Usura di Stato. C’è anche chi muore di Equitalia
Ecco le cifre di EQUITALIA: più di 7 milioni di fermi amministrativi, quasi 4 milioni di immobili ipotecati, più di un milione di conti correnti sequestrati, in questi ultimi 2 anni più di 1200 di piccole imprese hanno dovuto dichiarare fallimento con la diretta conseguenza dell’annientamento di oltre 8000 posti di lavoro. Milioni di famiglie italiane gettate sul lastrico. Ecco i numeri del dissesto sociale provocato da EQUITALIA.
Ormai viviamo in un contesto sociale che s’è imbastardito. Cartelle pazze, semafori truccati, debiti irrisolti delle vecchie società di riscossione che vengono riversati sui cittadini (vedi Tributi Italia di Aprilia e Gestline) ipoteche illecitamente applicate, etc etc. Nella stragrande maggioranza dei casi questi provvedimenti vengono attuati senza che i cittadini interessati ne siano informati. In un periodo di grave crisi economica come quello in cui viviamo è assolutamente impensabile continuare con questa mattanza sociale, attuata da una società pubblica (come EQUITALIA) che applica metodiche mafiso/criminali, tassi da usura, senza porre la benchè minima attenzione alle condizioni personali dei cittadini. E’ un sopruso di Stato. Intanto da Torino arriva (l’ennesima) storiaccia di malaEquitalia.
“Mio marito, morto di crepacuore vittima di Equitalia”
http://www3.lastampa.it/torino/sezioni/cronaca/articolo/lstp/396511/
«Per 6 mila euro ci hanno ipotecato casa e tolto i fidi»
(Marco Accostato – La Stampa) Torino
“Le case non si toccano… non si può fare ammalare così la gente”, diceva un anno fa Mauro Bordis, con le lacrime agli occhi, di fronte alle telecamere di Report, durante una puntata-inchiesta su Equitalia. Piccolo artigiano esperto in antichità e restauri, aveva da poco scoperto di avere la casa di Moncalieri ipotecata e i fidi bancari sospesi per una cartella esattoriale da 6 mila euro. Un piccolo debito, una somma non pagata entro la data di scadenza.
«Non si può fare ammalare così la gente». Parole tragicamente premonitrici: un anno dopo, Bordis non c’è più. E’ morto d’infarto mentre lottava contro le cartelle di Equitalia, travolto dall’angoscia di vedersi non solo ipotecare casa, ma persino bloccare gli strumenti di lavoro per quel debito da qualche migliaio di euro con le tasse. Un paradosso. Un caso fra migliaia, storie di piccoli imprenditori «che non hanno evaso e non intendono evadere il fisco, ma che la crisi ha soltanto messo nelle condizioni di non riuscire a pagare subito i debiti con lo Stato». Bordis è morto d’infarto e la sua storia è diventata l’emblema di una battaglia di giustizia portata avanti dalla moglie Ewa Mayer, ospite domenica sera del Senso della Vita, la trasmissione di Paolo Bonolis su Canale 5.
«Non è quel debito ad avere ucciso mio marito», sospira la vedova Bordis. «E’ il girone infernale che non t’immagini nel quale siamo precipitati per quel debito da nulla. E con noi, molte altre famiglie. Prima che ne fossimo informati, la banca sapeva già che eravamo “cattivi pagatori”, così ci ha contattato perché restituissimo entro cinque giorni 25 mila euro che ci aveva concesso di fido». Nessuno ti fa più credito, nessuno si fida più, se Equitalia ti «bolla» come pagatore inaffidabile. In poche ore si può mettere in ginocchio una vita, addirittura una famiglia intera, contribuire al fallimento di un’azienda già in difficoltà. Il colpo di grazia. E’ la storia dei Bordis, ma lo sanno bene circa 100 mila famiglie che in Piemonte si ritrovano oggi con una casa sotto ipoteca o con le ganasce fiscali all’auto. Ewa Mayer è una delle persone che – grazie al consigliere regionale Alberto Goffi, Udc – aderirà a una class action nazionale che s’intende lanciare contro Equitalia. Il marito Mauro aveva 58 anni, era artigiano da 38.
«Ai nostri figli – dice la Mayer – abbiamo sempre insegnato l’onestà. Oggi, vedendo in quale situazione ci siamo trovati, e pensando a quegli evasori di lusso che hanno portato capitali all’estero risolvendo poi tutto con uno scudo fiscale al 5 per cento, non so più che cosa sia meglio insegnare. Se conviene essere onesti oppure furbi».
A Genova ieri alcuni movimenti hanno voluto compiere un gesto simbolico di solidarietà. Un blitz in piena regola. E’ stato “Pignorato” l’ufficio dell’assessore comunale al Bilancio, Franco Miceli. Una cinquantina di partecipanti al cartello “Uniti contro la crisi”, che riunisce precari, centri sociali, alcune sigle sindacali, operatori sociali, vestita con tute azzurre ed equipaggiata con adesivi “pignorato!” è entrata nell’ufficio dell’assessore, all’ottavo piano di Palazzo Tursi. Dopo aver etichettato scrivanie, piante, schedari, sedie e battenti di porte, li hanno trasferiti nel corridoio, sotto gli occhi attoniti di Miceli. “Abbiamo voluto far provare all’assessore e ai funzionari ciò che probabilmente non proveranno mai ma che invece capita ad un numero sempre maggiore di persone – spiegano Uniti contro la crisi – esigiamo la sospensione delle esecuzioni e l’annullamento dei crediti, di competenza del Comune, per tutte le persone con un reddito inferiore ai 30.000 euro annui“.
commento per vostro articolo io, ho una situazione molto simile, tutto perchè non posso pagarmi un avvocato. Dalla sera alla mattina, senza avviso, mi hanno bloccato tutto l’importo del solo conto corrente 10.462 euro, a fronte di una causa di 4.000 auro, che deve ancora essere valutata, e, che ritengo di essere del tutto estraneo. Era il denaro della mia pensione, e, che avevo risparmiato per potermi pagare il funerale. In questo memento non ho piu’ nulla, neanche il denaro per acquistare il mangiare, ho scritto all’avvocato che mi causato questo problema, della mia situazione, anche fisica, chiedendo, che se mi dovessere succudere qualcosa, in questi giorni, quel denaro venga utilizzato per il mio funerale. Sono due giorni che non mangio, e, tre notti che non dormo, capisco molto bene la disperazione, della lettera della signora, che ha avuto il marito morto di infarto. Grazie, per il suo coraggio, forse, mi dà una speranza, nel aver letto il suo scritto. grazie ancorfa stefano strazzari monterenzio bologna