Va riconosciuto asilo politico a chi è figlio di un esponente del partito d’opposizione
In tema di riconoscimento dello “status” di rifugiato (d.lgs. 416/89, art.1), con la sentenza n. 20912, depositata l’11 ottobre 2011, la Corte di Cassazione ha stabilito che l’autorità amministrativa e il giudice, nel valutare la domanda di asilo politico, ex art. 10 Cost, devono acquisire tutte le informazioni e la documentazione necessaria per valutare la domanda dello straniero. In primo grado veniva riconosciuto all’opponente, figlio di un noto esponente del partito di opposizione del suo stato d’origine, il diritto di asilo ex art. 10 della Costituzione. Avverso della decisione, proponeva appello il Ministero dell’Interno. La Corte di Appello, respingendo quello incidentale del cittadino del Togo, accoglieva il ricorso del Ministero dell’Interno. La Cassazione, investitta della questione su ricorso dello straniero, accogliendo alcuni dei motivi proposti del richiedente asilo per la cassazione della sentenza, dopo aver evidenziato che erroneamente la Corte di merito non ha attribuito rilevanza all’appartenza del padre del richiedente al partito di opposizione e il fatto che per tale motivo aveva subito violenze nel suo paese. Inoltre, la Corte ha avuto modo di dichiarare che i principi che regolano l’onere della prova, incombente sul richiedente, devono essere interpretati secondo le norme di diritto comunitario, nonostante l’inapplicabilità diretta “ratione temporis” delle disposizioni comunitarie, in quanto non ancora scaduto il termine di recepimento al momento della pronuncia della sentenza di secondo grado. Secondo il legislatore comunitario, l’autorità amministrativa esaminante e il giudice devono svolgere un ruolo attivo nell’istruzione della domanda, disancorato dal principio dispositivo proprio del giudizio civile ordinario e libero da preclusioni o impedimenti processuali, oltre che fondato sulla possibilità di assumere informazioni e acquisire tutta la documentazione necessaria.