Tv digitale terrestre, il bilancio di un anno
Il processo di migrazione al digitale terrestre è in corso e con
esso il passaggio alla televisione multicanale e tematica. Volenti o
no, la rivoluzione annunciata diversi anni fa è arrivata e tempo tre
anni – fine 2012, data ultima per completare lo spegnimento del segnale
analogico – interesserà tutti gli italiani. Il bilancio del 2009,
stando a quanto dicono istituzioni (soprattutto) e operatori, è in
attivo ma le polemiche non sono certo mancate: per i problemi lamentati
dagli utenti al momento dello switch off, per la guerra fra Sky e
Mediaset, per l’oscuramento dei canali satellitari Rai sull’emittente
di Rupert Murdoch, per la questione dei decoder (troppe le tipologie di
ricevitori in offerta, spesso troppo complessi o scadenti, in attesa
del ricevitore universale). L’anno che finisce, e questo è però
indiscutibile, ha comunque rappresentato una svolta nel percorso di
transizione al digitale terrestre del sistema televisivo italiano. A
confermarlo sono i numeri: due famiglie italiane su tre (il 62%, per
complessive 14 milioni di case e 36 milioni di persone) dispongono di
un ricevitore Dt nella residenza principale, il 30% della popolazione è
all digital (l’Italia è prima in Europa in questa classifica), si sono
venduti oltre 2,7 milioni di decoder in un solo mese (ottobre 2009), il
25% di share dell’audience televisiva è ormai appannaggio (il dato di
riferisce a novembre) dei canali del Dt e la quota della Tv analogica è
al di sotto della soglia del 60%. Anche il numero, 990mila, di
chiamate al numero verde del call center istituito dal Ministero dello
Sviluppo Economico – Dipartimento per le Comunicazioni per richieste di
informazioni e assistenza alla sintonizzazione di Tv e decoder danno
l’idea di quanto la rivoluzione digitale abbia impattato sulla vita
quotidiana di moltissimi cittadini italiani. Mettiamoci infine anche il
fatto che gli abbonati a Sky, che al digitale terrestre guarda eccome
(vedi il lancio della “chiavetta” per accedere ai canali del Dt
direttamente dal decoder satellitare), sono circa cinque milioni e
costituiscono circa il 15% degli utenti attivi ed ecco che il quadro di
un Belpaese ormai votato al verbo della “nuova” televisione è
praticamente completo.
Oltre 24 milioni di decoder venduti dal 2004
Nel bilancio di fine anno ci sono inoltre altri dati che meritano
una riflessione. Per esempio quello che stima a circa 82mila i
contributi statali di 50 euro erogati dal Dipartimento per le
Comunicazioni alle fasce deboli per l’acquisto di un decoder
interattivo attraverso i 949 rivenditori accreditati. Considerando
l’enorme domanda degli scatolotti digitali – secondo gli ultimi dati
elaborati da Makno a novembre si è arrivati a un parco installato di
20,7 milioni di unità – è facile intuire come solo una minoranza di
consumatori (e 30mila di questi sono abitanti della Campania) abbia
beneficiato del sussidio governativo. Tanto più che, mediamente, due
terzi dei decoder acquistati sono esterni, mentre solo il 30% circa
sono integrati nel televisore. Altro dato che induce a pensare a una
“anormale” corsa all’acquisto è il numero totale di ricevitori Dt
venduti dal febbraio 2004 a oggi: oltre 24 milioni, di cui poco meno
del 60% esterni. Quanti di questi sono via via divenuti obsoleti in
relazione ai cambiamenti intercorsi a livello di standard di
trasmissione?
Il programma degli switch off 2010 e la “scommessa” Tivù Sat
Completata da settembre in avanti la completa transizione al
digitale di Valle d’Aosta, Piemonte Occidentale, Trentino Alto Adige,
Lazio e Campania, il piano di switch off interesserà nel nuovo anno
Lombardia, Emilia Romagna, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Liguria e
Piemonte orientale. Per tutte le regioni e aree rimanenti lo
spegnimento definitivo del segnale analogico avverrà fra 2011 e 2012.
Se tutto procederà come da programma il 70% della popolazione italiana,
alla fine del dicembre prossimo, sarà raggiunta dalla Tv digitale
terrestre. Molto dipenderà, osservano vari addetti ai lavori, da come
la Rai riuscirà a garantire la copertura del segnale per i suoi 13
canali anche nelle aree impervie. La scommessa di Tivù Sat, la
piattaforma satellitare gratuita (costo del decoder a parte) varata in
agosto da viale Mazzini con Mediaset e La 7 per consentire a chi non
riceve il segnale di vedere i canali in chiaro del digitale terrestre
via satellite, al momento sembra essere stata vinta. Le smart card
vendute a produttori di decoder e di televisori sono state circa
600mila e si stima che oltre mezzo milione di decoder certificati Tivù
Sat siano stati portati sul mercato. Quanto al numero di effettive
attivazioni, i portavoce della nuova società avevano diffuso a novembre
dati secondo cui queste erano mediamente nell’ordine delle 1.000 al
giorno: resta ora da vedere se il trend sarà confermato anche per i
prossimi switch off, se la qualità del servizio è quella promessa e se
– fattore non trascurabile – gli utenti non seguiranno strade
alternative, Tv satellitare “free to air” in primis.
I problemi aperti, canali e frequenze
Sebbene il processo di digitalizzazione prosegue di buon ritmo,
restano però aperte ancora alcune questioni spinose quali il sistema di
numerazione dei canali, l’assegnazione delle frequenze, l’assistenza e
l’informazione ai consumatori post switch off. Sulla prima pende
l’istruttoria aperta lo scorso 19 novembre dall’Autorità per le
Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom), la seconda chiama in causa
normative comunitarie: entrambe materie che sfuggono a milioni di
utenti televisivi italiani. A questi interessa che il passaggio al
digitale terrestre sia il più possibile indolore: per entrare nella
dimensione della televisione a pagamento, interattiva e tematica c’è
tempo. L’importante è non trovarsi dall’oggi al domani con lo schermo
nero e la scritta “mancanza di segnale”.