Vicenza, bambini a pane e acqua. COMITATO SALVA REFEZIONE: denuncia il tuo scandalo! Pisani per la Regione “Fondi per la refezione, MAI far pagare al bambino le colpe del genitore che purtroppo non può più pagare la mensa scolastica”
Pane e acqua per bambini delle elementari le cui famiglie non hanno pagato la retta per la refezione scolastica. Accade a Vicenza in una scuola elementare. A 9 bambini sono stati offerti pane e acqua mentre ai loro compagni, le cui famiglie avevano regolarmente pagato la retta per la mensa scolastica, è stato offerto un pranzo completo composto di pasta e zucca, hamburger, frutta… Insomma, come possono sentirsi i bambini coinvolti in questa situazione, i quali non hanno nessuna colpa? Ma non succede solo a Vicenza. Qualche tempo fa avevamo segnalato due casi a Napoli, dove addirittura alcuni bambini, per lo stesso motivo, erano stati lasciati a digiuno!
“E’ quello che accade in alcune scuole quando i
genitori, vuoi per distrazione, vuoi per problemi economici e
quant’altro, non riescono a pagare in tempo la retta per la mensa dei
propri figli. Intanto per i ritardi dei pagamenti, a
rimetterci sono i bambini, che non ricevono più il pranzo a scuola.”
È quanto dichiarato dall’avvocato Angelo Pisani,
Presidente Nazionale dell’associazione Noi Consumatori.it e candidato alla
Regione con la lista della società civile Alleanza di Centro.
“Il problema – aggiunge Pisani –
riguarda soprattutto i genitori dei bambini, i quali messi alle strette
dalla crisi economica che il Paese sta attraversando sono costretti a
lavorare in due e per tutto il giorno, affidando i loro figli ad una
scuola che ‘dovrebbe’ funzionare o quanto meno dovrebbe garantire il
diritto alla refezione e allo studio. Cosa che non avviene, appunto, in alcune
scuole”.
«Siamo pronti ad attivarci come Associazione – dichiara l’avvocato Angelo Pisani, Presidente Nazionale dell’associazione Noi Consumatori.it -,
ma
soprattutto come membri della collettività, affinché sia ristabilito
il diritto alla refezione. Il problema della mensa scolastica –
continua l’avvocato
Angelo Pisani – non deve assolutamente essere sottovalutato, né
tantomeno bisogna cercare soluzioni assurde quali la mensa interrotta,
cioè il blocco della refezione col recupero delle ore nel sabato
scolastico oppure il rientro, cioè l’interruzione delle ore scolastica,
per breve pausa-pranzo a casa e poi ritorno a scuola. A mio avviso –
commenta Pisani -, ciò non solo è assurdo, ma provocherebbe uno stress
psico-fisico nel bambino che solo a pensarci sa di vera e propria
violenza! Una via d’uscita per la risoluzione del problema è la
tutela del diritto alla refezione e allo studio attraverso sicuramente
la buona volontà e la puntualità nei pagamenti da parte dei genitori,
ma è necessario anche l’impegno del Governo, poiché trattandosi di
scuole statali, esso deve intervenire qualora ci siano problemi
economici da parte dei genitori dei bambini a cui è rivolto il
servizio. Ad ogni modo i bambini non devono MAI essere lasciati
digiuni o con un pezzo di pane e un po’ d’acqua, nemmeno fossero nelle peggiori prigioni!
È una malvagità!».
«Noi come Associazione a tutela delle famiglie e dei contribuenti – conclude il Presidente Nazionale dell’associazione Noi Consumatori.it
– invitiamo tutte le
famiglie degli alunni in questione a segnalarci gli scandali che ancora
una volta siamo costretti a subire, a segnalarci le indecenze che
adesso stanno toccando anche ai nostri figli. Diciamo BASTA e ci
ribelleremo, perché giocare così con il diritto dei più piccoli è come
sparare sulla croce rossa: prendersela con le persone più buone e
indifese di questo mondo è a dir poco una vergogna!» ha commentato
infine il Presidente di Noi Consumatori.it.
Denuncia il tuo scandalo:
Segreteria nazionale Noi Consumatori
indirizzo: 80129 NAPOLI – Piazza Vanvitelli, 15
sito: www.noiconsumatori.it
mail: [email protected]
recapito telefonico: 081 556 77 77
sms: 333 71 76 353
NOVE PANINI E NOVE BICCHIERI D’ACQUA CON UNA LEZIONE DI AUTENTICA SOLIDARIETÀ In una scuola di Montecchio Maggiore, nel Vicentino, nove bambini (sette stranieri e due italiani della scuola materna ed elementare) “inadempienti” per l’amministrazione comunale, perché i genitori non erano in regola con la retta dei pasti, ricevono nel loro piatto, non la pastasciutta e l’hamburger previsto dal menù per gli altri piccoli commensali, ma solamente una pagnotta e un bicchiere di acqua. Questa, in sintesi, la notizia riportata dai mass-media “farcita” con le inevitabili polemiche, le prese di posizioni dei politici di turno, gli interventi degli esperti che hanno parlato del disagio dei nove, il disappunto e l’amarezza del personale della scuola interessata, le “difese” dell’Amministrazione. Personalmente m’interessano poco le polemiche seguite, le strumentalizzazioni politiche accentuate in vista delle elezioni, le argute osservazioni degli esperti, le “difese” dell’’Amministrazione, né mi stupisce lo stupore del dirigente scolastico e degli operatori di quella scuola, che reputo legittimo e scontato. A mio parere, sarebbe stato più interessante sul piano “educativo”, se tutti i mass-media avessero evidenziato l’autentica lezione di umanità e di solidarietà impartita dagli altri piccoli commensali che, anche se spinti dai docenti, non hanno atteso un solo minuto per dividere, con i nove, il cibo a loro servito e riportare, così, il sorriso restituendo, a quella sala mensa, il quotidiano e lieto tintinnio di posate e di sedie. Un gesto, quello dei piccoli, quasi istintivo e fatto con tanta semplicità e senza chiedere, in cambio, alcuna ricompensa e che, una volta tanto, pur non dimenticando i tanti atti di bullismo che riempiono le cronache nere dei nostri giornali, ci ricorda che, i nostri alunni, sono capaci di impartire lezioni di alto valore umano. Convinto, però, che la lezione dei piccoli non deve costituire un semplice momento “emotivo” e/o un alibi per quanti sono tenuti, per legge, a rispondere ai bisogni di tutti i cittadini, apprendo con piacere, che la Caritas di Vicenza ha dato la propria disponibilità a coprire le spese dei nove alunni sospesi dal servizio mensa perché “nessun bimbo deve essere umiliato nella sua dignità, a causa della precarietà economica della famiglia”. Mi piace, ancor di più, leggere quanto auspicato dalla stessa Caritas che “non solo a Montecchio Maggiore, ma in ogni parte d’Italia, la comunità ecclesiale, la società civile e i pubblici amministratori si mobilitino affinché nessun bimbo debba essere umiliato nella sua dignità, ancor prima che nei suoi bisogni primari, a causa della precarietà economica della famiglia”. In una società civile e globalizzata è bene, però, precisare che, rispondere, qui e ora, con un atto di carità ad un bisogno reale e impellente del prossimo, è un gesto certamente apprezzabile ma che non debba sostituire un impegno quotidiano e finalizzato ad organizzare e strutturare la società in modo che il prossimo non abbia a trovarsi nell’indigenza specialmente oggi che la miseria assume le proporzioni di una vera e propria questione sociale mondiale. Accanto ad una forma di solidarietà personale, vista come atteggiamento di comprensione e benevolenza, ma soprattutto nell’ammirare lo sforzo gratuito e attivo finalizzato ad assistere i disagi e le esigenze di chi ha bisogno d’aiuto, occorre auspicare e creare una solidarietà sociale che coinvolga le istituzioni, gli Enti ed organismi al fine di sollevare ed anche emancipare persone o categorie sociali, comunque in difficoltà. Tutti conosciamo il saggio proverbio cinese che suggerisce in modo semplice e chiaro di superare la logica assistenziale in favore di una logica di promozione dell’autonomia: “Se dai un pesce a chi ha fame lo sfami per un giorno, se gli insegni a pescare, lo sfami per tutta la vita.” Questo, però, deve essere il primo passo verso la cooperazione allo sviluppo, ma non l’unico perché, se così fosse, ritorneremmo ai sistemi dei colonizzatori. La solidarietà sociale deve portare subito a “difendere il fiume”, cioè l’ambiente, a “difendere il pesce pescato”, cioè i diritti conquistati, e a “difendere la canna da pesca”, cioè i mezzi di produzione. Sono questi gli elementi che consentiranno una vera autonomia, non solo produttiva, ma anche decisionale alle popolazioni coinvolte. È possibile percorre questa strada da parte delle scuole? Non è certo facile perché non si può sottovalutare l’influenza negativa che ricade sui nostri alunni bombardati e intossicati continuamente dai falsi dogmi e miti offerti dal pullulare di reality e fiction che sembrano porre il denaro, il successo, la merce, l’insulto “gridato”, la parolaccia, l’esteriore bellezza ad ogni costo, come principali forme per le relazioni umane. Oggi sembra che il narcisismo, da semplice corrente di pensiero, sia diventato modalità di comportamento. Ci si accontenta di contemplarsi, di piacersi, di soddisfarsi. Ciascuno si gestisce come gli pare e gli piace nella convinzione che la “morale” sia un optional o una semplice opinione personale adattabile ad ogni nostro comportamento. Questo narcisismo impedisce la crescita non solo dei soggetti sociali quali la famiglia e la società, ma impedisce la crescita della persona stessa che non riesce più a costruirsi nel confronto, nel dialogo, nel dono all’altro. La persona umana ha bisogno del noi, dell’alterità, della solidarietà. Ma, per fortuna, è proprio per questo scenario complesso e deviante che, spesso, la famiglia e i tanti ragazzi “sani”, continuano a volgere un’attenzione particolare verso la scuola alla quale chiedono di prestare molta attenzione alle finalità istituzionali e interagenti di istruzione,educazione e formazione. L’urgenza di educare gli alunni alla percezione/stima dell’Altro nell’accezione più ampia possibile del termine, (altro è anche chi non si conosce, chi è lontano, chi soffre, chi è diverso…) credo sia il primo passo che la scuola dovrà fare, per la costruzione della solidarietà sociale. Educare alla solidarietà, significa far percepire l’opportunità e il significato della relazione e del confronto con l’altro e con il diverso, non con tolleranza, ma con certezza che la relazione avviene sempre tra pari. In questa logica, riconoscere le diversità, non significa solamente combattere contro i pregiudizi e gli stereotipi, ma essere disponibili a imparare quotidianamente dagli altri, senza guardarli come un pericolo anzi vedendo la diversità come un valore indispensabile perché ciascuno possa scoprire ed esprimere se stesso. Giuseppe Luca, [email protected], 3334358311 Direttore Responsabile della “Letterina”