Turismo in Italia penalizzato da scandali, rifiuti e prezzi troppo alti
Rapporto tra qualità e prezzo, ambiente e ospitalità sono le voci che
maggiormente penalizzano la percezione dell’Italia come destinazione
turistica, o meglio come marchio, a livello globale. Mentre tiene
l’offerta di arte e cultura nella quale siamo ancora primi. I punti di
debolezza e di forza emergono dalla quinta edizione del Country Brand
Index (Cbi), lo studio sull’immagine di marca dei principali paesi del
mondo condotta da FutureBrand e Weber Shandwick che analizza diversi
parametri, dai servizi offerti alle famiglie alla facilità di viaggiare
in un determinato paese fino a shopping, ospitalità e storia.
Quest’anno l’Italia perde due posizioni rispetto all’anno scorso,
collocandosi al sesto posto della top ten mondiale, che vede gli Stati
Uniti primi, superata da Francia e Nuova Zelanda. Il motivo? La perdita
di consensi in aree nelle quali solitamente eccelle come la storia (al
5° posto contro il 2° dell’anno scorso) e la cucina (perde il primato e
arriva seconda dopo la Francia).
«Il clima turbolento che ha caratterizzato quest’ultimo anno –
commenta Susanna Bellandi, amministratore delegato di FutureBrand – non
ha certo giovato: gli scandali, i rifiuti, i gossip hanno lasciato il
segno. L’impressione è che il paese soffra soprattutto di una
stagnazione del pensiero, che investe quasi tutti i settori. È come se
vivesse sugli allori del passato, senza mai pensare a rinnovarsi
veramente, mentre il resto del mondo viaggia a ben altre velocità.
Abbiamo ormai tanti competitor, dobbiamo quindi tornare a pensare e
agire per diventare primi».
L’Italia deve tornare a essere percepita come la culla della
cultura, ma della cultura degli anni 2000, dunque. E «l’Expo 2015 –
aggiunge Bellandi – potrebbe essere una grande occasione di rilancio
dell’immagine del nostro brand, ma dobbiamo iniziare a valorizzarne le
opere sin da ora. In Italia tutti prima o poi vogliono venire, ma il
punto è spingere quei flussi turistici a tornare».
A non convincere è anche il rapporto tra prezzo e qualità, valore
che il Cbi 2009 consacra come uno dei principali driver quest’anno. Ma
anche le spiagge e la possibilità di concludere business nel nostro
paese. «Burocrazia e amministrazione – afferma Linda Bulgheroni,
amministratore delegato di Weber Shandwick Italia – demotivano gli
stranieri a caccia di affari in Italia, così come un certo
provincialismo culturale e un individualismo autenticamente nostrano
che certamente contribuiscono al pregiudizio di immagine».
Tuttavia il made in Italy mantiene il suo appeal anche nei momenti
di crisi: siamo tra i primi dieci paesi per storia, arte, shopping e
qualità dei prodotti. «Il turismo eno-gastronomico sta compiendo passi
avanti – conclude Bulgheroni – anche grazie agli sforzi compiuti con
successo da consorzi e associazioni. Siamo poi un paese in cui i
viaggiatori per lavoro prolungherebbero di qualche giorno il soggiorno
per vacanze personali. Tuttavia sullo shopping soffriamo a causa
dell’ascesa di concorrenti come Singapore e Emirati Arabi che entrano
prepotentemente nella top 5 di categoria».
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