Università, via libera alla riforma Negli atenei più meritocrazia
Via libera del Consiglio dei ministri al
disegno di legge per la riforma universitaria presentato dal ministro
dell’Istruzione, Mariastella Gelmini. Lo riferiscono fonti
ministeriali.
Il ddl sull’università «è il frutto di un lavoro di forte
collaborazione con i ministri Tremonti e Meloni». Lo ha sottolineato il
ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini, aggiungendo che il
provvedimento varato oggi dal consiglio dei ministri, «che ha ricevuto
una forte attenzione da parte del premier Berlusconi», arriva dopo una
lunga gestazione e periodi di concertazione con tutto il sistema
universitario». Un provvedimento «corposo, organico», che punta ad
«affrontare in maniera seria e coraggiosa i problemi che esistono
all’interno dell’università nell’ottica di ridare maggiore peso e
autorevolezza ad un’istituzione fondamentale per il nostro Paese,
rendendola protagonista anche come risposta alla crisi perchè un
sistema Paese che voglia guardare al futuro non può accontentarsi di un
sistema universitario che in alcuni casi è buono ma nel quale esistono
problematiche che vanno risolte».
Un limite massimo di otto anni al mandato dei rettori, una
distinzione netta di funzioni tra Senato e consiglio di
amministrazione, la valutazione dei professori da parte degli studenti,
la possibilità per gli atenei di fondersi tra loro: sono alcuni dei
punti-chiave del ddl di riforma dell’università varato oggi dal
consiglio dei ministri. Il provvedimento introduce, inoltre,
l’abilitazione nazionale per i professori associati e ordinari e la
distinzione tra reclutamento e progressione di carriera.
Funzioni divise di Senato e Cda. Il Senato avanzerà proposte di
carattere scientifico, ma sarà il Cda ad avere la responsabilità chiara
di spese e assunzioni, anche delle sedi distaccate. Il Cda non sarà
elettivo, avrà il 40% di membri esterni e anche il presidente potrà
essere esterno. È prevista una presenza qualificata di studenti negli
organi di governo. La riforma della governance prevede, inoltre, la
figura di un direttore generale, un vero e proprio manager di ateneo,
al posto dell’attuale direttore amministrativo. Il nucleo di
valutazione d’ateneo avrà una maggiore presenza di membri esterni per
garantire una valutazione oggettiva e imparziale.
«Commissariamento e tolleranza zero per gli atenei in dissesto finanziario». È
prevista l’introduzione della contabilità economico-patrimoniale
uniforme, secondo criteri nazionali concordati tra ministero
dell’Istruzione e Tesoro: «i bilanci dovranno rispondere a criteri di
maggiore trasparenza. Debiti e crediti saranno resi più chiari nel
bilancio.
Gli scatti di stipendio andranno solo ai «professori migliori». È
quanto prevede la riforma dell’università che rafforza le misure
annunciate nel decreto 180 in tema di valutazione dell’attività di
ricerca dei docenti. In caso di valutazione negativa, spiegano dal
ministero, «si perde lo scatto di stipendio e non si può partecipare
come commissari ai concorsi».
Gli studenti valuteranno i professori e questo giudizio sarà
determinante per l’attribuzione dei fondi alle università da parte del
ministero. I docenti avranno l’obbligo di certificare la loro presenza
a lezione. Viene, inoltre, stabilito un riferimento uniforme per
l’impegno dei professori a tempo pieno: 1.500 ore annue di cui almeno
350 destinate ad attività di docenza e servizio per gli studenti.
Scatti stipendiali solo ai prof migliori e possibilità di prendere 5
anni di aspettativa per andare nel privato senza perdere il posto.
Riduzione delle facoltà. Sotto il profilo della riorganizzazione
degli atenei, le nuove norme introducono una forte riduzione delle
facoltà, che potranno essere al massimo 12 per università. Lo scopo è
quello di evitare la moltiplicazione di facoltà inutili e non richieste
dal mondo del lavoro.
Codice etico. In particolare è prevista l’adozione di un «codice
etico» che al momento non esiste, con regole per «garantire trasparenza
nelle assunzioni e nell’amministrazione». Il codice dovrà «evitare
incompatibilità, conflitti di interessi legati a parentele. Alle
università che assumeranno o gestiranno le risorse in maniera non
trasparente saranno ridotti i finanziamenti del ministero».
Abilitazione nazionale. Il ddl introduce l’abilitazione
nazionale per l’accesso di associati e ordinari. L’abilitazione è
attribuita da una commissione nazionale (anche con membri stranieri)
sulla base di specifici parametri di qualità. I posti saranno poi
attribuiti a seguito di procedure pubbliche di selezione bandite dalle
singole università. Si prevede una netta distinzione tra reclutamento e
progressione di carriera.
Il nodo dei ricercatori «è l’aspetto che più mi sta a cuore». Lo
ha sottolineato il ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini.
«Occorre che i giovani non restino ricercatori a vita. Per questo
abbiamo previsto due contratti triennali al termine dei quali si
procede a una loro valutazione ed è poi facoltà dei singoli atenei
trasformare i ricercatori in associati. In questo modo si mette fine a
un precariato che va avanti da anni e si favorisce il ricambio
generazionale». Allo stato attuale «si diventa mediamente ricercatori a
37 anni – ha spiegato il ministro Gelmini – dopo anni di precariato».
«Non ha senso essere ricercatori a 50 o 60 anni». Invece, osserva, con
la riforma licenziata dal consiglio dei ministri «si può diventare
ricercatori a 30 anni». Rispetto alla retribuzione, lo stipendio medio
sarà di circa 1.800 euro mensili con contratti a tempo determinato
della durata di tre anni ciascuno.
Borse di studio e prestito d’onore. Spostare il sostegno
direttamente agli studenti per favorire accesso agli studi universitari
e mobilità. È questo l’obiettivo della delega al Governo per riformare
il diritto allo studio. «Abbiamo lavorato assieme al ministro Meloni –
ha spiegato il ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini
presentando la riforma dell’università a Palazzo Chigi – sul tema del
diritto allo studio. Vogliamo utilizzare i risparmi che si otterranno
per sostenere gli studenti più meritevoli, erogare borse di studio e
promuovere i prestiti d’onore. Insomma – ha concluso – vogliamo avviare
una politica vera per il diritto allo studio».
Tremonti: risorse dallo scudo. La riforma dell’Università varata
oggi dal Consiglio dei ministri avrà priorità nell’utilizzo delle
risorse derivanti dallo scudo fiscale. Lo ha detto il ministro
dell’Economia, Giulio Tremonti, nel corso di una conferenza stampa
congiunta con il ministro Mariastella Gelmini al termine della riunione
a palazzo Chigi. Venendo all’aspetto «economico» della riforma nel
disegno di legge «si discute solo dell’aspetto della struttura», mentre
«i finanziamenti arriveranno con la finanziaria e sarà fondamentale la
priorità data nella destinazione dei fondi del cosiddetto rimpatrio dei
capitali alla riforma dell’università».
I rettori: sì se ci sono le risorse. La riforma dell’università
targata Gelmini sarà credibile se sostenuta da adeguate risorse. «La
proposta di legge del ministro Gelmini – ha dichiarato il presidente
della Crui, Enrico Decleva – per l’ampiezza del suo impianto e la
valenza riformatrice degli interventi previsti, rappresenta
un’occasione fondamentale e per molti versi irripetibile per chi ha
davvero a cuore il recupero e il rilancio dell’università italiana.
Rispetto ad alcune soluzioni potranno essere opportuni ulteriori
approfondimenti. Ma è essenziale che, a questo punto anche nel nostro
Paese si siano determinate le condizioni per affrontare in un’ottica
coerente e di ampio raggio urgenze e criticità altrove superate da
tempo. È ora necessario che il confronto parlamentare si sviluppi
concentrandosi sul merito delle varie questioni. Così come è
indispensabile, e per più aspetti pregiudiziale, che all’avvio del
processo riformatore, e a garanzia della sua credibilità corrisponda
una disponibilità adeguata di risorse. A partire da quanto sarà
garantito al finanziamento degli atenei per il 2010».
Confindustria: «La Riforma approvata oggi risponde all’esigenza,
condivisa da Confindustria, di porre l’Università italiana in
condizione di competere ad armi pari con i migliori Atenei del mondo».
Così Gianfelice Rocca, vicepresidente di Confindustria per l’Education,
commenta il disegno di legge varato stamattina dal Consiglio dei
ministri. «Al centro del provvedimento c’è il tentativo di liberare il
nostro sistema universitario da modelli organizzativi inefficienti, da
vincoli burocratici e da abitudini corporative che finora hanno
appesantito la vita dei nostri Atenei. Il merito, il finanziamento
premiale, la selezione dei migliori e l’internazionalizzazione potranno
sostituire l’appiattimento retributivo, il finanziamento su base
storica e egualitaria, le assunzioni per anzianità e la chiusura
internazionale».
Udc: pronti a contributo costruttivo. «Se durante l’iter
parlamentare del provvedimento ci sarà da parte del governo lo stesso
atteggiamento collaborativo, l’Udc non farà mancare il proprio
contributo costruttivo». Lo afferma Michele Vietti, presidente vicario
dei deputati dell’Udc.