Università, protesta dei ricercatori. “Inammissibili condizioni lavorative”
Occupazione simbolica dei rettorati universitari di Napoli. E’ la risposta partenopea alla discussione, che è in atto in Senato in questi giorni, sul disegno di legge Gelmini. A mettere in atto la protesta sono i ricercatori degli atenei, “costretti a fronteggiare ogni giorno la precarietà della loro condizione lavorativa”. Una condizione che, spiegano, non è economica ma “di ruolo”. E domani saranno a Roma, per manifestare davanti al Senato il loro dissenso. I rappresentanti dell’Università napoletana fanno sapere che non saranno più disposti ad occuparsi della didattica se gli anni dedicati all’insegnamento non verranno riconosciuti come criteri di valutazione per l’ abilitazione a ricercatori. “Questa è in realtà una riforma a costo zero per loro – ha spiegato Vincenzo Paolo Senese, rappresentante dei ricercatori del Senato Accademico della Sun – Ogni anni le facoltà chiedono ai ricercatori, a titolo gratuito, di occuparsi della didattica e loro accettano anche per non compromettere la qualità della formazione dei ragazzi. In pratica ci ritroviamo a fare il lavoro anche dei professori ordinari senza percepire un compenso e sacrificando la ricerca”. Ciò che chiedono ai parlamentari campani è di presentare emendamenti al ddl che prevedano l’attivazione di procedure rapide per la valutazione, un meccanismo di passaggio nel ruolo di professore per coloro che hanno acquisito l’abilitazione, l’inclusione dell’attività didattica svolta tra i titoli di merito da considerare al momento della valutazione per ottenere l’abilitazione.
“La causa dei ricercatori partenopei è giusta. Le condizioni in cui sono costretti a lavorare sono inammissibili – commenta l’avvocato Angelo Pisani, Presidente dell’associazione NoiConsumatori.it – . E’ assurdo che i ricercatori si occupino dell’insegnamento ovvero degli stessi compiti dei docenti e poi non venga loro riconosciuta tale attività in termini di abilitazione. Il rischio dell’ Università, non solo partenopea ma italiana, è che il prossimo anno accademico si verifichi una mancanza di ricercatori in quanto, giustamente, non saranno più disposti a gestire la didattica senza garanzie per il loro lavoro. In questo modo la nostra ricerca subirà una grossa battuta d’arresto che colpirà l’insegnamento e di conseguenza gli studenti e la loro preparazione. Chiediamo che i parlamentari tutelino i diritti dei ricercatori italiani assicurando loro i giusti compensi, le adeguate procedure di valutazione e l’inclusione della didattica per l’abilitazione a ricercatori”.