Vendita con patto di riscatto nulla se stipulata per una causa di garanzia
“Il divieto del patto commissorio, sancito dall’art. 2744 c.c., si estende a qualsiasi negozio, ancorchè di per se astrattamente lecito, che venga impiegato per conseguire il concreto risultato, vietato dall’ordinamento, di assoggettare il debitore all’illecita coercizione da parte del creditore, sottostando alla volontà del medesimo di conseguire il trasferimento della proprietà di un suo bene, quale conseguenza della mancata estinzione di un debito”.
La sezione VI della Suprema Corte con l’ordinanza 12 ottobre 2011, n. 20965 dunque, riconferma l’ormai consolidato orientamento giurisprudenziale in materia, accogliendo le conclusioni a cui è pervenuta la Corte territoriale investita del gravame, chiamata, quest’ultima, ad accertare la nullità di un contratto di compravendita, avente ad oggetto un immobile, stipulato tra due soggetti e dichiarato valido in primo grado.
Nel caso di specie, la Corte d’Appello ha accertato, sulla base degli elementi acquisiti nel corso del procedimento, la nullità del contratto di compravendita dell’immobile oggetto di causa, in quanto il medesimo contratto era stato stipulato unicamente a scopo di garanzia, vale e dire con il fine specifico di attribuire la proprietà dell’immobile al creditore-acquirente, il cui versamento di denaro non aveva costituito il pagamento del prezzo bensì l’adempimento di un mutuo, nell’ipotesi in cui il debitore-venditore non gli avesse restituito la somma prestatagli.
A sostegno di tale convincimento il giudice di II grado ha addotto, ad avviso della Suprema Corte, una adeguata motivazione, ponendo in evidenza una serie di indizi, quali ad es. la mancata prova del versamento del prezzo da parte dell’acquirente, sintomatici della esclusiva finalità di garanzia del negozio concluso tra le parti in causa, e pertanto ha correttamente dichiarato la nullità del contratto in questione, in quanto posto in essere in violazione del patto commissorio di cui all’art. 2744 c.c. e, conseguentemente, affetto da causa illecita.
Seguendo la scia, la Corte di Cassazione puntualizza nella ordinanza in commento che è nulla la vendita con patto di riscatto (artt. 1500 ss. c.c.), benchè sia previsto il trasferimento del bene, se la sua causa è garantire un credito (e non il semplice scambio), nell’ambito della quale il versamento del danaro, da parte del compratore, non costituisca pagamento del prezzo ma esecuzione di un mutuo, ed il trasferimento del bene costituisca una provvisoria posizione di garanzia capace di evolversi a seconda dell’adempimento o meno dell’obbligazione di restituire la somma ricevuta da parte del debitore. La predetta vendita, insiste la Corte, “in quanto caratterizzata dalla causa di garanzia propria del mutuo con patto commissorio, pur non integrando direttamente un patto commissorio vietato dall’art. 2744 c.c., costituisce un mezzo per eludere tale norma imperativa ed esprime, perciò, una causa illecita che rende applicabile, all’intero contratto, la sanzione di cui all’art. 1344 c.c”.
Sulla base di tali argomentazioni di stretto diritto, la Corte Suprema giudica carenti le deduzioni svolte dal ricorrente nonché inammissibile il ricorso, che deve pertanto essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente alle spese di lite.