Tribunale S.Maria Capua Vetere, sez. dist. Marcianise, sentenza 06.02.2006 n° 38
N 38/06 SENT.N 451/OR/04 Reg.Cont.N 324 Cron.N. 74 Rep.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI S. MARIA CAPUA VETERE
Sez. distaccata di Marcianise
Il Giudice unico di S. Maria Capua Vetere – sez. distaccata di Marcianise -dott.ssa Antonella Filomena Sarracino ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n. 451/2004 del Ruolo generale affari contenziosi, avente ad oggetto: appello avverso la sentenza n. 1488/2004 del Giudice di Pace di Marcianise e vertente
TRA
Soc. ENEL DISTRIBUZIONE s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per procura a margine dell’atto di appello dagli avv.ti Pietro Guerra, Paolo Gonnelli e Luigi d’Andria ed elettivamente domiciliata in Marcianise, via Duomo, 16.
APPELLANTE
E
C.O., rappresentato e difeso giusta mandato a margine della comparsa di costituzione in appello dall’avv.to Fabio Russo, presso il quale è elettivamente domiciliato in Capodrise (CE), via R. Musone n. 53
APPELLATO
CONCLUSIONI DELLE PARTI
All’udienza del 21.7.2005 le parti concludevano come da verbale in atti da intendersi qui integralmente riportato e trascritto.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di appello ritualmente notificato il 25.9.2004 l’Enel Distribuzione s.p.a. proponeva gravarne avverso la sentenza del giudice di pace di Marcianise n. 1488/2004 con la quale il giudice di prime cure, in accoglimento della domanda avanzata dall’attore, condannava l’Enel al pagamento in suo favore spella somma di € 60,00 oltre interessi legali dalla sentenza al saldo e spese processuali a tìtolo di risarcimento del danno da responsabilità contrattuale per l’inadempimento posto in essere dall’appellante nel settembre 2003 allorquando sospese l’erogazione della energia elettrica in favore dell’utente appellato per circa 15-18 ore a partire dalle 3.25 del 27 settembre 2003, per i seguenti motivi:
1. la sussistenza nel caso in esame di un inadempimento del contratto di fornitura dovuto ad una impossibilità sopravvenuta della prestazione non imputabile all’appellante;
2. la superfluità della ricostruzione nel percorso motivazionale della sentenza del cd. monopolio elettrico, non più esistente, e l’erronea e contraddittoria ricostruzione dell’assetto normativo del settore elettrico conseguente alla entrata in vigore del D.Lgs. n. 79/1999, atteso che l’Enel non conserva più in virtù di detto nuovo assetto normativo (a qualità di concessionario perpetuo della generazione ed il G.R.T.N. non produce energia elettrica. Soppresso infatti il monopolio delle attività elettriche, le attività di trasmissione e dispacciamento ai sensi degli artt. 1 e 3 sono riservate allo Stato ed attribuite in concessione al Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale (società della quale la totalità delle azioni è di proprietà del Ministero dell’Economia e delle Finanze e quindi del tutto estranea al gruppo Enel ai sensi dell’art. 13, co. IV, del D. lgs. 79/1999); l’attività di distribuzione è svolta in regime di concessione rilasciata dal Ministero competente e l’art. 13 già citalo stabilisce che l’Enel s.p.a. deve obbligatoriamente costituire società separate per lo svolgimento delle seguenti attività: a) produzione di energia elettrica; b) distribuzione di energia elettrica; c) vendita ai clienti; d) esercizio dei diritti di proprietà della rete di trasmissione. Il conferimento delle sopracitate attività a distinte società è avvenuto in conformità a quanto disposto dall’art. 13 a decorrere dal 1.10.1999, con la conseguenza che a far tempo da tale data Enel Distribuzione s.p.a. opera e può legalmente operare solo nel campo della distribuzione di energia elettrica e di vendita a clienti, essendole tassativamente precluso di svolgere attività dì produzione di energia elettrica o di trasmissione della stessa, cosicché è di assoluta evidenza che la società appellante non è in alcun modo responsabile della interruzione di somministrazione di energia elettrica in questione, né dei danni che ne siano eventualmente derivati, atteso che per espresso disposto dell’art. 1218 c.c.. il debitore che non esegua perfettamente la prestazione dovuta non è tenuto al risarcimento del danno se prova che l’inadempimento è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile. Infetti, l’Enel Distribuzione riceve l’energia elettrica da consegnare agli utenti finali presso le cabine primarie di trasformazione, secondo le disposizioni impartite dal G.R.T.N. che cura in forma unitaria e globale la trasmissione ed il dispacciamento di tutta l’energia elettrica da chiunque prodotta o importata sul territorio nazionale, assicurandone la consegna ai distributori – è evidente pertanto che Enel Distribuzione non può distribuire energia se questa non le viene consegnata nei modi anzidetti, cosi come è accaduto durante il predetto black aut. Né l’Enel Distribuzioni avrebbe potuto premunirsi rispetto a tale evento mediante approntamento di centrali di produzione di riserva e relative reti di trasmissione, essendole precluso per legge sia lo svolgimento di attività dì produzione di energia elettrica sia lo svolgimento di attività di “trasmissione” della stessa. Insomma nel caso de quo vi è stata una impossibilità oggettiva di Enel Distribuzione di adempiere alla prestazione per impossibilità materiale della prestazione medesima ad essa non imputabile;
3. l’erroneità della sentenza di primo grado nella parte in cui afferma, che l’appellante non avrebbe dato prova della inimputabilità ad essa della causa di inadempimento, atteso che in primo luogo l’Enel Distribuzioni non può scegliere da quale produttore ricevere energia e, pur ammettendo pacificamente la sentenza che l’interruzione sia stata causata da un black out, il giudice di prime cure non ha ammesso la prova testimoniale articolata dall’appellante circa la mancata consegna ad essa di energia elettrica da parte del GNRT per tutta la durata del black out;
4. l’erroneità della sentenza di accoglimento della domanda risarcitoria sotto il profilo dell’inadempimento contrattuale, in primo luogo attesa la genericità della domanda formulata in citazione che ne avrebbe imposto la declaratoria di nullità, in secondo luogo attesa la mancanza di qualsivoglia prova in ordine ai danni lamentati e pertanto l’irrisarcibilità di tutti i danni patrimoniali ed anche non patrimoniali (richiesti in citazione, ma non liquidati dal giudice di prime cure), atteso il difetto dei presupposti di legge;
5. l’erronea applicazione in sentenza degli artt. 1226 c.c. e dell’art. 115 c.p.a., atteso che alla liquidazione equitativa operata dal giudice di prime cure può farsi luogo solo nell’ipotesi in cui vi sia obiettiva difficoltà di determinare il preciso ammontare del detto danno, del quale è comunque indispensabile provare l’esistenza; in ogni caso la sentenza impugnata è censurabile perché non indica nemmeno quali sono gli eventi di danno che vengono fatti oggetto di risarcimento in via equitativa.
Per tale motivi, in riforma dell’impugnata sentenza parte appellante chiedeva dichiararsi inammissibili o infondate le domande proposte da C.O. contro l’Enel Distribuzione s.p.a. e condannarsi parte appellata al rimborso in favore della appellante di spese, diritti ed onorari di difesa di entrambi i gradi del giudizio.
Con comparsa depositata in data 31.10.2005 si costituiva parte appellata chiedendo il rigetto dell’appello con vittoria delle spese di lite di entrambi i gradi di giudizio.
Trattata la causa, acquisiti agli atti i documenti prodotti ed il fascicolo di primo grado, fatte precisare le conclusioni, come in epigrafe trascritte, la causa veniva assegnata in decisione, con termine di giorni 60 per il deposito delle comparse conclusionali ed ulteriore termine di giorni 20 per il deposito delle memorie di replica.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente va rilevata la proponibilità dell’appello nel caso in esame ai sensi del combinato disposto degli artt. 339, commi 1 e 3, e 341 c.p.c, atteso che correttamente il giudice di Pace adito ha deciso la controversia secondo diritto, rientrando il rapporto giuridico per cui è causa tra quelli conclusi secondo le modalità di cui all’art. 1342 c.c. (AL).
In via preliminare va altresì rilevato che l’atto di citazione non è affetto da alcuna nullità essendo adeguatamente specificati il petitum e la causa pretendi (risarcimento del danno contrattuale e/o extracontrattuale patito dall’attore per il deperimento di generi alimentari conservati in frigo a cagione del black out di energia elettrica del 27 settembre 2003).
Impone l’accoglimento dell’appello la positiva valutazione dei motivi di cui al nr.. 4) e 5) dello svolgimento del processo.
Ed invero in citazione (‘attore chiedeva il risarcimento dei danni da liquidarsi in via equitativa per il deperimento dei generi alimentari (yogurt, latte, carni congelate, ecc) presenti nel frigo della parte attrice, atteso che detti beni sono facilmente deteriorabili e non resistono ad un black out di 15-18 ore quale quello per cui è causa.
Detti danni venivano riconosciuti e liquidati in via equitativa ex art. 1226 c.c. dal giudice di prime cure.
E tuttavia, osserva questo giudicante, nel giudizio di primo grado l’attore, cui ne incombeva l’onere, non ha offerto alcuna prova in ordine ai danni subiti.
Il giudizio innanzi al G.d.P., infatti, veniva riservato in decisione senza lo svolgimento di alcuna attività istruttoria.
Incontestato fra le parti che l’attore sia utente Enel e titolare della posizione indicata nell’atto dì citazione a giudizio di primo grado per vedere accolta la propria domanda di risarcimento dei danni in via contrattuale nel corso del giudizio di primo grado l’attore avrebbe dovuto comunque provare quantomeno:
1) di abitare effettivamente nell’immobile fornito dall’utenza Enel per cui è causa al tempo del black out;
2) di possedere nell’immobile in oggetto un frigorifero, prova vieppiù rilevante ove si consideri che l’immobile ben poteva essere destinato ad uso studio o essere disabitato o abitato solo per alcuni periodi all’anno o ancora per qualsivoglia altra ragione sfornito di detto elettrodomestico;
3) natura, qualità e quantità dei generi alimentari presenti nel frigorifero al momento del black out, prova anch’essa rilevante ove sì consideri il caso che l’elettrodomestico in oggetto fosse vuoto al momento del sinistro;
4) l’avaria dei predetti generi alimentari a cagione del black out, del quale andava altresì provata con precisione la durata, onde consentire la verifica della sussistenza del nesso causale tra il deterioramento dei beni e la mancala erogazione dì energia elettrica: verifica da effettuarsi – eventualmente anche a mezzo di indagini tecniche — e tenuto conto delle caratteristiche in concreto possedute dal frigo attoreo (avendo i diversi elettrodomestici diverse caratteristiche di mantenimento del freddo in caso di mancata erogazione di energia) nonché della qualità dei cibi in concreto in esso conservati avendo gli alimenti diversi tempi e caratteristiche di conservazione.
Nel caso in esame, invece, nessuna prova veniva offerta in ordine ad alcuna di tutte sopraindicate circostanze e quindi in realtà non veniva offerta alcuna prova dei danni patiti dall’attore (peraltro nel presente giudizio di appello parte appellata ometteva anche il deposito del fascicolo di primo grado, limitandosi al deposito del fascicolo del grado di appello non contenente alcuna documentazione in ordine alle circostanze di cui sopra – cfr. doc. da 1 a 6 dell’indice foliario del fascicolo di parte appellata). Nella sentenza appellata infatti il giudice di prime cure presumeva che l’attore abitasse effettivamente nell’immobile servito dall’utenza per cui è causa al momento del black out, presumeva altresì che nell’immobile vi fosse un frigorifero, presumeva ancora che all’interno del predetto elettrodomestico vi fossero degli alimenti deteriorabili, presumeva il deterioramento di detti alimenti ed infine che la cagione di detto deterioramento fosse da rinvenirsi nella mancata erogazione dell’energia elettrica al frigo a cagione del black out.
Siffatte presunzioni sono del tutto estranee alla regola posta dall’art. 2967 c.c. in tema di riparto dell’onere probatorio, senza che tale regola possa subire deroghe di sorta sia in materia di risarcimento del danno contrattuale che aquiliano.
Il percorso argomentativo del giudice di prime cure, quindi, è del tutto fallace, essendo stati semplicemente presunti anziché provati i danni risarciti, che ben avrebbe dovuto e potuto in concreto l’attore dimostrare stante l’ampia gamma dei mezzi di prova posti a sua disposizione dal codice di rito (prove testimoniali, materiale fotografico, accertamento tecnico preventivo, ecc.).
Né la modesta entità dell’importo richiesto può costituire giusta causa di esonero dal doveroso utilizzo dei mezzi dì prova, alcuna facilitazione probatoria essendo all’uopo prevista dall’ordinamento e trattandosi comunque di mezzi di prova non particolarmente onerosi in relazione allo scopo.
Peraltro il sistema presuntivo operato dal giudice di prime cure appare totalmente incompatibile non solo con i suddetti rilievi sistematici, ma anche con l’atteggiamento di palese contestazione serbato dal convenuto fin dalla comparsa di risposta nel giudizio di primo grado. L’appello va altresì accolto anche in relazione al motivo nr. 5. Infatti, la rilevata carenza probatoria nel caso di specie ha riguardato non solo ì profili concementi l’an debeatur, ma anche quelli concernenti la esatta quantificazione del danno risarcibile, dovendo in ogni caso l’attore provare esattamente il danno emergente, il lucro cessante e gli antecedenti/presupposti fattuali di tali voci di danno.
Va infatti censurata la sentenza di prime cure non solo, come già evidenziato, laddove ha presunto l’esistenza del danno, ma anche ed ulteriormente laddove ne ha quantificato forfettariamente l’ammontare avvalendosi del meccanismo equitativo fondato sull’art. 1226 c.c.
A tal proposito il giudice di prime cure sostiene che il danno da risarcire costituisce un danno pregiudizio che non può essere provato nel suo preciso ammontare e che pertanto deve procedersi ad una liquidazione equitativa dello alesso.
Va invece rilevato che il potere discrezionale esercitabile anche d’ufficio dal giudice di liquidare il danno con valutazione equitativa presuppone in primo luogo la prova dell’esistenza del danno stesso (cfr. Cass. nr. 8711/1997) ed altresì la prova delle componenti di detto danno, potendo procedere il giudice alla relativa valutazione equitativa solo in caso di grave difficoltà o di impossibilità di dimostrare la misura dello stesso (cfr. Cass. nr. 8795/2000).
Insomma il potere riconosciuto al giudice di provvedere alla liquidazione in via equitativa è riconosciuto semprechè: 1) sia provata la sussistenza dei danno; 2) siano state provate le componenti del danno; 3) vi sia l’estrema difficoltà od impossibilità di offrire la prova del quantum.
Ebbene, tutte le condizioni sopraelencate, indispensabili perché possa essere fatta corretta applicazione dell’art. 1226 c.c, non sono rispettate con riferimento alla fattispecie in esame da parte del giudice di primo grado.
L’attore, infatti, come si è detto, non ha provato né di aver subito un danno, né le componenti dello stesso ed inoltre non sussiste in tatto, a differenza di quanto dedotto dal giudice di prime cure in sentenza, l’assoluta difficoltà o impossibilità di provare il quantum del danno subito.
Il danno risarcito, infatti, è frutto dell’asserito (ma non provato) deterioramento nel frigo dell’attore di generi alimentari.
Ebbene il criterio equitativo è evidentemente fuor di luogo ben potendo operarsi ad opera del giudice una quantificazione del danno all’attualità sulla base del valore dei generi alimentari di cui l’attore avrebbe dovuto dimostrare il deterioramento.
L’accoglimento dell’appello per i sovraesposti motivi determina l’assortimento delle restanti ragioni di gravame.
4. La pedissequa serialità delle questioni trattate (analoghe in queste ed in numerosissime altre cause del genere instaurate presso il medesimo tribunale), la natura delle questioni trattate e la loro incidenza su posizioni socialmente rilevanti quali sono quelle vantate dai consumatori, la peculiarità della vicenda che trae origine dal fatto obiettivo dell’interruzione di un servizio destinato alla
generalità dei consociati e la sussistenza dì giusti motivi di equità impongono la integrale compensazione fra le parti delle spese di entrambi i gradi di giudizio.
P.Q.M.
II Giudice Unico del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere – sez. distaccata di Marcianise- dott.ssa Antonella Filomena Sarracino, definitivamente
pronunciando sull’appello proposto da ENEL Distribuzione s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., con atto notificato il 25.9.2004 nei confronti di C.O. avverso fa sentenza n. 1488/2004 emessa dal giudice di pace di Marcianise, così provvede
• in accoglimento dell’atto di appello ed in riforma dell’impugnata sentenza nr. 1489/2004 rigetta ogni domanda proposta dall’attore Costanzo Orazio;
• compensa integralmente fra le parti le spese di entrambi i gradi dì giudizio.
Così deciso in Marcianise, 31.1.2006
Il Giudice unico
(dott.ssa Antonella Filomena Sarracino)
Depositato in cancelleria 06 FEB 2006.