo in quanto destinati ad un pubblico di investitori professionali, non assistiti da alcuna valutazione circa il merito di credito della società emittente;
– di non aver informato il risparmiatore della precipitosa riduzione del valore dei titoli e dunque del patrimonio investito.
Perciò, dopo il rituale scambio di memorie, con l’istanza di fissazione di udienza hanno concluso chiedendo in via principale, accertare e dichiarare la nullità o annullabilità dei contratto di vendita delle obnlioazioni Cirio Dei Monte, stipulati dai sig.ri L. e C. nelle date dell’8/6/2001 e 3/4/200, per violazione del combinato disposto degli arti. 1418 e1343 c.c., art. 21 Dlg . 58/98, artt. 26,27î, 28, 29 del. Consob 1/7/1998; violazione degli artt. 1394, 1395, 1439 c.c.) con conseguente condanna della società convenuta alla restituzione dei capitale investito in obbligazioni Cirio Del Monte ed al risarcimento danni d liquidarsi in via equitativa, oltre interessi e danno da svalutazione monetaria, dal diritto al soddisfo;
in linea subordinata, accertare e dichiarare che nelle operazioni di cessione delle obbligazioni Cirio Del Monte, la Banca XXX ha tenuto per le motivazioni in narrativa, in particolare per l’omissione di informazioni imperative, una condotta violativa dei dovere di buona fede precontrattuale e dell’obbligo di diligenza specifica (artt. 1337, 1375 c.c., art. 21 e art 23 comma 6 D.Lgs 58/98; art. 28 comma 2 e art. 96 comma 2 lett. 3 del Consob 1.7.1998; per !’effetto, condannare la convenuta al risarcimento dei danni subiti e subendi, da liquidarsi in misura pari all’investimento sollecitato, oltre interessi e danni da svalutazione monetaria, dal diritto a soddisfo, ai sensi dell’art. 1224 c.c.: con vittoria delle spese, diritti e onorari del presente giudizio, con distrazione in favore del sottoscritto procuratore, che dichiara di averle interamente anticipate.
Ritualmente costituitasi, Banca XXX chiede il rigetto delle domande. Deduce in dettaglio: che gli attori espressamente rifiutarono di fornire informazioni sulla loro situazione finanziaria e sugli obiettivi di investimento, come risulta dalla richiesta di apertura rapporti sottoscritta il 28 maggio, 2001 (e prodotta in copia), non consentendo alla Banca di valutare compiutamente la adeguatezza delle operazioni, in ogni caso non rischiose per le conoscenze che potevano aversi dei titoli specifici all’epoca dell’acquisto: di avere consegnato il documento esplicativo dei rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari, ed ancora come con i due ordini di acquisto – copia dei quali era stata consegnata ai clienti – costoro erano stati resi edotti delle modalità di esecuzione dell’acquisto operate dalla banca per conto proprio.
Nega, infine, di aver preso parte al consorzio di banche incaricate dei collocamento dei titoli.
E, con la nota ex art. 10 d,lvo 5/2003 ritualmente depositata, ha concluso chiedendo respingere tutte le domande ex adverso formulate nel presente giudizio, in quanto infondate in fatto, ed in diritto e comunque sorovviste di supporto probatorio; per l’effetto assolvere Banca XXX da ogni avversa domanda e pretesa; con vittoria di spese, diritti ed onorari di lite.
Dunque, la pretesa attorea si incentra sulla invalidità del negozio di acquisto delle obbligazioni Cirio Del Monte, nonché sull’addebito all’intermediario finanziario di responsabilità precontrattuale; e per la compiuta disamina delle questioni prospettate è opportuno premettere qualche considerazione preliminare.
La normativa da applicare è quella del T.U. 24.2.1998 n° 58, disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (di seguito TUF), e del successivo regolamento attuativo del 1.7.1998.
Quest’ultimo è il regolamento CONSOB approvato con delibera 1 luglio 1998 n° 1152. avente portata integrativa dei superiori doveri, contenente una precisa e dettagliata prescrizione degli obblighi.
Esaminando questi ultimi; 1’art. 21 del TUF impone agli intermediari nell’attività di servizi di investimenti ed accessori di: a- comportarsi con diligenza. correttezza e trasparenza nell’interesse dei clienti e per l’integrità dei mercati; b- acquisire le informazioni necessarie dei clienti ed operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati: c- organizzarsi in modo tale da ridurre al minimo il rischio di conflitti di interesse e, in situazioni di conflitto, agire in modo da assicurare comunque ai clienti trasparenza ed equo trattamento; d- disporre di risorse e procedure, anche di controllo interno, idonee ad assicurare l’efficiente svolgimento dei servizi; e- svolgere una gestione indipendente, sana e prudente e adottare misure idonee a salvaguardare i diritti dei clienti sui beni affidati.
Dal canto suo il regolamento, per quello che in questa sede interessa, all’art. 28 impone all’intermediario, prima della stipula del contratto di gestione, di chiedere all’investitore ogni notizia sulla sua propensione ai rischio, sulla sua esperienza in materia di investimenti in strumenti finanziari, sulla sua situazione finanziaria, e 1’eventuale rifiuto a fornire le predette informazioni deve risultare dal contratto. Ancora, l’intermediario è tenuto a consegnare al cliente il documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari.
La tipizzazione dei doveri di diligenza implica l’enucleazione della serie di comportamenti che in concreto l’operatore è tenuto a compiere, al fine di rendere 1’operazíone il più possibile trasparente e comprensibile anche ad un cliente scarso conoscitore dei meccanismi del mercato e degli strumenti finanziari. Certamente, la consegna del prospetto informativo del prodotto che il cliente si accinge ad acquistare unitamente alla descrizione verbale delle sue caratteristiche implica adempimento degli obblighi di diligenza. Ulteriori obblighi di carattere più dettagliato mirano a salvaguardare l’investitore da rischi elevati imponendo al soggetto abilitato: di acquisire un’adeguata conoscenza degli strumenti finanziari, dei servizi e dei prodotti diversi, propri o di terzi: di non procedere all’investimento se questo si rivela inadeguato alla situazione finanziaria dell’investitore di non agire in situazioni di conflitto di interessi, di non effettuare operazioni prima di avere assolto prontamente agli oneri di informazione sulla natura dei rischi e sulle implicazioni della specifica operazione, di mettere a disposizione dei clienti documenti e le registrazioni che li riguardano. Tutti tali obblighi sono Codificati rispettivamente dall’art. 26 comma I lett. e) reg. consob 11522/98. dagli artt. 21 comma I lett. b) TUF e, 28 comma I lett. a) reg. Consob n. 11522/98 e dall’art. 29 comma 1 reg. Consob 11522/98, ed impongono all’intermediario finanziario di:
– raccogliere informazioni necessarie dai clienti, richiedendo all’investitore – anche mediante moduli prestampati il cui utilizzo è stato legittimato dalla Consob­ – informazioni sulla sua esperienza in materia di investimenti finanziari, la sua situazione finanziaria, i suoi obiettivi di investimento, la sua propensione ai rischio, annotando l’eventuale rifiuto del cliente a rendere le risposte;
– astenersi dall’effettuare con o per conto degli investitori operazioni, anche se espressamente impartite dal cliente, rispetto a costui non adeguate per tipologia, oggetto, frequenza e dimensione, salvo la ripetizione scritta dell’ordine preceduta dall’esplicazione delle ragioni dell’inadeguatezza.
La finalità di tutti tali doveri è il raggiungimento di un fine superiore, configurato nell’interesse degli investitori e dell’integrità del mercato (art. 1 comma 1 lett. a T.U.F. ed art. 26 comma I del. Consob 11522/98), ovvero quello di assicurare correttezza e trasparenza dell’attività di intermediazione: la corretta interpretazione delle preferenze di investimento dei risparmiatori e la ponderata valutazione dei rischi da parte di costoro riducono l’alea connessa agli investimenti finanziari entro quella connaturata, e perciò insopprimibile, alle operazioni eseguite sul mercato dei valori mobiliari, ed elidono, tendenzialmente, il rischio non necessario, evitando che questo sia addossato in modo inconsapevole al risparmiatore.
Proprio la violazione di tali doveri comporta, secondo l’indirizzo dominante della giurisprudenza, la nullità dei relativi contratti conclusi e ciò in considerazione della peculiare rilevanza degli interessi protetti di natura pubblicistica, identificabili con la tutela dei risparmiatori soggetti deboli e in forte asimmetria informativa rispetto agli operatori abilitati del risparmio pubblico, della correttezza ed efficienza del mercato dei valori mobiliari (Cass. 07/03/2001 n° 3272; Trib. Mantova 18/03/2004).
La sanzione non è posta espressamente dalla norma, ma si ricava agevolmente, secondo quanto con continuità, affermato dalla giurisprudenza di legittimità e di merito (Cass. 7.3.2001 n. 3272, Trib. Treviso 26.11-16.12.2004, Trib. Mantova 12.11.2004, Trib. Taranto 27.10.2004), in considerazione degli interessi pubblicistici, anche di rango costituzionale (art. 47 Cost.) che l’impianto normativo mira a tutelare, identificabili nella tutela dei risparmiatori uti singoli, del risparmio pubblico, come elemento di valore dell’economia nazionale, della stabilità del sistema finanziario, dell’efficienza dei mercato dei valori mobiliari, con vantaggi per 1e imprese e per la economia pubblica (in questi termini, ancorché con riferimento ad altra norma della disciplina dell’intermediazione finanziaria. Cass. 7..3.2001 n. 3272).
Dalla qualificazione in termini di norma imperativa di legge dei precetti comportamentali che sovrintendono all’operato degli intermediari finanziari discende, ai sensi dell’art. 1418 comma I e III c.c., l’affermazione di nullità degli atti negoziali conclusi in loro dispregio.
Per evitare ciò, l’onere di provare di aver agito con la dovuta diligenza richiesta dall’operazione conclusa grava sul soggetto abilitato, a norma dell’art. 23 comma VI T.U.F. (norma che può ritenersi specificazione, in questo particolare settore, di quella desumibile dall’art. 1128 c.c.), convenuto in giudizio dal cliente per i danni a questi cagionati. In questo caso, l’intermediario non deve dimostrare di aver fatto tutto il possibile per adempiere l’obbligazione ma deve dar prova di aver agito con la specifica diligenza, da valutarsi con riguardo all’attività professionale esercitata (art. 1176 II comma c.c.). In caso di pretesa ulteriore di risarcimento del danno (come nel caso di specie) sull’investitore permane 1’onere di provare il danno e il nesso di causalità con la violazione dei doveri allegata.
Tornando ai doveri imposti alla banca, esaminandoli in ordine temporale, essi si sostanziano, intanto, nel dovere di informarsi e nel dovere di informare.
Nel caso concreto, dall’istruttoria espletata è emersa la violazione da parte della convenuta di tali doveri, ed in primo luogo delle regole generali di comportamento sancite dall’art. 21 co. 1 lett. D) TUF: “disporre di risorse e procedure, anche di controllo interno, idonee ad assicurare l’efficiente svolgimento dei servizi” e dall’art. 26 D. Consob 11522/98, tra le quali alla lett. e) è previsto che “Gli intermediari autorizzati, nell’interesse degli investitori e dell’integrità del mercato mobiliare.., acquisiscono una conoscenza degli strumenti finanziari, dai servizi nonché dei prodotti diversi dal servizi di investimento, propri o di terzi, da essi offerti, adeguata ai tipo di prestazione da fornire.”
Detta norma, in dettaglio, pone a carico degli intermediari e nell’interesse degli investitori un obbligo di conoscenza, che è più della semplice informazione, sui prodotti da loro offerti, conoscenza che si estende alla loro provenienza, alla situazione degli stessi nei mercati, alla loro destinazione tra il pubblico dei consumatori.
Va sottolineato che si tratta di conoscenza che il risparmiatore, investitore non professionale, per esperienza, per cultura o per diverso campo lavorativo non potrà mai acquisire. pervenendo ad un giudizio completo sulla operazione finanziaria che si appresta a sottoscrivere. Tanto più, se si considera che la negoziazione in esame è stata posta in essere per un titolo “non quotato” e in assenza di rating, e soprattutto diretto solo al cd. mercato degli investitori professionali (come confermato in sede di interrogatorio libero dal procuratore della Banca – cfr. verbale di udienza collegiale del 28 gennaio 2005 -).
Ancora, e potendosi inquadrare lo schema negoziale posto in essere dalle parti nel contratto di mandato, in ragione del profondo divario di informazioni e cognizioni tecniche possedute dalle parti, con il mandante in posizione di netto svantaggio sul mandatario, quest’ultimo è tenuto, usando della diligenza del professionista avveduto, ad indirizzare le scelte del risparmiatore ed a segnalargli l’eventuale inadeguatezza delle operazioni che intenda comunque compiere, illustrandogliene i motivi. E può essere considerato, nello schema del mandato, anche il solo ordine di acquisto impartito dal risparmiatore, sulla base del contratto­ quadro preesistente a monte con 1’intermediario (cioè quello di apertura del conto titoli presso la Banca, il 28 maggio 2001: cfr. copia detto, versata in atti). In altri termini, il contratto quadro stipulato a monte con la Banca è da assimilare allo schema tipico dei contratto di mandato, rispetto cui gli ordini all’intermediario di acquisto dei bond per cui è causa sono assimilabili alle disposizioni date dal mandante a compiere di volta in volta atti giuridici di acquisto c/o vendita di titoli, nella esecuzione del rapporto di mandato; rapporto per il quale la diligenza richiesta è quella specifica di cui all’art. 1710 c.c..
E anche tale diligenza è mancata: in sede di prova testimoniale, non è emerso che il promotore finanziario abbia compiutamente avvertito, né oralmente né tantomeno (e soprattutto) per iscritto, gli odierni attori delle caratteristiche precise del titolo, che lo stesso (proposto agli attori dallo stesso promotore), per gli elementi che lo caratterizzavano, non era destinato agli investitori-risparmiatori, che perciò la Banca avrebbe dovuto acquistarlo per conto proprio (in contropartita diretta), per poi rivenderlo all’acquirente finale.
Dunque, in ragione della tipologia di investimento sino a quel momento preferita dagli odierni attori (essenzialmente. titoli obbligazionari italiani)1’acquisto di bond Cirio Del Monte (indimostrato, ed anzi sconfessato dai dato documentale, è 1’assunto della Banca del contemporaneo acquisto di altri titoli pure rischiosi), in quanto connotati entrambi da una grado elevato di rischio, devono ritenersi operazioni inadeguate per un investitore la cui esperienza prima di allora era maturata solo grazie alla negoziazione di titoli del debito pubblico italiano con l’obiettivo, dichiarato, di costituire la provvista necessaria a provvedere ai bisogni della vecchiaia.
L’investimento per cui è causa deve invero ritenersi incongruo rispetto al profilo dell’investitore, sol che si osservi, utilizzando anche le dichiarazioni rese dal procuratore speciale della banca: le obbligazioni Cirio Del Monte erano state emesse da società non soggetta al diritto italiano, avente sede in Lussemburgo; l’emittente non era dunque ristretta, nell’emissione di prestiti obbligazionari, entro i limiti imposti dall’art. 2412 c.c., nel testo allora vigente; in quanto riservate ad un pubblico di investitori professionali, erano sollevate, ai sensi dell’art. 100 TUF, dall’osservanza delle stringenti disposizioni di cui agli artt. 94-99 T.U.F. e degli art. 4-19 della delibera Consob 14.5.1999 n. 11971: la società emittente non aveva avanzato comunicazione alla Consob, non aveva sottoposto i propri bilanci al giudizio di una società di revisione, non aveva compilato il prospetto informativo nel rispetto degli schemi predisposti dalla Consob, né un eventuale nota informativa:
– non erano dunque conoscibili le informazioni “necessarie affinché gli investitori potessero pervenire a un fondato giudizio sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria e sull’evoluzione dell’attività dell’emittente nonché sui prodotti finanziari e sui relativi diritti” che a tenore dell’art. 94 comma T.U.F. costituiscono 1’aggetto del prospetto destinato alla pubblicazione;
– non erano state sottoposte ad una delle agenzie di valutazione indipendente per apprezzamento del merito di credito (c.d. rating) della società emittente.
Né è consentito alla banca trincerarsi., senza alcuna dimostrazione, dietro 1’allegazione dell’imprevedibilità del crack finanziario dell’emittente e dell’ignoranza delle caratteristiche del titolo; e non avendo dimostrato, come era suo preciso onere, la diligenza profusa nell’acquisizione di cognizioni circa le caratteristiche del prodotto finanziario e, non ultimo, nella sua rappresentazione all’investitore.
E’ appena il caso di osservare come l’obbligo di fornire le informazioni non può ritenersi assolto per effetto della pur indispensabile, ai fini della validità dei negozio, consegna del prospetto sui rischi generali di investimento predisposto dalla Consob. Peraltro, non si è avuta la prova della consegna di tale documento né in una, alla stipula del contratto cd. quadro, né al momento del primo conferimento dell’ordine di acquisto.
Conclusivamente, in ragione di tali considerazioni, va accolta la domanda di nullità dei contratti di trasferimento delle obbligazioni Del Monte 6.625% e Cirio Dei Monte 7,55% che obbliga le parti alla ripetizione delle prestazioni rispettivamente ricevute sia con riguardo all’attribuzione patrimoniale principale che a quelle accessorie.
Ne consegue, dunque, l’obbligo per Banca XXX di rifondere la somma di € 34.754.52 (tale in effetti fu l’importo sborsato dagli attori. come emerge dai due fissati bollati prodotti, compresi i costi delle due operazioni), oltre interessi come per legge dalla data della citazione (da intendere quale atto di costituzione in mora) sino al soddisfo; nonché quello del risparmiatore alla restituzione dei titoli obbligazionari (quest’ultima, tuttavia è conseguenza della pronuncia, ma non può essere oggetto di essa, in difetto di espressa domanda della Banca, certamente in via subordinata, di riconsegna dei titoli).
Alla sanzione della nullità segue poi, in ossequio alle previsioni dell’art 1453 c.c., 1’obbligo per Banca XXX di risarcire i danni derivati dal proprio inadempimento al contratto di mandato per la prestazione dei servizi investimento.
E’ appena il caso di evidenziare che ai sensi dell’art. 30 comma 11 D.Lgs 24.2.1998 n. 58, il soggetto abilitato alla prestazione di tali servizi è responsabile in solido verso i terzi insieme al promotore finanziario di cui si sia avvalso per 1’offerta fuori sede del prodotti finanziari.
L’entità del danno effettivamente patito deve essere dimostrata dai creditore ed in difetto può essere liquidato equitativamente dal giudice.
Seppur vero è, difatti, che, allo stato, è impossibile pervenire ad una “esatta stima dei danni”; è anche vero che la lettura dell’art. 1226 c.c. potrebbe in astratto, offrire una soluzione: va infatti rammentato l’insegnamento del Supremo Collegio, per cui “il giudice adito con azione di risarcimento di danni può e deve, anche di ufficio, procedere alla liquidazione degli stessi in via equitativa nell’ipotesi in cui sia mancata interamente la prova del loro preciso ammontare per l’impossibilità della parte di fornire congrui e idonei elementi al riguardo, ma anche nell’ipotesi che, pur essendosi svolta un’attività processuale della parte volta a fornire questi elementi, il giudice, per la notevole difficoltà di una precisa quantificazione, non li abbia tuttavia riconosciuti di sicura efficacia” (Cassazione civile sez. 119.3.1991 n 2934)
Tuttavia, ciò può avvenire solo in ipotesi di impossibilità della prova, e non quando sia mancata del tutto una attività di allegazione o probatoria in tale senso: all’uopo, va evidenziata la estrema generalità della pretesa attorea sul punto, non avendo neppure allegato gli attori se e in che termini, nel primo periodo di godimento dei titoli, abbiano percepito frutti (sotto forma di interessi e/o cedole), e soprattutto se e che rendimento abbiano avuto gli altri titoli acquistati (di cui hanno parlato tutte le parti in sede ai interrogatorio libero, e il teste XX), onde potere accertare esistenza ed entità del danno. Va quindi disattesa la domanda sul punto.
Le spese seguono la soccombenza, e vanno liquidate per come specificato in dispositivo.
Così deciso in Palermo nella Camera di Consiglio della III sezione civile il 7 luglio 2005.