Ubriachezza: sì alla confisca del veicolo in ipotesi di decreto penale di condanna
E’ compatibile con l’emissione del decreto penale di condanna il provvedimento di confisca?
La
Corte di Cassazine pare rispondere affermativamente a questa domanda e,
con la pronunzia in commento, affronta tutta una serie di tematiche che
ruotano attorno a questo quesito e solleva una pluralità di spunti
valutativi, involgendo tematiche di natura procedimentale, tra loro
intimamente collegate.
La Corte, infatti, si sofferma,
preliminarmente ad ogni altra considerazione, sul carattere di
inammissibilità del ricorso proposto – valutazione che, già di per sé
sola, si paleserebbe come preclusiva di qualsiasi altra forma di
delibazione – attesa la rilevata e giudicata improprietà della
procedura seguita.
E’, infatti, intuibile – in forza di una
lettura meditata della sentenza del S.C. – che i giudici di legittimità
hanno ritenuto impropria e contraddittoria la scelta della parte di
rinunziare all’opposizione proposta[1],
non coltivando, così, l’impugnazione proposta avverso il decreto penale
di condanna (contenente, tra l’altro, disposizioni accessorie che
travalicano anche la sanzione personale in senso stretto), precisando
che la contestazione afferente alla fondatezza giuridica, nella
fattispecie, della adottata confisca, non avrebbe dovuto (e potuto)
costituire materia di trattazione separata dal merito della causa.
Ritiene,
dunque, il Collegio che non fosse possibile operare – come, invece, è
stata operata – una divaricazione processuale fra le ragioni di
contestazione di merito dell’accusa (trasfusa nel decreto penale di
condanna) ed i motivi di doglianza specifica, in ordine alla decisione
di adottare la confisca del bene, che hanno giustificato un’autonoma
richiesta di revoca della misura.
E’, dunque, fuor di ogni
contestazione, solo sotto il profilo strettamente processuale,
l’opinione che il mezzo di impugnazione – un ricorso in Cassazione –
finalizzato all’annullamento del provvedimento di confisca del bene,
avrebbe dovuto avere ad oggetto il provvedimento con il quale il
giudice dichiara la esecuzione del decreto, a seguito di rinunzia
all’opposizione e non già la singola ordinanza resa dal G.I.P. in tema
di cautela reale.
Il procedimento cautelare ed interinale
autonomo, promosso parallelamente, subisce, infatti, la genrale ed
originaria preclusione data dall’intervenuto giudicato.
Correlativamente
alle considerazioni svolte, la Corte riconosce, poi, che il ricordato
effetto preclusivo non opera solamente in due casi estremamente
precisi:
1) l’uno concernente l’ipotesi quali alla confisca o alla restituzione non abbia provveduto il giudice della cognizione;
2)
l’altro che la richiesta di restituzione provenga da un terzo rimasto
estraneo al giudizio di cognizione (Cfr. per la nozione di terzo Cass.
Sez. III, 17-03-2009, n. 17865)[2].
Va,
peraltro, osservato, in relazione a quest’ultimo caso, che il terzo
rimasto estraneo al processo non è legittimato all’impugnazione della
sentenza con cui è stata ordinata la confisca di somme di denaro e può
far valere i propri diritti su detta somma per mezzo dell’incidente di
esecuzione [Cfr. Cass. Sez. III Sent., 12-12-2008, n. 12117 (rv.
243617), J.R.D. c. G.P.E., in CED Cassazione, 2009, conf. Cass. Sez. I
Sent., 09-03-2007, n. 18222 (rv. 237360); Cass. Sez. VI, 31-03-1995, n.
1257 (rv. 202720)][3].
E’, dunque, evidente la circostanza che un
bene, che sia stato acquisito con le forme del leasing o la cui
proprietà appartenga inoppugnabilmente a soggetto diverso
dall’imputato, in presenza delle due condizioni sopra indicate, non può
sopportare alcun pregiudizio di sorta e non può venire assimilato a beni che risultino di proprietà dell’imputato.
Permane, quindi, questo limite alla confiscabilità del veicolo.
Il
profilo di maggiore ed interesse pregnanza dell’ordinanza in esame è,
però, costituito dalla valutazione concernente il rapporto fra il
decreto penale di condanna e l’applicazione in tale sede procedimentale
della confisca.
Per vero, la Corte valuta questo tema, partendo
da una prospettiva sostanzialmente differente da quella che chi scrive
considera centrale.
L’attenzione dei giudici di legittimità si
incentra, infatti, sulla natura (obbligatoria o facoltativa) della
confisca – risolvendosi nel senso di escludere la facoltatività (non
obbligatorietà) della misura accessoria -.
A parere del sottoscritto, il fulcro della questione deve, invece, essere attenere al quesito: “il
decreto penale di condanna deve essere equiparato, in forma e
sostanzia, alla sentenza di condanna resa all’esito di un giudizio ed
alla sentenza di applicazione pena ex art. 444 c.p.p.?”
Da
tale quesito (e dalle conseguenze che da esso derivano) si potrà poi
muovere per valutare se effettivamente anche in ipotesi di emissione di
decreto penale di condanna si possa applicare la confisca.
Sul
piano normativo, va osservato – in relazione alla specifica tematica
della violazione del Codice della Strada che è oggetto del processo –
che l’art. 186 co. 2 prevede: “Con la sentenza di condanna
ovvero di applicazione della pena a richiesta delle parti, anche se è
stata applicata la sospensione condizionale della pena, è sempre
disposta la confisca del veicolo con il quale è stato commesso il reato
ai sensi dell’art. 240 c.p., comma 2, salvo che il veicolo stesso
appartenga a persona estranea al reato”.
Il testo sopra
riportato non riesce a dissipare minimamente i dubbi interpretativi che
sorgono, posto che il riferimento esplicito operato attiene a “…sentenza di condanna ovvero di applicazione della pena a richiesta delle parti…”,
senza menzionare in modo preciso altri tipi di provvedimenti che, sul
piano giurisdizionale, presentino il carattere e la idoneità a definire
un grado od una fase di giudizio.
Va detto, infatti, che il procedimento per decreto (regolato dall’art. 459 e segg. c.p.p.) è detto anche “processo senza dibattimento” o per dirla con il CORDERO “unico accertamento sommario ammesso dal sistema”[4].
Con
questa definizione viene, infatti, posta in evidenza la caratteristica
precipua dell’istituto, cioè la non necessarietà del giudizio in
contraddittorio e la sua ipotetica celebrazione[5],
connotato che si deriva quale conseguenza legata indissolubilmente (e
non altrimenti) alla potestatività legata all’esercizio del diritto
della parte di proporre opposizione.
Emerge, inoltre, uno
spiccato profilo di premialità, collegato agli evidenti fini
deflazionistici, che contraddistingue la anticipata formula di
definizione propria dell’istituto in oggetto, che è si è reso
maggiormente evidente attraverso la novella portata dalla L. 479 del
1999, che ha modificato il co. 5 dell’art. 460 c.p.p..
Operati,
quindi, questi accenni di carattere generale, onde inquadrare sul piano
sistematico, il processo per decreto, l’osservazione che maggiormente
interessa valorizzare è quella per cui non pare revocabile in dubbio
l’assimilabilità del decreto penale di condanna alla sentenza di
condanna.
Risulta, dunque, incontroversa l’opinione che,
trattandosi di una forma di definizione anticipata del processo penale,
nella quale il contraddittorio – come si è detto – non costituisce
elemento essenziale e fondamentale, non si può sostenere l’esistenza di
una vera e propria equiparazione fra il decreto penale (frutto di una
delibazione sommaria del giudice sulla scorta di elementi forniti
esclusivamente dall’accusa) e la sentenza di condanna che, comunque,
costituisce – invece – risultato, a proiezione esterna, di una
delibazione del giudice fondata su elementi contrapposti forniti dalle
parti.
Si può, però, affermare che, attesi i caratteri
1) di
giurisdizionalità – non si dimentichi, infatti, che è il giudice per le
indagini preliminari, ad essere individuato come organo emittente il
decreto -,
2) di idoneità a definire una fase del procedimento, ai sensi dell’art. 459 co. 1 c.p.p.,
3) di
suscettibilità di assumere valore di irrevocabilità e, quindi, di
esecutività, ai sensi del combinato disposto dagli artt. 460 e 650
c.p.p.,
il decreto penale di condanna è assimilabile alla sentenza di condanna.
Tali
presupposti sono stati recepiti dalla giurisprudenza (Cfr. ex plurimis
Cass. Sez. I, 12-11-1997, n. 6357, D’Angelo, CED Cassazione, 1998[6] e T.A.R. Liguria Sez. II, 15-04-2002, n. 432 , Soc. Ristochef c. Usl n. 3 Genovese e Asl n. 3 Genovese e altri[7])
la quale ha, inoltre, posto l’accento sul denominatore comune degli
effetti che derivano in ordine all’accertamento della responsabilità
penale in capo al singolo raggiunto dal provvedimento.
E’
evidente che gli effetti susseguenti alla irrevocabilità del decreto –
a mente dell’art. 648 c.p.p. – risultano, peraltro, sostanzialmente
differenti e non confondibili rispetto a quelli previsti dagli artt.
651 e 652 c.p.p., relativamente alle sentenze di condanna passate in
giudicato.
Le conclusioni qui esposte, le quali legittimano il
riconoscimento dell’ effettiva affermazione di assimilazione del
decreto penale di condanna alla sentenza di condanna, non permettono,
però, di raggiungere un apprezzabile livello di certezza in ordine alla
circostanza che la scelta di definire il procedimento tramite
l’emissione di un decreto possa comportare – nel corpo dello stesso –
l’adozione della confisca.
L’assimilazione o la sussunzione
nella categoria delle sentenze di condanna del decreto penale non pare,
infatti, a parere di chi scrive, argomento decisivo e conclusivo, per
estendere gli effetti riconosciuti legislativamente alle sentenze in
parola.
Permane, infatti, una palese differenza ontologica e
giuridica in ordine alla struttura ed alla morfologia dei provvedimenti
in parola.
Va, infatti, esaminato e sottolineato, con grande
attenzione, che il tenore della norma (il co. 2° dell’art. 186 CdS)
risulta lapidario, tutt’altro che oscuro e certamente privo di
equivocità, laddove si afferma che “la sentenza di condanna
ovvero di applicazione della pena a richiesta delle parti, anche se è
stata applicata la sospensione condizionale della pena, è sempre
disposta la confisca del veicolo con il quale è stato commesso il reato
ai sensi dell’art. 240 c.p., comma 2….”.
Il
legislatore, infatti, indica in tale contesto precettivo, con rara
precisione, la gamma dei provvedimenti che legittimano il ricorso alla
confisca obbligatoria (perchè di obbligatorietà si tratta), non
lasciando adito a dubbi.
La valutazione, che poggia sull’esegesi del dato testuale, trova ulteriore sostegno nella considerazione data dal principio ubi lex voluit dixit ubi non voluit non dixit, ripreso e fatto proprio nel nostro ordinamento giuridico dalla previsione dell’art. 12 (Disposizioni sulla legge in generale).
Il co. 1 di questa disposizione recita “Nell’applicare
la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto
palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di
esse, e dalla intenzione del legislatore”.
Se,
dunque, fosse stata intenzione normativa, quella di ricomprendere nel
novero dei provvedimenti, geneticamente idonei a giustificare la
confisca, la scelta più elementare (e semplice) sarebbe consistita
nell’indicare in tale contesto, expressis verbis anche il decreto penale di condanna, oppure al più usare una dizione del tipo “provvedimenti che risultino assimilabili alle sentenze di condanna”.
I
dubbi e le perplessità qui esposte sono state, poi, fatte proprie anche
da Cass. Sez. III Sent., 19-03-2009, n. 24659 (rv. 244019)[8], la quale ha sostenuto che “La
confisca obbligatoria, per il caso di emissione di sentenza di condanna
o di patteggiamento, dell’area adibita a discarica abusiva (art. 256,
comma terzo, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152), se di proprietà dell’autore
o del compartecipe al reato, non può essere disposta con il decreto
penale di condanna.
Posizione che si pone in coerente
seguito a quella espressa dalla stessa Sezione con la pronunzia
22-05-2008, n. 26548 (rv. 240343), M.G.M., che modificando[9] radicalmente la precedente giurisprudenza ha della stessa sezione ha sancito che “…”In
tema di gestione dei rifiuti, la confisca obbligatoria dell’area
adibita a discarica abusiva non può essere disposta con il decreto
penale di condanna, in quanto l’art. 51, comma terzo, D.Lgs. 5 febbraio
1997, n. 22 (oggi sostituito dall’art. 256, comma terzo, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152)
prevede che detta misura di sicurezza deve essere disposta solo con la
sentenza di condanna ovvero con la sentenza di patteggiamento”.
Pur
riferendosi ad una situazione differente in tema di reati ambientali,
è, dunque, assolutamente apprezzabile l’affermazione e consacrazione
del comune principio di diritto, posto che anche in tale contesto il
presupposto per la confisca è del tutto analogo a quello descritto nel
co. 2 dell’art. 186 CdS.
Recita, infatti, il co. 3 dell’art. 256 cit. “Chiunque
realizza o gestisce una discarica non autorizzata è punito con la pena
dell’arresto da sei mesi a due anni e con l’ammenda da duemilaseicento
euro a ventiseimila euro. Si applica la pena dell’arresto da uno a tre
anni e dell’ammenda da euro cinquemiladuecento a euro cinquantaduemila
se la discarica è destinata, anche in parte, allo smaltimento di
rifiuti pericolosi. Alla sentenza di condanna o alla sentenza
emessa ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale,
consegue la confisca dell’area sulla quale è realizzata la discarica
abusiva se di proprietà dell’autore o del compartecipe al reato, fatti
salvi gli obblighi di bonifica o di ripristino dello stato dei luoghi”.
Appare,
pertanto, privilegiata ed apprezzata, dal ricordato intervento
giurisprudenziale, una apprezzabile esegesi, che si carattrizza per il
suo profilo strettamente letterale, escludendo, altresì, che si possa
dare corso ad interpretazioni di natura logico-estensiva.
Sul
piano pratico, quindi, reputa chi scrive che ci si trovi, senza dubbio,
dinanzi ad un serio quanto irreversibile contrasto di orientamenti
giurisprudenziali.
E’ questa, situazione che, pertanto, deve
imporre un pronto ed energico intervento di regolamentazione da parte
delle SS.UU., anche se pare che una lettura ragionevolmente orientata,
nel rispetto dei criteri ermeneutici governati dalle preleggi, non
sembra potere legittimare in relazione all’applicabilità della confisca
valutazioni di carattere estensivo, ricomprendendo la sfera di
applicazione di questa misura anche a noveri non previsti dal
legislatore.
Unica certezza che allo stato si può nutrire è
quella, per i casi espressamente previsti, del carattere obbligatorio
della confisca.
[1]
La facoltà di rinunziare all’opposizione, in linea teorica appare
peraltro, ampiamente legittima come sostenuto da Tribunale Torre
Annunziata Sez. I, 23-11-2007, in www.leggiditalia.it “E’
ammissibile l’atto formale di rinuncia all’opposizione di un decreto
penale nella fase del dibattimento, in quanto l’atto stesso è
assimilabile entro il più generale istituto delle impugnazioni ed,
anche in virtù del principio di economia dei mezzi processuali, non può
essere motivo di regresso alla fase preliminare.
[2] Urbanistica e appalti, 2009, 7, 903
[4] Procedura penale ,UTET, To, 1082
[5] Cfr. per un complessivo quadro dottrinale CHIAVARIO Diritto Processuale Penale, UTET 2005, PG. 386
[6] Il
decreto penale di condanna è un provvedimento giurisdizionale
assimilabile alla sentenza di condanna, ma che non viene caducato
automaticamente con la proposta opposizione, potendo il giudice
revocarlo solo nel giudizio conseguente (art. 464 comma 3 c.p.p.). Fino
a quando, perciò, il decreto non diventi irrevocabile, perchè
inutilmente decorso il tempo per proporre opposizione, o perchè la
stessa viene dichiarata inammissibile, il processo non può considerarsi
concluso ed il giudice, davanti al quale esso è pendente, può
differentemente concludere il giudizio, anche emettendo autonomi
provvedimenti incidentali e accessori, come quello della parziale
restituzione delle cose sequestrate.
[7]
L’art. 11 lett. b), d.lg. n. 358 del 1992, che commina l’esclusione
dalla partecipazione alle gare d’appalto dei fornitori nei cui
confronti sia stata pronunciata una condanna, con sentenza passata in
giudicato, per qualsiasi reato che incida sulla loro moralità pubblica,
oltre per delitti finanziari, va interpretato nel senso che è da
considerarsi sufficiente anche una condanna inflitta a mezzo di decreto
penale, di cui all’art. 460, c.p.p., per il caso di sola sanzione
pecuniaria, dal momento che, da un lato, il decreto penale, pur non
potendo assumere il valore decisorio di una sentenza, rappresenta
comunque una decisione motivata, non equiparabile, ma almeno
assimilabile ad una sentenza di condanna, dall’altro, perchè
l’eventuale esclusione dall’ambito di operatività dell’art. 11, d.lg.
n. 358 del 1992 dei casi di ricorso a decreto penale, considerata
l’estensione sempre maggiore delle fattispecie punibili con pena
pecuniaria, finirebbe per rendere la predetta disposizione normativa
priva di qualsiasi incisività.
[8] Curatela fallimentare del fallimento Fonderia Altopasdo s.r.l. c. M.M. In www.leggiditalia.it.
[9]
In precedenza, infatti, Cass. III Sent., 04-12-2007, n. 4545 (rv.
238852) Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Benevento
c. P.A.P. aveva sostenuto che In tema di gestione dei rifiuti, la
confisca obbligatoria del mezzo di trasporto, prevista per il reato di
trasporto non autorizzato di rifiuti (artt. 256, comma primo in
relazione all’art. 259, comma secondo, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152),
deve essere disposta anche nel rito speciale del procedimento per
decreto, in quanto tale obbligo sussiste ogni volta che la confisca sia
obbligatoria ai sensi dell’art. 240, comma secondo, cod. pen. ovvero ai
sensi delle leggi speciali.