Va sospeso avvocato indagato per il reato di falso
Con sentenza n. 24216, depositata il 18 novembre 2011, la Corte di Cassazione ha stabilito che può essere sospeso dal Consiglio dell’Ordine l’avvocato indagato e in attesa di giudizio per reato di falso. Secondo la ricostruzione della vicenda il Consiglio Nazionale forense, aveva rigettato il ricorso proposto dall’avvocato avverso il provvedimento del Coa di Vibo Valentia, che aveva disposto in via cautelare la sua sospensione dell’esercizio della professione forense. Il provvedimento impugnato era stato adottato a seguito dell’ordine di sequestro di fascicoli esistenti presso gli studi dell’avvocato relativi a cause seriali contro alcune società nell’ambito di un procedimento penale del reato di falso. Del sequestro veniva data notizia ed il Coa con delibera, apriva un procedimento disciplinare sospendendolo immediatamente, in attesa dell’esito del giudizio penale. Contestualmente apriva poi procedimento incidentale finalizzato all’adozione della misura della sospensione cautelare dall’esercizio della professione dell’avvocato inquisito. In seguito al rigetto dell’impugnazione da parte del Consiglio Nazionale Forense, l’avvocato proponeva ricorso per cassazione. Rigettando il ricorso dell’avvocato, la Corte, in riferimento al motivo di impugnazione con cui l’avvocato aveva dedotto la violazione di legge in quanto l’adozione del provvedimento di sospensione dall’esercizio della professione richiederebbe la constatazione del raggiungimento di una “soglia minima” che non sarebbe viceversa riscontrabile quando l’incolpato sia soltanto indagato in un procedimento penale, e l’accertamento dell’esistenza di uno “strepitus fori”, ha confermato quanto deciso dal CNF e cioè che “la sospensione cautelare, quindi, è stata disposta dopo una ponderata e motivata decisione discrezionale del Consiglio territoriale che, prescindendo dalla fondatezza o meno delle imputazioni mosse al professionista, ha tenuto conto della gravità delle stesse…”. Per quanto concerne il secondo punto (la rilevata gravità dell’imputazione ed alla constatata esistenza dello “strepitus fori”), la Corte ha infine precisato che “si tratta di non condivisa valutazione di merito del Consiglio Nazionale Forense, rispetto alla quale non sono state denunciate violazioni di sorta nella formulazione e nella rappresentazione del giudizio, e che non risulta pertanto sindacabile in questa sede di legittimità”.