Università condannata a restituire il teschio del brigante che ispirò Lombroso
Nei manuali di diritto penale è sovente citata la teoria dell’ “uomo delinquente” elaborata dal Lombroso, che ebbe tuttavia scarso credito nella comunità scientifica. Lo scienziato si era ispirato al brigante Villella, il cui teschio è custodito ed esposto presso il museo di antropologia criminale “Cesare Lombroso” di Torino. Il Comune di Motta S. Lucia, con il successivo intervento volontario del Comitato Scientifico “No Lombroso”, conveniva innanzi al Tribunale di Lamezia Terme il Comune di Torino, il Miur e l’Università degli Studi di Torino, chiedendo la restituzione del teschio del brigante Villella, originario di tale Comune.
Tutti i convenuti si costituirono in giudizio, eccependo talune questioni preliminari di rito: il Tribunale, considerando la particolarità della questione, ha reputato “sovvertire” le regole procedurali, esaminando prima il merito della controversia e, di seguito, le eccezioni preliminari “per una migliore comprensione delle ragioni giuridiche poste a fondamento della decisione”.
Il giudice, nel reputare fondata la domanda, ha riportato, in sentenza, la circolare del Ministero dell’Interno del 1883, dove si afferma che sono a carico delle Università sia le spese di trasporto del cadavere “ma anche della sepoltura che si eseguirà sempre con le norme stabilite dall’art. 438 del Regolamento delle Case di Pena”, nonché il D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 recante “Approvazione del regolamento di polizia mortuaria” il quale dispone che: “Dopo eseguite le indagini e gli studi, i cadaveri di cui all’art. 40, ricomposti per quanto possibile, devono essere consegnati all’incaricato del trasporto al cimitero”.
L’Università degli Studi di Torino ha continuando a detenere il cranio del brigante, nonostante non rappresenti più fonte di studi o di interesse didattico, a seguito dell’apostasia della teoria del Lombroso da parte della Comunità Scientifica. Il Giudice argomenta che, abbandonata la teoria dell’Uomo delinquente, non sussistono ragioni scientifiche o didattiche per cui il cranio del Villella debba continuare ad essere esposto in un museo quale reperto di un disvalore antropologico contraddetto dalla comunità scientifica. Pertanto, a dir del giudice, l’Ente deve restituire il cranio per la sepoltura al Comune di residenza in vita, in mancanza di eredi che abbiano formulato richiesta. In particolare il Comune non ha agito soltanto per far conseguire una sepoltura al concittadino Villella, quanto per riscattare la propria immagine di Ente che avrebbe dato i natali al prototipo antropologico del “criminale”, e che tale non si è rivelato.
Sia il “buon nome” che “l’immagine morale” rappresentano diritti soggettivi riconosciuti anche alle persone giuridiche ed agli Enti Locali (ex multis Cass., sent. n. 4542/12): siffatto diritto al riscatto morale costituisce il caposaldo della legittimazione e dell’interesse ad agire in capo al Comune di Motta S. Lucia, che potrebbe lucrare prestigio sociale dal recupero del cranio di un personaggio che ha rivestito importanza per l’antropologia criminale e che in seguito è stato riabilitato. Pertanto il Tribunale, sul ricorso ex art. 702 c.p.c., ha accolto l’eccezione di difetto di legittimazione passiva del Comune di Torino e del MIUR, condannando l’Università degli Studi di Torino, oltre che alle spese di giudizio, alla restituzione al Comune di Motta S. Lucia del cranio del Villella e al pagamento delle spese di trasporto e di tumulazione.