Truffa alle assicurazioni, no alla “circostanza aggravante”
Chi falsifica le attestazioni di rischio relativa alla polizza auto
commette ovviamente un reato, ma non può subire le circostanze
aggravanti quali, come nel caso di specie, l’aumento della pena e la
maggiorazione del tempo per la prescrizione del reato.
Lo hanno deciso i giudici della Suprema corte con la sentenza n. 39301,
depositata lo scorso 9 ottobre. La Cassazione, accogliendo il ricorso
di un imputato condannato a un anno di reclusione e 600 euro di multa
inflitti con “circostanza aggravante” per aver truffato
l’assicurazione, rileva che
“il
rapporto giuridico intercorso fra l’imputato e la compagnia di
assicurazione (parte offesa nel presente procedimento) si inquadra
nell’ambito dell’attività di diritto privato da quest’ultima svolta,
con la conseguenza che i suoi dipendenti e/o collaboratori non
rivestono, nell’ambito della stipulazione dei contratti di
assicurazione per la responsabilità civile derivante dalla circolazione
dei veicoli, la qualifica di pubblici ufficiali o incaricati di
pubblico servizio. Infatti, come già affermato in precedenti decisioni
(v. Cass., sez. V, 14.6.1995
ove è negata la qualifica di pubblico ufficiale all’agente di
assicurazione) “la legge 24 dicembre 1969 n. 990, non ha modificato la
natura giuridica delle compagnie di assicurazione, che resta
eminentemente commerciale, anche se ad uno dei rami in cui tale
attività si esplicita (assicurazione della responsabilità civile
connessa alla circolazione dei veicoli a motore) è collegato un
interesse di carattere generale”.
Di
qui deriva che in fatto la azione dell’imputato non si è rivolta nei
confronti di un pubblico ufficiale o di un incaricato di pubblico
servizio. Pertanto la contestazione della aggravante in parola
costituisce ipotesi di violazione di legge di cui all’art. 606 I° comma
lett. b) c.p.p. e la sentenza sul punto deve essere annullata.“.