Vittime della mafia, aiuti economici, controversie, giurisdizione del G.O.
La giurisdizione sulle controversie relative agli aiuti economici
dello Stato alle vittime di mafia e terrorismo spetta al giudice
ordinario.
Ciò in quanto i danneggiati e i familiari dei caduti
sono titolari di un diritto soggettivo alla concessione della speciale
elargizione prevista dalla legge 302 del 1990. (1)
(*) Riferimenti normativi: Legge n. 302/1990.
(1) In senso conforme, Cassazione civile, SS.UU., sentenza 18.12.2007 n° 26627.Consiglio di Stato
Sezione VI
Decisione 7 luglio – 18 settembre 2009, n. 5618
(Presidente Ruoppolo – Relatore Taormina)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
DECISIONE
Sul ricorso numero di registro generale 11225 del 2004, proposto da:
C.
G., rappresentato e difeso dall’avv. Rosario Infantino, con domicilio
eletto presso Antonietta Scopelliti in Roma, via di Trasone, 22;contro
Ministero
dell’Interno, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello
Stato, ed ivi domiciliato per legge in Roma, via dei Portoghesi 12;per la riforma o l’annullamento
della
sentenza del Tar Calabria – Sede di Reggio Calabria – n. 00557/2004,
resa tra le parti, concernente CORRESPONSIONE BENEFICI VITTIME DEL
TERRORISMO E DELLA CRIMINALITA’ ORGANIZZATA.Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore
nell’udienza pubblica del giorno 7 luglio 2009 il Consigliere Fabio
Taormina e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
Fatto
Con
il ricorso di primo grado era stato chiesto dall’odierna appellante
l’annullamento del decreto del Ministero dell’Interno dell’8/3/2001 di
rigetto dell’istanza per i benefici previsti dalla legge n. 302/1990
per le vittime del terrorismo e della criminalità organizzata e del
parere contrario espresso dalla Commissione Consultiva il 30/3/2000.Erano state prospettate le doglianze di violazione di legge ed eccesso di potere.
L’appellante
in punto di fatto aveva rappresentato di essere moglie e madre dei
defunti B. G. e A., uccisi a seguito di un evento criminoso occorso in
****, e di aver presentato in data **** istanza per la concessione dei
benefici previsti dalla legge n. 302/1990 per le vittime del terrorismo
e della criminalità organizzata.Detta richiesta, in passato,
era stata rigettata con provvedimento del 9/1/1996 in quanto la legge
si sarebbe applicata soltanto ad eventi di matrice terroristica e non
alle ipotesi delittuose di altro genere. Detto provvedimento era stato
annullato con sentenza del Tar della Calabria n. 1111 del 1998 che
aveva affermato che l’azione terroristica è anche quella posta in
essere dalle associazioni di tipo mafioso.In sede di esecuzione
della citata sentenza, con gli impugnati provvedimenti la istanza era
stata rigettata sul presupposto del mancato raggiungimento della prova
obiettiva della completa estraneità della vittima ad ambienti e
rapporti delinquenziali di cui all’art. 1, comma 2, lett. b) della
legge n. 302/1990.Con la sentenza in epigrafe i primi Giudici hanno respinto il ricorso, rilevandone la infondatezza.
Secondo
il Tar, infatti, la legge 20 ottobre 1990, n. 302 nel prevedere una
speciale elargizione in favore di chiunque subisca un’invalidità
permanente a causa di ferite o lesioni in conseguenza dello svolgersi
nel territorio dello Stato di atti di terrorismo o di eversione
dell’ordine democratico, ovvero di fatti delittuosi commessi per il
perseguimento delle finalità previste dall’art. 416 bis c.p.,
attribuiva all’Amministrazione un autonomo potere di valutare
l’esistenza nel caso concreto dei presupposti legittimanti l’erogazione
del beneficio, sia in caso di sentenza penale che abbia accertato i
fatti e stabilito le responsabilità, sia nel caso in cui il
procedimento penale non sia sfociato in sentenza, potendosi in questa
ipotesi esaminare le risultanze emerse in corso dell’istruttoriaPur
in presenza di un rapporto del Comando Provinciale dei Carabinieri nel
quale si riferiva che le persone degli uccisi erano incensurate, non
era precluso all’Amministrazione di valutare dal complesso della
documentazione la riconducibilità delle lesioni prodotte alla matrice
mafiosa degli eventi che ne hanno costituito la causa.Il
provvedimento oggetto di impugnazione era immune da vizi, in quanto
correttamente era stato valutato che l’omicidio dei sigg. B. G. e A.
poteva essere inquadrato in un’azione di rappresaglia da parte di
componenti di altra famiglia mafiosa nei confronti del sig. B. G.,
altro figlio della sig.ra C. (quest’ultimo successivamente condannato
alla pena dell’ergastolo per omicidio e associazione per delinquere di
stampo mafioso).Non era stata conseguentemente raggiunta la
prova obiettiva della completa estraneità delle vittime ad ambienti e
rapporti delinquenziali.L’odierna parte appellante ha censurato
la predetta sentenza chiedendone l’annullamento in quanto viziata da
errore ed illegittima ribadendo le prospettazioni contenute nel ricorso
introduttivo del giudizio e riproponendo le censure di violazione di
legge ed eccesso di potere ivi già illustrate.Ha sostenuto che
il primo provvedimento reiettivo annullato aveva escluso la
concedibilità della elargizione unicamente a cagione di una inesatta
interpretazione della legge, successivamente corretta dal Tar: dunque
non si era mai affermato in punto di fatto il difetto dei presupposti
per la concedibilità del beneficio.Era pertanto precluso
all’amministrazione, in sede di ottemperanza al giudicato annullatorio,
escludere la oggettiva spettanza del beneficio a cagione dell’asserita
non provata estraneità a rapporti con organizzazione criminali delle
vittime.In ogni caso, tale motivazione era comunque palesemente
errata. Rispondeva al vero che B. G., altro figlio della sig.ra C. era
stato successivamente condannato alla pena dell’ergastolo per omicidio
e associazione per delinquere di stampo mafioso (e che B. D., altro
figlio dell’appellante, è stato attinto da precedenti penali).Tuttavia,
se il bersaglio dell’agguato era un altro soggetto, seppur malavitoso,
il fatto che questi (il B. G., successivamente condannato alla pena
dell’ergastolo) fosse congiunto delle vittime non escludeva che
costoro, immuni da contatti con ambienti criminali, potessero rivestire
la qualità di vittime della mafia.In via subordinata ha
prospettato l’eccezione di difetto di giurisdizione, sostenendo la tesi
che la controversia perteneva alla cognizione del Giudice Ordinario.L’appellata amministrazione ha depositato una articolata memoria chiedendo il rigetto dell’appello.
Quanto
al profilo relativo alla presunta carenza di giurisdizione in capo al
plesso giurisdizionale amministrativo, ha rilevato che la
qualificazione della posizione attiva vantata quale diritto soggettivo
atteneva ai presupposti generali di concedibilità del beneficio, di cui
all’art. 7 della legge n. 302/990.Il diniego, invece, nel caso
de quo, discendeva dalla previsione di cui all’art. 9 bis del predetto
testo legge; il vaglio in questione concretava l’esercizio di
discrezionalità amministrativa; la posizione era qualificabile quale
interesse legittimo, con conseguente spettanza della giurisdizione al
Giudice amministrativo.Nel merito, ha rilevato che nessuna
manifestazione di contraddittorietà poteva fondatamente rilevarsi con
riguardo all’azione amministrativa spiegata.Ciò perché il primo
diniego si fondò sulla (preliminare e pregiudiziale) constatazione che
non ricorreva un crimine di matrice terroristico-eversiva (il primo
vaglio, quindi, si arrestò alla constatazione dell’assenza del
presupposto di astratta ammissibilità dell’istanza).Il
successivo diniego, invece, conseguì all’esame del merito dell’istanza
(una volta ammessane la concedibilità anche in ipotesi di crimine di
matrice mafiosa): la non dimostrazione dell’assoluta estraneità al
milieu criminale impediva l’accoglimento dell’istanza predetta.Diritto
La
sentenza deve essere annullata senza rinvio in accoglimento del motivo
del ricorso in appello postulante il difetto di giurisdizione del
plesso giurisdizionale amministrativo con riguardo alla odierna
controversia.Sebbene sia stata sollevata soltanto in via
subordinata, invero la prima questione da prendere in esame concerne la
sussistenza della giurisdizione del plesso amministrativo in subiecta
materia.Ciò in adesione al consolidato orientamento secondo il
quale “l’esame dell’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice
adito ha carattere preliminare anche se detta eccezione è stata
proposta, in sede di appello, in via gradata.” (Consiglio di Stato,
sez. IV, 16 novembre 2007, n. 5831).Non osta alla proponibilità
del motivo di impugnazione in questione, peraltro, la circostanza che
la parte che lo ha prospettato abbia rivestito in primo grado la
posizione processuale di ricorrente, dovendosi ribadire (pur in
presenza del recente evolutivo orientamento della Corte di Cassazione
in tema di giudicato implicito in tema di giurisdizione) il
tradizionale divisamento secondo cui “il ricorrente in appello, già
attore e soccombente in primo grado, ha interesse a proporre il motivo
di difetto di giurisdizione del giudice adito con il ricorso di primo
grado, in quanto, pur considerando che l’appellante ha rivestito nel
giudizio di primo grado la posizione di ricorrente principale e che, di
conseguenza, dall’accoglimento del motivo dovrebbe discendere
l’inammissibilità del ricorso da lui proposto in primo grado, va
ritenuto ugualmente sussistente l’interesse sostanziale del medesimo
alla proposizione del motivo, interesse da individuarsi nel vantaggio
di sostituire, in caso di accoglimento da parte del giudice d’appello,
una pronuncia di inammissibilità del ricorso di primo grado ad una
pronuncia di infondatezza del ricorso stesso emessa dal giudice di
primo grado.” (Consiglio di Stato, sez. VI, 13 luglio 1979, n. 521).La censura, certamente ammissibile per le anzidette ragioni, è fondata.
Invero,
secondo l’orientamento giurisprudenziale del Consiglio di Stato, i
familiari superstiti delle vittime del terrorismo e della criminalità
organizzata sono titolari, in presenza delle condizioni di legge, di un
vero e proprio diritto soggettivo all’erogazione della speciale
elargizione prevista dalla relativa normativa, essendo la p.a. priva di
ogni potestà discrezionale sia con riguardo all’entità della somma da
erogare, prefissata dalla legge, sia con riguardo ai presupposti
dell’erogabilità, circoscritti alla qualificazione dell’evento
criminoso come riconducibile ad atti di terrorismo o di criminalità
organizzata e dovendo considerarsi, peraltro, che nell’accertamento del
requisito previsto dall’art. 1 punto b) l. n. 302 del 1990,
l’amministrazione si limita ad attuare un accertamento di natura
costitutiva; pertanto, il giudice amministrativo difetta di
giurisdizione sulla relativa controversia. (Consiglio di Stato, sez.
VI, 14 marzo 2006, n. 1338).Più di recente, la Cassazione ha
ribadito tale convincimento, affermando che “le vittime di terrorismo e
della criminalità organizzata sono titolari, in presenza delle
condizioni di legge, di un vero e proprio diritto soggettivo
all’erogazione della speciale elargizione prevista dalla normativa in
materia, essendo la p.a. priva di ogni potestà discrezionale sia con
riguardo all’entità della somma da erogare, prefissata dalla legge, sia
con riguardo ai presupposti della derogabilità, rispetto ai quali
l’Amministrazione svolge un accertamento che, ove dovesse avere
carattere non semplicemente ricognitivo, ma valutativo, è estraneo al
concetto di discrezionalità amministrativa; pertanto nelle controversie
concernenti il contributo previsto dalla l. 20 ottobre 1990 n. 302 va
dichiarata la giurisdizione dell’A.G.O.” (Cassazione civile, sez. un.,
18 dicembre 2007, n. 26627).L’appellata amministrazione
sostiene invece che, fondandosi la decisione appellata sul disposto di
cui all’art. 9 bis della legge n. 302/1990 (le condizioni di estraneità
alla commissione degli atti terroristici o criminali e agli ambienti
delinquenziali, di cui all’articolo 1, commi 1 e 2, sono richieste, per
la concessione dei benefici previsti dalla presente legge, nei
confronti di tutti i soggetti destinatari) ricorrerebbe una fattispecie
differente da quella presa in esame dalla giurisprudenza dianzi
richiamata: la posizione attiva sarebbe qualificabile quale interesse
legittimo, a cagione della sussistenza di un apprezzamento
discrezionale demandato all’amministrazione.Tale tesi non è
persuasiva, sol che si consideri che la invocata disposizione di cui
all’art. 9 bis della legge n. 302/1990 non introduce in alcun modo
ulteriori e/o differenti parametri valutativi rispetto a quelli di cui
agli artt. 1 e 2 della citata legge, limitandosi ad estendere il
richiesto requisito generale di ammissibilità a tutti i possibili
richiedenti.Il parametro valutativo è pertanto identico: e
d’altro canto, sarebbe stato ben singolare, anche sotto il profilo
squisitamente logico, che la posizione attiva vantata subisse una
differenziazione in relazione alla “qualità” del soggetto richiedente,
e che analoga differenza attingesse i parametri valutativi demandati
all’amministrazione in punto di concedibilità del beneficio.In
relazione a tale constatazione appare certamente predicabile al caso di
specie il richiamato orientamento giurisprudenziale che postula in
subiecta materia la spettanza della Giurisdizione al Giudice ordinario.Ne
discende l’accoglimento del ricorso in appello, l’annullamento senza
rinvio dell’appellata decisione ai sensi dell’art. 34 comma I della
legge n. 1034/1971, e la declaratoria della spettanza al Giudice
ordinario della giurisdizione in subiecta materia tenuto conto altresì
del disposto di cui all’art. 59 della legge n. 69/2009.Devono essere compensate le spese processuali sostenute dalle parti in ragione della natura della controversia.
P.Q.M.
Il
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione sesta,
definitivamente pronunciando sul ricorso in appello in epigrafe lo
accoglie nei termini di cui alla motivazione e, per l’effetto, annulla
senza rinvio l’appellata sentenza e dichiara la spettanza della
giurisdizione sulla presente controversia al Giudice ordinario.Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.