Vendita: chi lamenta il mancato accordo sul prezzo non rinuncia all’accertamento dell’effettivo valore della merce
Il prezzo della fornitura si rivela astronomico
rispetto alle attese. E l’acquirente corre in Tribunale, lamentando che
il venditore abbia consegnato l’opera senza che sia stato raggiunto un
accordo tra le parti sull’importo della transazione. Ma se vengono
denunciati vizi della cosa venduta, sbaglia il giudice a non disporre
una perizia per accertare il prezzo di mercato dei prodotti
“incriminati”. È quanto emerge dalla sentenza 648/10 della Cassazione.
Il caso
E’ stato accolto il ricorso di
un’azienda. L’accordo di massima con il vivaista prevede la mera
sistemazione delle aiuole prospicienti la sede della società. Ma la
fattura, fra piante e oggetti ornamentali, arriva a 63 milioni di lire
di quasi vent’anni fa. Così scoppia la lite. Sulla validità del
contratto sbaglia l’impresa che ha commissionato il servizio: il fatto
che il prezzo non fosse stato determinato prima della fornitura non fa
scattare di per sé la nullità; la merce oggetto dell’accordo, infatti,
rientra nella categoria a largo consumo e a molteplicità di
contrattazioni, per cui si fa riferimento al prezzo normalmente
praticato dal venditore. Il committente, poi, eccepisce troppo tardi la
configurabilità di una vendita con riserva di gradimento senza riuscire
a provarla: anzi, emerge che il manager visitò più volte il vivaio per
scegliere le piante. La carta vincente, per ora, è la censura sul
cattivo stato della fornitura: «Le foglie sono ingiallite subito»,
accusa l’azienda. E la denuncia sulla qualità della merce imponeva
l’esame nel merito del corrispettivo richiesto dal fornitore:
sull’ammontare del prezzo di mercato così come sui vizi denunciati
sarebbe stata necessaria una consulenza. La parola va al giudice del
rinvio.