Un anno di Apple, senza Jobs. Così cresce la Mela di Cook
E’ FACILE leggere in giro tra blog, articoli di giornali e riviste, giornalisti, esperti, analisti, che provano a immaginare come sarà la Apple nel 2013. Non è facile capire, oggi, come sarà l’azienda che fu di Steve Jobs, ma una cosa è certa: Tim Cook ha preso le redini del comando e quello che accadrà, da ora in poi, porterà solo e soltanto la sua firma.
Proviamo a vedere il 2012, il primo anno senza Jobs, come un anno di ovvia e faticosa transizione, l’azienda che prima era “autocraticamente” governata dai desideri, sogni, deliri, idee, invenzioni, visioni, genialità, conti, amori e odi, prodotti di Jobs, adesso si avvia a vivere una nuova vita. Ma qualcuno temeva, e teme, che questa nuova vita possa essere più “grigia” della precedente, meno sorprendente, non più in grado di cambiare il mondo ma solo di seguirlo. Non innovazione, insomma, ma mercato. A suffragare questa ipotesi c’è stato, infatti, l’arrivo dell’iPad Mini, un prodotto che non è possibile sistemare sullo scaffale dell’innovazione ma che certamente, a giudicare dai numeri, accontenterà il mercato, portando ulteriore successo all’azienda di Cupertino.
Ma sarà davvero così? Può Tim Cook, in tutta onestà, tirare il freno e mettere l’azienda che ha fatto dell’innovazione il suo marchio di fabbrica in una posizione di “rimessa”? Proviamo a vedere quello che è accaduto negli ultimi mesi e vedere se davvero i tasselli del puzzle vanno davvero messi
in ordine in questo modo.
Innanzitutto i prodotti: in un anno Apple ha rinnovato l’intera gamma delle sue macchine e dei suoi servizi, nulla è uguale a un anno fa. I laptop e i desktop sono completamente rinnovati e questi ultimi, in particolare, hanno mantenuto alto il livello di innovazione. I nuovi iMac sono chilometri avanti alla concorrenza, in tema di design principalmente, ma anche concettualmente e come performance. Sono dei pc da tavolo, ma proprio perché devono stare sulle scrivanie tendono oggi a scomparire, sono degli oggetti belli a vedersi e talmente sottili da non creare alcun ingombro. Sono i primi desktop della nuova era, pronti ad essere la porta d’ingresso ad un mondo “mobile first” che porterà alla loro scomparsa. Il computer c’è ma non si vede, tutto è ridotto a uno schermo sottilissimo, una tastiera e un mouse. Vi dice niente? A noi fa pensare, né più né meno che a un televisore, anzi, per essere precisi, a quello in cui si stanno trasformando i televisori, ovvero terminali digitali multifunzione, in grado di ricevere segnali da fonti diverse e di ricevere input da mouse, voce, gesto, testo. L’iMac di nuova generazione è già questo, ma fa molte cose che un televisore oggi ancora non fa. E’ un pc, ma guarda avanti, lontano, oltre se stesso.
Si può dire lo stesso dei laptop, dei computer portatili di casa Apple? I MacBook, ma in generale tutti i computer portatili, sono quelli che soffrono di più dell’avanzata dei tablet. Se in futuro i tablet avranno ancora più potenza e memoria sarà più facile rinunciare ad avere un pc portatile. Lo hanno già pensato in molti, e altre aziende producono già computer “ibridi” che possono essere al tempo stesso pc e tablet, che possono essere comandati da tastiera o da schermo touch. Su questa fase di mezzo, su questa lunga transizione da un mondo all’altro, punta ad esempio Microsoft con Windows 8. Apple no, non cerca di “ibridare” le proprie creature per ora, la scelta di campo il consumatore la deve fare adesso, e per “difendere” il campo del laptop ha tirato fuori le migliori macchine della sua storia, con il Retina display per una risoluzione mai vista prima, il Thunderbolt, l’Usb3, la videocamera in HD, i nuovi speaker, puntando sul Flash per lo storage, sugli ultimi processori Intel per la velocità e la potenza di calcolo. I laptop prima o poi scompariranno? Beh, pensano alla Apple, tanto vale lasciare un buon ricordo… Di sicuro il MacBook Air, primo prodotto Apple che guardava all’era mobile con occhi aperti, è oggi l’esempio di quello che un “vecchio” pc può fare riducendo al minimo le sue forme senza rinunciare alla potenza, senza diventare una macchina di secondo livello. L’ultima versione è sottilissima, leggerissima, potentissima. Ed è già una macchina che, avendo eliminato tutti i supporti (non ha lettore di cd/dvd) vive solo se collegata alla rete, “respira” se connessa, conserva e memorizza ancor meglio che in una vitale connessione con un cloud.
Ma i pc sono già, in qualche modo, parte del “passato”. Le nuove generazioni girano con lo smartphone in tasca, e con quello si collegano alla rete, scambiano posta e messaggi, guardano video, ascoltano musica e molto, molto, ma molto altro ancora. E allora? L’iPhone 5 è il massimo che la Apple poteva proporre seguendo la strada tracciata dal primo iPhone, portando a maturazione completa l’idea di un mobile handset in grado di fare tutto e farlo meglio, aggiungendo in questo caso uno schermo più ampio, un peso assai ridotto, uno schermo ultrasensibile, la possibilità di passare all’Lte e molto altro. Certo, è innegabile che qualche bel passo falso Cook e i suoi l’abbiano fatto, le mappe, Siri, promesse non mantenute, errori che verranno strada facendo recuperati, soprattutto sul fronte delle mappe, ma al di la di tutto e al di la della pressione messa sulla Apple da una concorrenza sempre più agguerrita e in grado di offrire prodotti di notevole qualità, l’iPhone 5 è senza dubbio “il miglior iPhone di tutti i tempi” e arriva a chiude una fase in cui lo smartphone di Cupertino ha fatto da battistrada, ha segnato la rotta, ha indicato soluzioni per tutto il mercato. Finito il ciclo è difficile, crediamo, che possa arrivare un iPhone 6, oppure anche se arriverà, con qualche ulteriore e inevitabile miglioramento, verrà prima o poi sostituito da un terminale basato su concetti nuovi.
Nel frattempo la macchina “perfetta” per il medioevo digitale odierno è il tablet, l’arca di Noè che consentirà di traghettare l’umanità verso la nuova terra dove tutto avverrà principalmente in mobilità e nella quale quello che faremo a casa probabilmente passerà per la stessa macchina che porteremo con noi in giro per il resto della giornata. E il tablet che fino ad oggi ha stabilito le regole del gioco è l’iPad. Qui il discorso si fa più complesso, perché Apple ha messo in circolazione due nuovi iPad “grandi” e un iPad mini in un solo anno, rinnovando la macchina “flagship” in soli sei mesi. Scelte sorprendenti e, soprattutto nel caso del nuovo iPad, inattese, fatte soprattutto, crediamo, per distanziare la concorrenza, che sull’onda del successo delle macchine Apple ha messo in circolazione, negli ultimi tempi, alcune macchine concorrenziali, interessanti, e in alcuni casi innovative. La macchina nuova prodotta da Cupertino, quella che dopo solo sei mesi ha preso il posto della precedente, è senza dubbio alcuno il miglior tablet sul mercato, ha qualità e design, potenza e software, e come i suoi predecessori fa tutto quello che un tablet deve fare e molte cose che fanno i pc. Per molti oggi il nuovo iPad, con la sua potenza di calcolo e la sua grafica, con lo schermo ad altissima risoluzione e la leggerezza, è in grado di sostituire il pc. Chi non vuole farlo ma ama poter usare in mobilità tutte le funzioni del tablet può scegliere ancora tra il solidissimo iPad2 o il piccolissimo iPad mini, messo in commercio per coprire una fascia di prodotti che prima, dopo una celeberrima “sentenza” di Jobs, veniva considerata inutile e priva di futuro.
Basta così? Non basta, perché Apple ha rinnovato anche, e in maniera sostanziale, gli iPod, la pietra fondante del loro successo odierno, la prima macchina consumer della nuova era pensata da Jobs e dai suoi. In origine era un lettore mp3, e i suoi modelli più piccoli lo sono ancora, anche se, ovviamente, più potenti e funzionali di un tempo. La macchina più bella, spettacolare, comoda che Apple abbia recentemente messo in commercio è il nuovo iPod Touch. Gli hanno lasciato il vecchio nome ma di vecchio la macchina non ha nulla. E’ lunga ed elegante come l’iPhone 5, è utile e funzionale come un iPad. Anzi, a dirla tutta, l’iPod Touch è in realtà un iPad micro, un tablet da taschino, che sfrutta alla perfezione l’intero ecosistema. Ed è una macchina completa perché se è pur vero che non ha le funzioni telefoniche tradizionali, se usata con saggezza può perfettamente telefonare via Internet, tramite il FaceTime ma anche Skype, Indoona e altri software. E se si pensa che orami buona parte dei ragazzi non usa molto il telefono ma i messaggi, attraverso ogni sistema disponibile, si comprende bene perchè Apple punti molto su questa macchina, che è il perfetto terminale tascabile di oggi. E poi c’è l’iPod Nano interessante perché la nuova macchina è piccola, agile, leggera e priva di IOS6, l’unica dell’intera gamma a non sfruttare lo stesso software pur restando collegata allo stesso ecosistema. Direte: “Era già così”, ed è vero, ma il nuovo Nano ha un look and feel che è nuovo, ha un design differente, è un prodotto che, a prima vista, potrebbe non essere Apple perché non assomiglia a nulla di quanto Apple ha prodotto e ha messo in circolazione fino ad oggi. Diversa la linea, diverso l’utilizzo, tutto più semplice, diretto, spartano, ma colorato, divertente, fruibile. Potrebbe essere il primo oggetto della nuova fase, quello che dovrebbe, potrebbe, portare l’azienda verso un mondo digitale più ampio, non fatto solo di pc, telefoni e tablet, ma anche di altri prodotti consumer. I segnali interessanti, in tal senso, ci sono già, dalla lampadina Hue di Philips venduta esclusivamente negli Apple Store, al termostato Nest che ha già fatto la sua comparsa sugli scaffali dei negozi di Cupertino, segnali ai quali si possono giustamente sommare gli infiniti rumors sul televisore con il marchio della Mela che molti vedono come inevitabile e che tanti amerebbero vedere.
E non è finita qui, perché Tim Cook ha messo alla porta l’uomo che per molti versi era assieme a Steve Jobs responsabile della rivoluzione Apple degli ultimi anni, Scott Forstall, un tempo considerato come probabile sostituto di Jobs alla guida dell’azienda. Forstall è senza dubbio il principale responsabile delle brutte figure che Apple ha fatto con le mappe e con Siri, e non ha convinto tutti sulla direzione da prendere in futuro per il sistema operativo. Cook gli ha dato il benservito e altrettanto ha fatto con John Browett, a capo del retail. La riorganizzazione aziendale, con maggiori poteri a Jony Ive, Eddie Cue, Bob Mansfield e Craig Federighi, ci dice che le cose in casa Apple cambieranno ancora e che la strategia di Cook non è certo quella di seguire pedissequamente i passi di Jobs, ma di portare la Apple concretamente nella nuova era che ha contribuito in maniera fondamentale ad aprire, con prodotti nuovi, mentalità nuova, obbiettivi nuovi. Con la collaborazione di più teste, con un consiglio di amministrazione che farà sentire la sua voce, con gli azionisti che no staranno solo a guardare. Sarà la Apple di Cook, insomma, che ci piaccia o no. Sarà un’azienda diversa da quella che abbiamo conosciuto. Ma non è scritto da nessuna parte che sarà peggiore, che si limiterà a produrre denaro, che penserà solo al mercato. E’ possibile che accada, ma è anche altamente più probabile che, chiuso questo 2012, nel quale sono stati messi in commercio prodotti che danno all’azienda l’autonomia e il respiro di un altro anno, la Apple guardi altrove e sia pronta a sorprenderci di nuovo, a scommettere sul futuro. I semi sono stati piantati. Sarà decisamente interessante vedere come maturerà la Mela.