Università, le tasse aumentano ancora
Da questo punto di vista i numeri sono significativi: in Italia uno studente universitario su tre resta indietro. Nel complesso quasi 600mila studenti non hanno completato il ciclo di studi nei tempi previsti dall’ordinamento universitario nell’a.a. 2010/2011, il 33,59% del milione e 782 mila di iscritti.
Il nuovo decreto prevederà che nel computo del 20% (ovvero quanto ottiene ogni ateneo dalle tasse universitarie) verranno escluse le quote delle tasse degli studenti fuori corso ed extracomunitari: in questo modo si otterrà inevitabilmente l’aumento delle tasse per queste categorie di studenti.
Stando alle parole del Ministro, questo non vuole essere una punizione, anzi “un modo per incitare i ragazzi a fare meglio e prima”. “In alternativa – ha suggerito – si può adottare la modalità dello studente part time, una formula applicata da alcuni anni per gli studenti lavoratori che permette di creare un personale piano di studi in base alle proprie esigenze di tempo e impiego, senza risultare fuori corso”. Il problema è che questa modalità, oltre a non essere applicata da tutti gli atenei italiani, è irreversibile. Una volta che ci si iscrive secondo la modalità part time, infatti, bisogna attenersi al piano di studi concordato, anche se eventualmente lo studente dovesse trovarsi in uno stato di prolungata disoccupazione. Inoltre, il non rispetto dei tempi concordati provoca un pagamento delle tasse maggiorate del 50%.
Insomma, punire i bamboccioni o stimolare la competitività? Il dibattito inizia a infiammare i blog di studenti e ricercatori e tutto lascia presagire un autunno molto caldo (anche) su questo fronte. Intanto sono emersi i dati di un’indagine realizzata da Eurostudent, relativi al 2011. Prendendo un campione di 4.500 ragazzi iscritti alle università (statali e non), le percentuali di studenti lavoratori sono molto alte: il 39% dei giovani iscritti ad un corso triennale lavora, molti di più quelli iscritti ad una laurea magistrale, dove circa il 45.4% alterna lo studio al lavoro, specie tra gli studenti di “di origine sociale non privilegiata”(41,7%) ma anche fra i ragazzi con genitori laureati o benestanti(29,8%).
Poi c’è il discorso sulla necessità di preservare gli investimenti nel mondo dell’ istruzione (soprattutto per la formazione avanzata) e ricerca. A quanto emerge dalle norme contenute nel decreto legge 95/2012, si apprende che il taglio di 200 milioni al fondo di finanziamento ordinario (Ffo) non è stato confermato, ma il contenimento della spesa è perseguito attraverso una riduzione del turn-over, prevedendo che solo una parte delle risorse liberate dai pensionamenti possa essere riutilizzato per nuove assunzioni. Il decreto stanzia poi nuove risorse per il finanziamento di borse di studio, circa 90 milioni per il 2012, che tuttavia sono appena sufficienti a riportare l’entità del fondo ai suoi livelli precedenti.