Va licenziato l’impiegato comunale che commette falso ideologico nell’esercizio delle sue funzioni
Anche se il contratto collettivo prevede il licenziamento nel caso di condanna penale del lavoratore per un fatto commesso in servizio, la sanzione non è mai conseguenza automatica del verdetto di condanna ma sempre espressione di un giudizio di proporzionalità rispetto al fatto contestato, anche se punito in sede penale.
È quanto emerge dalla sentenza 22116/09 con cui la Cassazione ha confermato la legittimità del licenziamento intimato ad un impiegato comunale condannato ad un anno di reclusione per il delitto di falso ideologico commesso nell’esercizio delle sue funzioni di tecnico del Comune. Senza successo, infatti, il lavoratore ha cercato di sostenere davanti ai giudici di piazza Cavour l’applicabilità della destituzione e non del licenziamento perché, quest’ultimo, era conseguente automaticamente al verdetto penale di condanna con relativa diminuzione delle garanzie difensive dell’incolpato. Nel respingere il ricorso, la sezione lavoro della Suprema corte ha ricordato che la sanzione espulsiva, prevista nel contratto per il caso di condanna penale, non è automatica ma deve essere preceduta da un giudizio disciplinare nel quale «il giudice deve attenersi ai suddetti criteri di gradualità, proporzionalità e adeguatezza, secondo una valutazione autonoma rispetto a quella del giudice penale».