Università: la legge deve riconoscere l’attività prestata dai ricercatori ai fini della progressione di carriera
E’ fondata la pretesa di un ricercatore universitario confermato di vedersi riconoscere, ai fini della progressione di carriera, oltre che ai fini previdenziali e assistenziali, l’attività prestata nell’università in qualità di tecnico laureato. Ciò in accordo con quanto espresso dalla Corte costituzionale con sentenza n. 191 del 2008, la quale ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 103 del D.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, comma terzo, nella
parte in cui non riconosce ai ricercatori universitari – per intero ai fini del trattamento di quiescenza e previdenza e per i due terzi ai fini della carriera – l’attività prestata.
Cons. Stato, Sez. VI, 3 giugno 2009, n. 3375