Va annullato l’accertamento fiscale illegittimo anche se non è stato impugnato nei termini
Se l’accertamento fiscale è illegittimo va sempre annullato, anche se scaduto e non più contestabile. L’importante decisione è stata assunta dalla Commissione Tributaria Regionale di Palermo che con una recente sentenza ha accolto le doglianze di un contribuente, nonostante l’accertamento fiscale, palesemente infondato, non fosse più impugnabile e quindi i termini per opporsi fossero inevitabilmente trascorsi.
In particolare, i giudici siciliani sanciscono che se la pretesa dell’Agenzia delle Entrate è illegittima, essa va sempre annullata.
Nella sentenza (n.3177/17/2015, depositata in segreteria il 15/07/2015, presidente Salvatore Torchia), i giudici sottolineano come nessun impedimento può essere determinato dal fatto che l’atto non sia stato impugnato dal contribuente nei termini di legge, perché il Fisco non può trincerarsi solo dietro al fatto che lo stesso sia scaduto per l’impugnazione. Pertanto, in caso di mero rifiuto allo sgravio delle pretese da parte del Fisco, il contribuente può impugnare tale diniego.
Nel caso in questione una serie di contribuenti, tutti coobbligati tra di loro al pagamento della medesima imposta, erano riusciti a far annullare le pretese dell’Amministrazione Finanziaria, tranne uno, che non era riuscito a impugnare per tempo l’accertamento. La successiva domanda di poter ottenere il medesimo trattamento degli altri in autotutela veniva respinta.
Tale comportamento, secondo i giudici tributari di Palermo, risulta palesemente illegittimo perché le Entrate, come tutta la Pubblica Amministrazione, «devono conformarsi alle regole di imparzialità, correttezza e buona amministrazione», come stabilito anche dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 6283 del 2/04/2012, oltre che soprattutto dai principi costituzionali del nostro ordinamento.
«Si tratta di un provvedimento esemplare e normale che fa onore alla giustizia contro quelle “odiose Ragion di stato” che spesso hanno distrutto il rapporto tra cittadini ed istituzioni – commenta l’avvocato Angelo Pisani – e da tempo richiesto dalla nostra difesa anche per il caso di Diego Armando Maradona».
«Benché infatti il campione abbia già visto riconosciute le proprie ragioni anche in sede penale, oltre ad aver dimostrato nel merito le sue ragioni, tanto che le azioni esecutive ai suoi danni erano state sospese per ordine della magistratura tributaria che ha iniziato a fare chiarezza sull’annosa vicenda – aggiunge Pisani – oggi la sentenza di Palermo pone la pietra tombale su qualsiasi ulteriore ed infondata pretesa del fisco italiano anche nei confronti di Maradona, che era accusato di non aver contestato nei termini un accertamento fiscale risultato illegittimo perché relativo ad una presunta violazione risultata inesistente per il coobbligato e per di più in virtù di condono per tasse già ampiamente pagate nelle more dei processi risultati favorevoli ai contribuenti».